la ceramica in Italia 

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Cane di fò, Cina, XVII secolo

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La ceramica Italiana

La tecnica della maiolica fu messa a punto nel vicino Oriente e fu introdotta nel Nord-Africa e, quindi, in Europa dagli Arabi. Malaga e Granada furono tra le prime città a produrre questo nuovo tipo di ceramica, fin dal XIII secolo, mentre nel Cinquecento emersero le produzioni artigianali di Toledo e Siviglia.

Luca della Robbia, Natività, terracotta inventriata, 1450 circa.

La tradizione vuole che le prime maioliche italiane si siano rifatte a modelli provenienti dall'isola di Maiorca (donde il nome), anche se, più recenti studi archeologici, propendono per un autonomo sviluppo di tecniche ceramiche, interno alla tradizione italiana che già nel XI secolo aveva messo a punto decorazioni dipinte su smalti piombiferi e stanniferi. La maiolica di diffuse in Sicilia, in Puglia, in Abruzzo, in Toscana e in Romagna: Orvieto, Faenza, Forlì, Rimini e Ravenna svilupparono produzioni artigianali di grande pregio. 

Porcellana con decorazione policroma, Meissen, 1740-45

La maiolica consiste in un impasto d'argilla finissimo che viene modellato nelle forme desiderate e subisce una prima cottura, per essere, poi, immerso in uno smalto liquido contenente stagno e piombo. Quando lo smalto è assorbito, il pezzo viene decorato con quattro colori "a grande fuoco" costituiti da ossidi metallici: cobalto (blu), manganese (viola), rame (verde) e antimonio (giallo). Terminata la decorazione l'oggetto viene cotto ad alta temperatura (circa 1000° C). 

Da uno stile arcaico, che predilige motivi geometrici, la produzione di maioliche guarda a modelli orientali (palmette persiane) e sviluppa temi e motivi floreali stilizzati dipinti in blu su fondo bianco. Nella seconda metà del Cinquecento compaiono busti maschili e femminili, mentre nei decenni successivi la tecnica pittorica raggiunge altissimi livelli espressivi, con l'elaborazione di temi mitologici, biblici ed epici trattati con grande capacità narrativa, con composizioni nuove ed ardite che spesso non tengono conto della forma del vaso o del piatto, con sfumature di colore ricche e di grande effetto coloristico: Urbino, Pesaro e Venezia furono le città più importanti di questa fase stilistica della maiolica italiana. Per reazione a questa ricchezza pittorica, Faenza svilupperà, nella seconda metà del XVI secolo, una maiolica che affida il suo pregio alla modellazione e che riceve una decorazione semplice e lineare costituita da motivi monocromi filiformi e da piccole figure. 

Scodella, Padova, XVI secolo

Come abbiamo visto, nonostante i vari tentativi di imitazione, la porcellana non fu prodotta, in Europa, se non nella prima metà del Settecento. In verità Francesco I de' Medici, tra il 1575 e il 1587 (anno della sua morte), si avvalse del poliedrico artista-inventore Bernardo Buontalenti, per fabbricare piatti e vasi utilizzando una speciale terra bianca di Vicenza che dava un prodotto simile alla porcellana, di colore giallognolo.

 In realtà si trattava di un materia vetrosa, composta di sabbia, nitro, soda, gres e polvere di alabastro fusa con l'argilla. Questi pezzi vennero decorati con colori al cobalto e al manganese usando sia moduli stilistici di tipo orientale, con motivi vegetali, sia decorazioni a grottesche simili a quelle delle maioliche italiane. Pare siano stati realizzati una quarantina di pezzi, due dei quali sono ancora conservati a Firenze: un ritratto del Granduca Francesco Primo, datato 1586 e un piatto con figura allegorica, mentre altri pezzi sono conservati nei grandi musei europei.

Per secoli gli sforzi degli artigiani furono diretti a carpire i segreti della fabbricazione della porcellana e in generale a migliorare i processi produttivi della ceramica. Perfino i maestri vetrai muranesi sfornarono bottiglie, vasi e piatti in vetro che imitavano la porcellana, denunciando, così, un atteggiamento ossequioso e quasi idolatrico nei confronti di questa materia. 

