REFLESSOLOGIA ZU
Il Metodo ZU si
diversifica dalle altre interpretazioni della Reflessologia del
Piede per lo studio approfondito e analitico dell’identificazione
dei punti riflessi sul piede, quella che chiameremo I.A.R.S.,
Identificazione Aree Riflesse Sensibili.
Tutti i punti
descritti sono stati localizzati mirando all’epicentro del dolore
di ogni area sensibile e in relazione alle ossa e ai muscoli. Un
piede può essere lungo, largo, corto, grosso, magro, ed entrando
nelle patologie piatto, cavo, equino, varo, valgo, torto. Questo
tipo di lettura oggettivizza i punti riflessi.
All’inizio della
mia ricerca ho reperito quanto di scritto e illustrato concerne la
Reflessologia del Piede a livello mondiale.
Il risultato di tale
lavoro è quanto di più disarmante può apparire a una lettura
critica: ogni mappa, ogni disegno, è rappresentato con assoluta
soggettività dai vari autori, sia nella dislocazione degli organi
riflessi, sia nelle colorazioni utilizzate.
Per esempio, l’area
riflessa del fegato è rappresentata come un ovale, o
grossolanamente quadrangolare, o triangolare, oppure sovrapposta
all’area riflessa dei polmoni o superiormente alle teste dei
metatarsi, o ancora inferiormente alle teste dei metatarsi, dove
centralmente, dove lateralmente. Oltre alla diversità del disegno
dell’area e della sua dislocazione anche le colorazioni cambiano
totalmente di autore in autore.
Se prendiamo un libro
di anatomia occidentale, asiatico, africano, gli organi sono tutti
situati ovviamente nelle medesime aree. Un pigmeo è un brevilineo,
un watusso è un longilineo, ma gli organi sono proporzionalmente
dislocati nei loro corpi alla stessa maniera. Nelle varie razze
cambia il colore della pelle, la forma degli zigomi e degli occhi,
ma anatomicamente le varie parti sono strutturate allo stesso modo:
ecco quindi che evidenziamo un'importante contraddizione nel
confrontare la nostra vasta raccolta di libri e di mappe,
verificando che sono tutte differenti tra loro: questo non dà un
senso di serietà a chi con occhio critico si avvicina alla lettura
e all’interpretazione della Reflessologia del Piede.
A quei tempi lavoravo
in ospedale presso l’Istituto per lo Studio e la Ricerca dei
Tumori di Milano, dopo aver lavorato per qualche anno in un ospedale
in Abruzzo e in Amazzonia. Materiale di verifica delle prime nozioni
acquisite di Reflessologia del Piede non mi mancava: toccavo i piedi
a pazienti, infermieri, medici, amici, parenti, a chiunque mi
capitasse a tiro e fosse disposto a farsi verificare lo stato di
salute attraverso una tecnica così inconsueta. Il mio entusiasmo
era grande.
Giorno dopo giorno
vivevo delle verifiche importanti, constatavo e risolvevo problemi
con sintomatologie acute in brevissimo tempo. Gli effetti
collaterali della chemioterapia venivano notevolmente ridotti.
Un giorno in Abruzzo
ebbi l’occasione di verificare con questa tecnica le condizioni di
una persona che non incontravo da anni. Piacevolmente soddisfatto e
incuriosito da quanto fossi riuscito a dirgli attraverso i piedi, mi
chiese se evidenziavo qualcosa di particolare al suo cuore. Avevo già
toccato il punto riflesso del suo cuore, però non aveva dato nessun
sintomo che potesse indicarmi una qualche sofferenza in relazione ad
esso. Tornai quindi a insistere su quell’area con un’intensità
e un’attenzione superiori a quella standard ma non ebbe nessun
tipo di reazione. Conclusi quindi che da un punto di vista
reflessologico, almeno per quelle che erano allora le mie
conoscenze, il suo cuore non manifestava sintomi patologici. Mi
rispose che negli ultimi due anni aveva subito tre infarti del
miocardio. Anche se non lo disse con un atteggiamento derisorio,
perché erano tanti gli altri sintomi che gli avevo evidenziato, mi
sentii sprofondare: quel giorno quella situazione mi mise in crisi.
Se attraverso il piede non riuscivo a individuare la sofferenza di
un organo così gravemente danneggiato, pensavo, chissà quanti
altri punti riflessi avrebbero potuto reagire allo stesso modo.
In quel periodo avevo
iniziato anche la mia prima scuola di agopuntura e successivamente
mi venne spontaneo associare le varie tecniche, filosofie e
principi, per cui evidenziai che sui piedi giungevano i meridiani zu
(cioè quelli degli arti inferiori): gli zang (pieni) milza, fegato
e rene, e i fu (vuoti) stomaco, vescicola biliare e vescica
urinaria. Il meridiano del cuore non era tra questi e da questa
constatazione presi ad associare, a verificare e a catalogare
un’enorme quantità di dati ottenuti sui pazienti dalle più
disparate patologie.
