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Simone
Beneforti
Storia della Cartapesta
Arte
devozionale
l'Addolorata
Cristo
deposto
Crocefisso di Confortino
Croce
del Tacca
Divino
infante
Antico
arredo sacro
Sculture
policrome
Cristo in
Cartapesta
Link utili
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Il restauro del
crocifisso del Tacca
Restaurato
il Crocefisso in cartapesta di Santa
Maria a Settignano.
Dentro una mano, i frammenti
di un manoscritto. opera di Pietro Tacca.
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I
risultati non erano così scontati. Quando avvicinandosi il Giubileo, il
parroco e la comunità di Santa Maria a Settignano manifestarono il
desiderio di recuperare il Crocifisso in cartapesta che fino a qualche
anno prima era collocato sull'altar maggiore, l'opera era così
malridotta e mortificata dai restauri ottocenteschi, che solo
l'interesse sollevato dalla documentazione riapparsa negli archivi della
Curia e la devozione dei fedeli potevano essere di stimolo per
intraprendere un restauro che si presentava costoso, complesso per la
delicatezza della cartapesta, e infine incerto negli esiti. Ma
dagli archivi si apprendeva che "all'Altar grande" si trovava
"un Crocifisso al naturale di carta pesta sopra una Croce di Abeto
di mano del signor Pietro Tacca" e questa paternità bastò ad
alimentare il sogno di poter riscoprire sotto quelle superfici
dissestate almeno l'aspetto e la cromia che l'opera poteva aver
conservato nell'Ottocento, epoca in cui il Crocifisso fu restaurato e
ridipinto. |
Un
intervento delicato eseguito con passione e competenza da Andrea
Granchi, diretto da Beatrice Paolozzi Strozzi della Soprintendenza ai
Beni Artistici e Storici e promosso dall'infaticabile Francesca Baldry
Becattini, ha trasformato il sogno in realtà e i sorprendenti risultati
sono stati il tema di una recente mostra presso la Cappella della
Misericordia di Settignano.
Sorprendenti
perché fin dai primi saggi è emerso che sotto gli strati di colore aggiuntivo
riappariva la cromia originale, sufficientemente ben conservata e volta a
caratterizzare in senso drammatico la figura del Cristo, con copiosi
sanguinamenti che la ridipintura ottocentesca aveva in parte
"censurato"; anche l'alta croce lignea dal quale il Crocifisso in
leggera cartapesta veniva distaccato in occasione delle processioni, ha mostrato
di essere dipinta imitando le venature del legno, con l'aggiunta di un bordo in
oro zecchino. Una curiosità: all'interno della mano sinistra sono stati
rinvenuti frammenti di un manoscritto, tuttora allo studio, e tra le parole si
riconosce il nome "Duca Cosmo", evidentemente riferito a Cosimo II°
de' Medici, granduca dal 1609 al 1621.
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Quanto
alla datazione dell'opera si pensa agli anni tra il 1615 e il 1627 (data
quest'ultima relativa alla prima menzione negli archivi del Crocifisso). In quel
lasso di tempo Pietro Tacca (1577-1640) realizzò
una serie di Crocifissi in bronzo, stucco o cartapesta, che paiono rifarsi ad
uno stesso modello e su questa traccia continuò pure suo figlio Ferdinando:
nella Cappella della Santa Forma dell'Escorial di Madrid, alla National Gallery
di New York, al Monastero di Santa Maria Maddalena de'Pazzi di Careggi a
Firenze, al Santuario di Monte Senario, nel Duomo di Pietrasanta |
e in quello di
Prato si trovano appunto Crocifissi del Tacca o realizzati sul suo modello dal
figlio, che offrono tali analogie stilistiche che per realizzare una protesi per
le dita una mano mancanti alla scultura di Settignano, si è pensato di
realizzare un calco della mano del Crocifisso di Pietrasanta.
Il
parroco della chiesa di Santa Maria, don Giorgio Tarocchi, ora che è terminato
anche il restauro della croce di sostegno, ha già previsto di ricollocare il
Crocifisso del Tacca sopra l'altar maggiore, per il quale era stato
probabilmente realizzato."Fede e bellezza" scriveva Tommaseo, il cui
monumento troneggia proprio accanto alla chiesa, nella bella piazza di
Settignano Corocifisso in cartapesta attribuito a Pietro Tacca
Breve Biografia
Pietro Tacca (Carrara, 1577
– Firenze, 1640) è stato uno scultore italiano, il maggior
rappresentante in Toscana del gusto barocco.
A soli quindici anni entrò nella bottega del Giambologna (1592), lo
scultore più importante dell'epoca a Firenze, del quale divenne il
primo aiutante dopo la partenza di Pietro Francavilla per Parigi nel
1601. Alla morte del maestro (1608), ebbe in usufrutto lo studio e
l'abitazione in borgo Pinti e solo un anno dopo prese il suo posto
come scultore granducale.
Tra il 1623 e il 1626 eseguì quello che viene considerato il suo
capolavoro, i Quattro mori incatenati alla base del monumento a
Ferdinando I de' Medici nella piazzetta della darsena a Livorno. Le
statue rappresentano i pirati saraceni fatti prigionieri dall'Ordine
di Santo Stefano, creato dal padre di Ferdinando, Cosimo I. Si dice
che lo scultore avesse scelto come modelli alcuni schiavi
prigionieri delle galere che attraccavano nel vicino porto di
Livorno. Le accentuate torsioni (mutuate dallo stile di Giambologna)
e le smorfie di dolore ben rappresentano la condizione di prigionia
dei soggetti, che si sublima in un insieme di grande realismo ed
eleganza.
Sempre per Firenze, copiando un marmo ellenistico oggi conservato
agli Uffizi, realizzò la celebre Fontana del Porcellino (1630) che
andò a decorare la recentemente costruita Loggia del Mercato Nuovo.
La scultura è attualmente sostituita da una copia. Tra il 1626 e il
1642 realizzò le statue dei granduchi Ferdinando I e Cosimo II per i
rispettivi cenotafi nelle Cappelle Medicee.
Ormai famosissimo per le sue opere in bronzo, realizzò numerosi
bronzetti e una serie di Crocifissi per varie chiese, ai quali
collaborò anche il figlio Ferdinando, anch'egli votato alla carriera
di scultore.
La sua ultima e travagliata impresa fu il grandioso monumento
equestre a Filippo IV di Spagna, al quale lavorò dal 1634 fino alla
morte nel 1640. Questo monumento è la prima statua equestre con il
cavallo impennato sulle zampe posteriore: a prescindere dal vivido
modellato e la fiera posizione del sovrano con in mano il bastone
del comando, colpisce l'incredibile risultato statico, che nessuno
scultore aveva mai tentato fino ad allora.
Morì nel 1640, poco dopo che la statua di Filippo IV (dall'Ottocento
in plaza de Oriente) era stata imbarcata per Madrid, e fu sepolto
nella basilica della Santissima Annunziata. |
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