Aggiornatissimo sulle varie tecniche
adottate e sui materiali usati, il volume pone le basi per una trattazione
scientifica del restauro, creando più di una premessa perché questa difficile
professione si avvii sempre di più a quel ruolo di disciplina scientifica che
indubbiamente le compete.
Edizioni
del Bianco
ISBN
88-900564-5-2
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Aggiuunte e Rifacimenti
liberamente tratto
da "Il
Restauro dei dipinti e sculture lignee"
di Giuseppina Perusini
del Bianco Editore
Considerazioni su alcune operazioni fondamentali del
restauro dalla "Teoria" del Brandi ad oggi
Il problema della pulitura è forse uno dei più delicati e
difficili del restauro poiché non esistono delle norme, se non molto
generiche che possano guidare il restauratore alla cui capacità è spesso
affidata in gran parte quest'operazione. Un'errata pulitura infatti può
provocare dei danni irreparabili, mentre una reintegrazione mal fatta
può spesso essere rimossa senza pregiudizio per l'originale.
Da quanto detto risulta evidente che esistono vari
criteri di pulitura legati a diverse impostazioni teoriche.
Il Brandi è forse il primo che ha analizzato il problema
della pulitura partendo da quella che egli giustamente individuò come la
caratteristica fondamentale delle opere d'arte, ovvero la duplice
istanza storica ed estetica che esse presentano.
Rifacimenti ed Aggiunte
Secondo l'istanza storica l'opera d'arte andrebbe considerata
come un qualsiasi prodotto del fare umano e quindi le varie
modificazioni a cui fu soggetta andrebbero conservate, in quanto
documenti del suo passaggio nel tempo. Lo stesso Brandi però,analizzando
ulteriormente queste modificazioni, le distinse in «rifacimenti»
ed «aggiunte», considerando «rifacimenti» quegli interventi volti
a riplasmare l'opera rifondendo il vecchio col nuovo in modo tale da non
distinguerli.
L'implicita o esplicita pretesa del rifacimento è sempre di abolire un
lasso di tempo, sia che l'intervento voglia farsi assimilare al tempo
medesimo in cui l'opera nacque sia che invece voglia completamente
rifondere nell'attualità del rifacimento anche il tempo precedente.
Abbiamo allora per l'istanza storica due casi opposti: infatti mentre il
primo caso (intervento attuale che vuoi essere retrodatato) rappresenta
un falso storico e non è mai ammissibile, il secondo, sebbene non
rientri nel campo del restauro, può essere perfettamente legittimo
perché è sempre una testimonianza autentica del fare umano.
L'«aggiunta» invece tende a svolgere e completare
un'opera,senza ricalcarne l'aspetto iniziale ma innestandosi in essa e
quindi, per l'istanza storica, andrebbe sempre conservata.
Se invece consideriamo il problema dei rifacimenti e delle aggiunte
secondo l'istanza estetica, la rimozione o la conservazione è sempre
legata al giudizio sul loro valore estetico. Un rifacimento (che non
abbia la pretesa di assimilarsi all'originale) andrà pertanto conservato
nel caso abbia raggiunto una nuova unità artistica e anche la rimozione
o la conservazione di un'«aggiunta» dipenderà dal suo valore estetico ed
eventualmente dal disturbo che arreca alla lettura dell'originale.
Anche altri studiosi hanno esaminato il problema della rimozione o
della conservazione dei successivi interventi su un'opera d'arte ed
hanno proposto varie soluzioni, la cui diversità dipende essenzialmente
dal diverso valore conferito all'una o all'altra delle due istanze
(quella estetica e quella storica).
Il Philippot, ad esempio, sostiene che un restauro rigorosamente
rispettoso della storicità è pura utopia dato che «o si lascia l'opera
come si trova e allora si rispetta la storia, o s'interviene e allora
sarà l'estetica a prevalere, ma la ragione d'essere di un'opera d'arte è
l'estetica e non la storicità ed il compito del restauro è proprio
quello di rendere alla struttura estetica la chiarezza perduta. Il
restauro resta dunque sempre un'ipotesi critica».
Il Pane, avvalorando questa tesi, osserva come l'assoluta imparzialità
nei confronti delle varie stratificazioni che possono aver modificato
un'opera nel corso dei secoli, pecca sia contro l'estetica che contro la
storia intesa come interpretazione e giudizio. Si tratta quindi di
decidere se certi interventi abbiano o no il carattere di arte e, se non
fanno altro che mascherare od offendere l'originale, sarà del tutto
legittimo abolirli.
Anche il Baldini sostiene che bisogna dare il giusto valore alla
cosiddetta «storia» dell'opera, scindendo da essa quanto è atto valido
da quanto è arbitraria deturpazione, poiché «la storia non va tradita
portando nel suo alveo atti che non fanno vera e propria storia ma
soltanto mera e disutile cronaca»
Questi studiosi rientrano, seppure con posizioni
differenti, in quella che il Carbonara definisce la corrente del
«restauro critico». A questa si oppone una concezione del restauro
inteso come pura conservazione che privilegia quindi l'istanza storica.
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