Una delle conclusioni
alle quali giunsi, e che rappresenta uno dei capisaldi di questa
metodica innovatrice nel campo dello studio della Reflessologia del
Piede a livello internazionale, è che polmoni e colon, cuore e
intestino tenue, organi associati ai meridiani shou (mano), sulla
pianta del piede non danno lo stesso tipo di risposta.
È facile constatare,
per esempio, che una piccola sofferenza della cistifellea, che si
riflette sul piede destro, visione plantare, quarto metatarso,
epifisi distale, sarà molto, ma molto più evidente di una grave e
importante sofferenza del cuore che invece troveremo sull’area
controlaterale del piede sinistro. Importanti che possano essere gli
squilibri dei polmoni, del cuore, dell’intestino tenue e del
colon, non avranno mai dei sintomi proporzionali alla loro gravità
sulle aree riflesse della pianta del piede.
In quel periodo la
mia voglia di ricerca stava vivendo un impulso straordinariamente
importante, quasi maniacale. Mi giungevano da tutte le parti del
mondo mappe, posters, libri, dispense, pubblicazioni attinenti alla
Reflessologia del Piede o ai piedi in generale: l’erotismo dei
piedi cinesi, paradismorfismi del piede, fisiologia osteoarticolare,
trattati di podologia. Il piede per me stava diventando un nuovo
universo da scoprire. Ogni libro, ogni pubblicazione, soprattutto le
più rare e introvabili, come quelle sullo studio delle patologie
delle unghie e altre ancora, mi esaltavano. Lo studio e la ricerca
mi portavano a un importante grado di coinvolgimento. Aspettavo il
postino quotidianamente. Ogni nuovo testo mi apriva nuovi orizzonti,
mi spalancava una nuova finestra.
Quelli che fino ad
allora erano stati solo piedi cominciavano a diventare
"l’universo piedi". Presi a pormi il perché di ogni
minima cosa: a volte le risposte erano immediate, a volte dovevano
essere ricercate, a volte a lungo meditate. Con il passare dei mesi
e degli anni realizzai che erano troppi i testi che non mi davano
ormai più risposte, con le loro asserzioni assiomatiche o
meccanicistiche: dito sovrapposto o sottoposto, dito a uncino o a
martello, unghia onicogrifotica o tendente alla coilonichia, tutte
tematiche affrontate e risolte in poche righe.
Il tarlo del perché
invece lavorava nel mio cervello e non mi dava pace nella mia sete
di sapere, ma non s’accontentava di un sapere assiomatico, bensì
logico, che generasse gratificazione al mio "io"
scientifico e alla mia razionalità.
Senz’altro la
visione cinese del Dao, il mio atteggiamento complementare tra
l’analitico e l’analogico, è stato ed è ancora oggi una delle
molle fondamentali dei miei studi. Perché questo dito è a martello
e non a uncino? Perché il secondo e non il terzo? Perché del piede
sinistro e non del destro? Ecco il movente della mia ricerca:
un’insaziabile sete di conoscenza e di appagamento razionale.
Guardando il notevole
materiale che continuava ad arrivare da tutte le parti del mondo che
si andava accumulando in quantità considerevole, grazie anche al
contributo di amici e parenti che viaggiavano, e incaricavo di
spulciare nelle librerie più vecchie, piccole e sconosciute situate
nei centri cosiddetti alternativi, mi andavo rendendo conto che gran
parte delle cose scritte e pubblicate sulla Reflessologia del Piede
sembravano scritte a tavolino, senza un’autentica forma pur minima
di ricerca sperimentale.
La catalogazione al
computer dei dati mi portò a fare un salto in avanti importante,
determinante per chi voglia oggi accostarsi seriamente alla
Reflessologia del Piede: l’Identificazione dei Punti Riflessi
sulle Ossa, che successivamente chiamai I.A.R.S., acronimo di
Identificazione Aree Riflesse Sensibili.
Ogni mappa in mio
possesso presentava una forma complessiva del piede diversa da tutte
le altre. In quasi tutte veniva disegnato solo il contorno del piede
e piedi lunghi, larghi, tozzi, corti venivano riempiti graficamente
in una maniera che sicuramente rispecchiava la soggettività
dell’autore. I vari organi erano dislocati con approssimazione e
rappresentati graficamente in modo differente gli uni dagli altri, e
anche i colori erano scelti con la più assoluta soggettività e
senza logica se non quella della relativa gradevolezza degli
accostamenti.
Ho una galleria delle
mappe più significative delle varie nazionalità, dei vari autori
che ormai ha superato le duecento unità; l’unica cosa che hanno
in comune è l’evidenza che sono sagome di piedi graficamente
riempiti. Quindi, l’esigenza di oggettività nella determinazione
di una certa quantità di punti riflessi identificati e uguali per
tutti ed evidenziati in relazione alla struttura ossea diveniva
punto fermo della ricerca. Quelle che erano solo ossa cominciarono a
diventare proiezioni di sistemi e di organi. Ogni osso, muscolo,
tendine, legamento diventava la rappresentazione dell’organo
corrispondente. Quelle ventisei ossa del piede cominciavano a
parlare, a raccontare e di giorno in giorno s’arricchivano di
significati.
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