Frammento di ciotola in ceramica graffita veneta, Padova, XV sec.

Questa ricerca continua per gli usi tecnologici che ancora prevedono l'utilizzo della ceramica, mentre è ormai chiaro che il pregio di un pezzo sta nella sua bellezza, nell'armonia della forme, nell'accostamento dei colori, nella fantasia e nella creatività dell'artista. 
Per questi motivi anche la terracotta, la più umile delle materie, può essere portata a grandi livelli espressivi. La terracotta artistica con la quale si misurano molti ceramisti non ha nulla da invidiare alle più fini porcellane che, nella vorticosa corsa dell'imitazione hanno finito per confondersi in un'omologazione stanca e ripetitiva. 

La ceramica veneta, fra tradizione e innovazione 

I primi esempi di ceramica veneta risalgono al 3500 a.C. circa, di essa abbiamo testimonianze, ancorché scarse, nel bellunese, sui Colli Euganei e Berici, nel veronese e nel Polesine: si tratta di frammenti ceramica vascolare grezza, non sempre facilmente databili ma ascrivibili all'età del bronzo (XVI - IX sec. a.C.). 

Tagliere graffito, Padova, prima metà del XVI sec. Padova, Musei Civici

Tra la tarda età del bronzo e con la successiva età del ferro (I millennio a.C.) abbiamo invece lo sviluppo della cultura paleoveneta ricca di testimonianze fittili: a Este in primo luogo e a Padova, Vicenza, Montebelluna, Altino, Adria, Ariano Polesine e lungo la valle del Piave (Mel, Valle di Cadore e Pieve di Cadore) sono state scoperte numerose necropoli e qualche insediamento abitativo che ha restituito una ricca campionatura di vasellame, utensili di uso comune, urne cinerarie, statuette votive. A Montegrotto Terme, in particolare è stata scoperta una ricchissima stipe votiva legata alle acque termali, costituita in gran parte da oggetti ceramici. 

Ad Adria e nel suo ricco porto, intorno al VI secolo a.C. confluirono e si fusero la cultura paleoveneta, quella greca e quella etrusca: il Museo di Adria può dunque offrire un ricco repertorio di vasellame attico e figure nere e a figure rosse, oltre a materiale paleoveneto e romano. 

Anche la ceramica romana è ben documentata in tutto il Veneto: coppe e bicchieri in ceramica sigillata, mattoni e tegole bollate, antefisse ornamentali, grandi anfore olearie e vinarie sono oggi conservate nei musei di Padova, Venezia, Verona, Treviso, per citare solo i più importanti. 
Se da un lato la ceramica paleoitaliana e quella arcaica (dal VII al XIII sec. d.C.) non è molto rappresentata nel Veneto, grande sviluppo ebbe invece la ceramica ingobbiata e graffita: di derivazione bizantina, questa ceramica trovò un proprio stile grazie all'impiego di ossidi metallici dai colori bruni e verdi: Padova e Venezia furono i centri più attivi. 

Crespina con Mosè e la mannabottega di Domenico da Venezia, 1560 -1570, Padova Musei Civici

Centrotavola con tre figure, Contiero ?, Este, prima metà del XIX secolo.

Anche a Montegrotto fu attiva una fornace perché furono trovati materiali in varie fasi di lavorazione, molti tripunte, resti di un forno e mattoni refrattari. Anche con l'introduzione della maiolica, verso la fine del Quattrocento e nel Cinquecento, Venezia (con il Maestro Jacomo e il Maestro Ludovico) e Padova con le famose "candiane", seppero conferire a questa nuova tecnica grande livello artistico. 

A Bassano e a Nove, poco distante, a partire dalla fine del seicento si sviluppò un'originale e produzione di ceramica: i nomi dei fratelli Manardi, di Giannantonio Caffo (o Caffi), di Gian Battista Antonibon provocano un brivido a che ama la ceramica antica perché i pezzi usciti dalle loro mani sono tra i più celebri e ricercati. 

