PROVVEDIMENTI PER LA
DIFESA DELLA RAZZA ITALIANA
VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER LA VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE
D'ITALIA IMPERATORE D'ETIOPIA
Ritenuta
la necessità urgente ed assoluta di provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del
potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno,
di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e giustizia, per
le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:
CAPO I
Provvedimenti relativi ai matrimoni
Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona
appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto
con tale divieto è nullo.
Art. 2. Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino
italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo
consenso del Ministero per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto
fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Art. 3. Fermo il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti delle Amministrazioni
civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito Nazionale
Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Province, dei
Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti
collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità
straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni
previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita
dell'impiego e del grado.
Art. 4. Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non
regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di
matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni
delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel
caso previsto dall'art. 1, non procederà né alle pubblicazioni né alla
celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al
disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a
lire cinquemila.
Art. 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto
nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge 27 maggio
1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'art.1. Al ministro
del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato
l'adempimento di quanto disposto dal primo comma dell'art.8 della predetta
legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire
cinquemila.
Art. 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione degli
atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto dell'art. 2
è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.
CAPO II
Degli appartenenti alla razza ebraica
Art. 8. Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica,
anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di
razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica
qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di
nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla
religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica,
ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è
considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana,
di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre 1938-XVI,
apparteneva a religioni diversa da quella ebraica.
Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata
nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti dei
predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti alla
razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione.Uguale
menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della pubblica
autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono puniti
con l'ammenda fino a lire duemila.
Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non
appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate
interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R.
decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura
che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né
assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore
a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un
imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista
l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai
fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare
di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su
proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per
la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno
emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c),
d), e).
Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà
sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora
risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro
principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie
dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I
trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla
razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne
sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle
dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle
Province, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o
dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati,
delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in
genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con
ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui
mantenimento lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli
Enti di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo
prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché
delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo,
con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli
interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni
dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica
e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle
guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano
conseguito almeno la croce al merito di guerra;
mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo
semestre del 1924;
legionari fiumani;
abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell'art.16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti
la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli
interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per
l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro
per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia
in via giurisdizionale.
Art. 15. Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono considerati componenti
della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino al
secondo grado.
Art. 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'art. 14 lett.
b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione
composta del Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice
Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della
Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Art. 17. è vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel Regno, in
Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
CAPO III
Disposizioni transitorie e finali
Art. 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita
l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di
cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona
straniera di razza ariana.
Art. 19. Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti coloro che si trovano
nelle condizioni di cui all'art.8, devono farne denunzia all'ufficio di stato
civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine
prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con l'arresto
fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Art. 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'art.13, che appartengono alla
razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal servizio a
norma dell'art.20, sono ammessi a far valere il diritto al trattamento di
quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle vigenti
disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è
concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni
di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi
dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Art. 22. Le disposizioni di cui all'art.21 sono estese, in quanto applicabili,
agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'art.13. Gli Enti,
nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'art.21,
liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità
previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di
impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà
dei dipendenti.
Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei
stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto
revocate.
Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi l'art.23, i
quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei Possedimenti
dell'Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del
Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo 1939-XVII.
Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto
saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire 5.000
e saranno espulsi a norma dell'art.150 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 25. La disposizione dell'art.24 non si applica agli ebrei di nazionalità
straniera i quali, anteriormente al 1° ottobrel938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.
Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far
pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entra trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto saranno
risolte, caso per caso, dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri
eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata.
Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa,
sia in via giurisdizionale.
Art. 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e
la attività delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo le
modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le
disposizioni del presente decreto.
Art. 28. E’ abrogata ogni disposizione contraria o, comunque, incompatibile con
quella del presente decreto.
Art. 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie per
l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al Parlamento
per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per l'interno, proponente, è
autorizzato a presentare relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII
Firmato
Vittorio Emanuele
Mussolini, Ciano,
Solmi, Di Revel, Lantini