La Playmate del mese

 

Gibson Super 400, 1934

Da oltre sessantacinque anni uno strumento regna incontrastato al vertice della linea di archtop della Gibson. Ancora più prestigiosa, e più rara, della L5, la Super 400 ha accompagnato la storia del design chitarristico e della musica americana del Novecento, seguendo e riflettendo nella sua evoluzione le vicende, alterne e gloriose, della Casa di Kalamazoo: presentata nel 1934, rappresentava con i diciotto pollici di larghezza della cassa, i fantastici legni, la ricchezza delle decorazioni in madreperla, l'estrema accuratezza delle rifiniture e il suono straordinariamente potente, una risposta decisa - da k.o.- alle mosse della concorrenza. La Epiphone incalzava sul terreno delle nuove archtop con la sua nuova linea, e la Gibson reagì prontamente, ridisegnando chitarre già affermate come L5, L7, L12, che col nuovo corpo da 17 pollici promettevano maggiore 'cutting power' nell'insieme delle big band che dettavano legge in quegli anni. Ma la Super 400 era qualcosa di diverso: non soltanto era la più potente e prestigiosa chitarra che la Gibson avesse mai prodotto in serie, ma era un inno alla ricchezza, al lusso, alla bellezza, in grado di esorcizzare lo spettro della Depressione che teneva l'America nella sua morsa.

Con i suoi 400 dollari di prezzo al pubblico (la L5 ne costava allora 275) era un simbolo di ottimismo, di fiducia nella ripresa: ed era chiaramente uno strumento 'serio', destinato a chi faceva della musica la propria professione. Al momento della sua introduzioni non aveva rivali, ma la Epiphone non tardò ad adeguarsi con la colossale Emperor; John D'Angelico di lì a poco creò la sua prima NewYorker nel laboratorio di Kenmare Street; Elmer Stromberg realizzò i suoi poderosi mostri da diciannove pollici... Ma con la bellezza del suo disegno e del suo suono, un misto di potenza ed equilibrio, la Gibson Super 400 rimase lo standard col quale doversi misurare.

Già nel '37 vennero apportate le prime modifiche, con l'ampliamento delle convessità superiori e delle 'f', e l'estensione della scala da 24 pollici e 3/4 ai classici 25 e 1/2. Il modello cutaway, denominato Super 400 Premier, fu presentato nel 1939, e lo stesso anno vide l'introduzione della finitura bionda accanto al tradizionale sunburst. La versione elettrica CES, altro grande classico della Gibson, fu infine presentata nel 1951, e da allora è rimasta sempre in catalogo, anche se ormai viene prodotta in quantità assai ridotte.

La lista di famosi musicisti che hanno imbracciato la Super 400 nei momenti più brillanti della propria carriera è interminabile, e quanto mai varia, anche se lo strumento venne inizialmente concepito come chitarra da jazz e dance bands in genere: da Muzzy Marcellino, violinista, chitarrista e cantante, a Les Paul (allora come Rubharb Red), da Harry Volpe a Merle Travis, da Kenny Burrell a Larry Coryell, dal country allo swing, dal cool alla fusion, la Super 400 ha regalato ricchezza e complessità timbrica, precisione e potenza, alla musica che la vedeva protagonista. Ma quanto vale oggi una Super 400 sul mercato del vintage? Beh, è cara, e parecchio. Fanno eccezione le '400 CES' realizzate tra la metà degli anni '70 e '80, strumenti raramente all'alteza della propria fama, con finiture spesso discutibili, legni dalla figurazione assolutamente anonima, spesso nascosta da colori scuri e coprenti... Ma in generale non vi sarà facile trovare una Super 400 acustica full body anni '40 per meno di 7500-8000 dollari, e una cutaway per meno di 10000. Ah, se la trovate, fatemelo sapere!

Il primo esemplare mai realizzato, che portava in raltà l'etichetta 'Deluxe L5' e la scritta 'Super L5' sulla copertura del truss rod, apparteneva a Tony Romano, che lavorò a lungo con Bob Hope; probabilmente la seconda Super 400 fu quella di Muzzy Marcellino, all'epoca cantante nell'orchestra di Ted Fio Rito ("I'll String Along With You").

La Gibson Super 400 che Real Vintage vi presenta ha il numero di serie 92115, ed è uno dei primissimi esemplari mai realizzati nel 1934, primo anno di produzione. Ha quindi la scala 'piccola' di 24 3/4", e le convessità superiori di ridotte dimensioni, Una particolarità interessante è rappresentata dalla tastiera in palissandro anzichè in ebano, e abbiamo notizia di altre '34 con la stessa caratteristica. Il ponticello è anch'esso intarsiato con due piccoli triangoli in madreperla, l'attaccacorde dorato porta inciso il nome del modello, che ritroviamo sul 'tacco' in plastica del manico. Le meccaniche, dorate anch'esse, sono le Grover Sta-Tites, simili a quelle usate dalle L5 anni '30, ma con delle incisioni decorative. Il binding è a cinque strati sul corpo, e a tre su tastiera e 'f'. Il top in abete - con incatenatura ad X - dalla finissima trama è fortemente bombato, così come il fondo in acero dalla splendida e ricca fiammatura. Ugualmente fiammati il manico e le fasce, anch'essi in acero.
La Super 400, per le sue dimensioni notevoli e il peso non indifferente incute inizialmente qualche soggezione, che viene prontamente superata con il fluire delle prime note. Note che ci rivelano uno strumento complesso ma non difficile, capace di sorprendere con il volume e la dolcezza del timbro. Una chitarra nata per far sentire la propria voce tra lo strepito degli ottoni, ma che in contesti più intimi e raccolti riesce ad esprimersi in un linguaggio raffinato fatto di ricchezza cromatica e alta liuteria.