Pure la città di Este raggiunse un posto di rilievo nella ceramica veneta. Gian Pietro Varion (storpiatura di Varillon), francese di nascita, può considerarsi un grande maestro della ceramica veneta, avendo operato, nella seconda metà del Settecento, prima a Nove con Pasquele Antonibon, poi a Este con i Brunello e con i Franchini. Varion, si specializzò in piccole figure di porcellana raffiguranti pastorelli, putti, e soggetti mitologici. A Este, dalla seconda metà del Settecento, operò - infatti - Giovan Battista Brunello con una florida azienda. Grande impulso alla ceramica estense venne anche dallo scultore ed incisore Girolamo Franchini che in più occasioni collaborò con il Varion. Domenico Contiero, a partire dal 1833, tenne alta, per molti anni, la tradizione ceramica estense rilevando e fondendo le manifatture settecentesche. Verso la metà del Settecento, anche Treviso conosce un periodo di vivacità nel settore della ceramica. Giovanni Maria Moretto, ex socio di Giovan Battista Antonibon, di Bassano, si trasferisce a Treviso ed apre un laboratorio artigiano. Negli anni successivi, Giovan Battista Antonio Rossi apre una manifattura "alla Fiera", un approdo fluviale presso la Fiera. L'azienda fu poi rilavata da Giovanni Maria Ruberti e produsse pezzi ancor oggi molto ricercati. Altra importante manifattura fu quella dei Fontebasso, che hanno operato dalla metà del Settecento alla metà dell'Ottocento, specializzandosi in vasi e in statuine di terraglia, alcune della quali ispirate ai bozzetti di Canova. 

Putto con cornucopia, Bassano, XVII secolo.

La tradizione ceramica trevigiana continuò nel Novecento con Angelo Pagnossin, che contraddistingueva i suoi pezzi con un angioletto recante un corona; ma siamo già nella produzione industriale. 

Le manifatture venete di Este e di Bassano, continuarono, nel corso dell'Ottocento, la produzione di modelli settecenteschi, solo in parte influenzati dal nuovo gusto neoclassico. A Este vennero prodotti molti vasi ornamentali con figure a rilievo, mentre a Bassano, sotto la direzione di Giovan Maria Baccin (1774-1802) e di Giovanni Baroni (1802 -25) si elaborò un particolare stile neoclassico con palmette e roselline al quale si affiancò un filone mitologico, mentre nel secondo quarto del secolo si sviluppò una produzione di ceramica popolare: si tratta dei famosi piatti dipinti con i mesi dell'anno, i profeti, le maschere, i guerrieri, i soldati, gli animali, ecc. 

Terracotta decorata con motivo "marmorizzato", Veneto XVI sec. Abano Terme, Museo Civico

Negli ultimi decenni del XVIII secolo, a Vicenza fiorì la manifattura del Conte Vicentini dal Giglio, mentre nei primi anni del secolo successivo fu Baldassarre Sebellin ad impiantare una floridissima impresa artigiana. 

Fiasca in maiolica con iscrizioni. Antonibon, 1832, Bassano (VI) museo civico

In tempi più recenti, con le grandi produzioni industriali, si profilava il rischio che l'antica e nobile arte della ceramica scomparisse del tutto. Le imprese venete, al contrario, hanno saputo coniugare la tradizione con l'innovazione approfondendo la ricerca sui materiali, studiando il design, rinnovando gli impianti. 
Alcune aziende, come la Dolomite, sembrano aver compito il miracolo, occupando una buona fetta di mercato italiano ed estero nel settore idrosanitario, mentre la maggior parte delle imprese, sebbene di dimensioni minori, hanno conquistato specifiche nicchie soddisfando precise ed esigenti domande di mercato, come produzioni esclusive, arredi per bagni eseguiti su commissione, oggetti da regalo e bomboniere personalizzate. 

 


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Ultimo Aggiornamento: 15/06/06.