il restauro della Ceramica

| Home Page | Schede Tecniche | Forum | Consulenze | Invia un Commento |


a cura di

ASSOCIAZIONE

QUAE ANTE

Arti e Restauri d’Arte



Il Restauro


E' mia intenzione ringraziare Fabrizio Scottoni per la concessione che ha fatto al sito dando l'autorizzazione alla pubblicazione di questa preziosa dispensa che viene usualmente fornita solo in occasione dei corsi tenuti dall'associazione

Sommario della Sezione:

Principi di Restauro

Il Laboratorio

Schede  tecniche

Ricettario

Glossario

IL RESTAURO DELLA CERAMICA
 
di Fabrizio Scottoni

Indice

    Premessa

1. Introduzione al restauro

2. Cos'è la ceramica

3. Il laboratorio

4. L'attrezzatura

5. La pulitura

6. L'assemblaggio e l'incollaggio

7. La stuccatura e la ricostruzione

8. La decorazione

9. La conservazione e la documentazione

 

3. Il laboratorio

Per restaurare al meglio oggetti ceramici sono richiesti alcuni requisiti minimi.
In questo, come in tutti gli altri settori del restauro, la pura manualità e l'arte di improvvisare soluzioni con fantasia, creatività ed inventiva hanno uno spazio molto rilevante, per risolvere, come si vedrà, problemi particolari.
Il restauro delle C. consiste in una sequenza di operazioni, ognuna delle quali è caratterizzata dall'utilizzo di materiali diversi e dall'applicazione di tecniche appropriate.
Per poter restaurare oggetti ceramici è necessario disporre di strumenti adatti e appropriate condizioni di lavoro.

 

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, il lavoro deve essere svolto innanzitutto in un ambiente idoneo e nelle migliori condizioni possibili. 
Il laboratorio o l'angolo di casa dove il restauratore di C. opera deve essere comodo, ben illuminato e con le attrezzature necessarie a portata di mano.
Per questo l'ordine deve essere curato particolarmente. 
Ogni volta che si finisce di lavorare, bisogna dedicare del tempo alla pulizia del banco di lavoro, degli attrezzi e a sistemare ogni cosa al suo posto. 

Sembrano cose banali, ma è opportuno in apertura del programma, sottolineare l'importanza e l'attenzione da dedicare all'argomento "ordine" prima, durante e dopo il lavoro. Dall'ordine che si ha intorno dipendono spesso i risultati che si devono raggiungere.
In quanto a ordine, pulizia e modo di lavorare, il riferimento "ideale" cui indirizzarsi potrebbe essere lo studio dei "restauratori di denti", i dentisti, anche perché con questa professione esistono sicuramente molti aspetti in comune.
Il tempo dedicato al riordino è dunque da considerare parte integrante delle fasi del restauro.

Molta cura deve essere prestata alla eliminazione ed alla protezione dalla polvere.
A questo proposito va detto che due fasi particolari del restauro, quella della levigatura nella quale si produce polvere, e quella della decorazione o ritocco pittorico, andrebbero svolte in locali distinti. 
Se però si dispone di un solo locale, particolare cura deve essere dedicata per eliminare la polvere via via formatasi.
Per stipare i vari attrezzi, oggetti e materiali sono da preferirsi armadi o contenitori dalla chiusura ermetica a prova di polvere.

Il restauro di C. è un lavoro di assoluta precisione. Per questo va svolto con calma, tranquillità e pazienza.
Se si va di fretta, è preferibile rimandare ad altro momento e non cominciare affatto. 
Il rischio, come si vedrà più avanti, è quello di sprecare tempo ed energie in operazioni non eseguite a regola d'arte. Ciò spesso implica di dover riprendere il lavoro dall'inizio.

L'illuminazione deve essere adeguata. 
La luce migliore in assoluto è quella del sole.
Se questa purtroppo per vari motivi non la si ha o non la si può quasi mai utilizzare per via degli orari a disposizione, si deve ricorrere alla luce artificiale.
La condizione ottimale di illuminazione artificiale è quella di posizionare la lampada (meglio ancora se due) a circa 40 - 50 cm dall'oggetto da restaurare, alle spalle di chi lavora.
Le lampadine da preferirsi sono quelle "a luce solare", di colore azzurro, da 100 watt, perché non alterano i colori reali come invece accade se si utilizza il neon o le normali lampadine bianche o opache a resistenza che tendono ad ingiallire ed alterare i colori.

Vale la pena a questo punto spendere due parole sulla nocività specifica del lavoro del restauratore per richiamare l'attenzione su alcune precauzioni da osservare.
L'attività di restauro è svolta completamente a livello manuale, con scarsissimo utilizzo di utensili elettrici. Il lavoro presenta perciò rischi specifici da non sottovalutare per la tutela della propria salute.
I problemi sono soprattutto per l'apparato respiratorio per via delle polveri che si respirano e dei vapori derivanti dall'uso di sostanze volatili contenute in solventi, diluenti, resine chimiche e sintetiche di cui molto spesso non si conoscono neppure i componenti ed il loro grado di nocività per via del segreto industriale.
E' quindi opportuno sin dall'inizio abituarsi all'uso di maschere protettive.
Queste sono di due tipi: ad azione fisica per quanto riguarda il filtraggio delle polveri (difficilmente si può disporre di un'efficace aspiratore elettrico) e ad azione anche chimica, in grado con gli appositi filtri di neutralizzare le sostanze volatili e i vapori nocivi.
In certi casi poi, quando si manipolano determinati materiali, è importante l'uso di guanti sottili per prevenire forme di dermatite allergica ed eczemi.

Infine, il locale o l'angolo della casa destinato ad ospitare il lavoro di restauro, deve essere dotato di una buona ventilazione con possibilità di veloce ricambio dell'aria; non deve essere umido, né particolarmente freddo per non compromettere incollaggi, impasti, ecc.


4. L'attrezzatura.

Il restauro della C. è svolto - si è detto - in maniera prevalentemente manuale e non necessita di grandi e costosissime attrezzature.
Oltre ad un piano di lavoro ben stabile e piuttosto alto per consentire un'osservazione orizzontale dell'oggetto da restaurare e ad una sedia che deve essere comoda, l'attrezzatura di base, il minimo indispensabile per operare consiste in:

Ogni oggetto da restaurare è diverso dall'altro.
Tenuto conto che ciascun intervento presenta dei problemi particolari da risolvere, molto spesso a questa attrezzatura base è necessario aggiungere altri strumenti (dal trapanino flessibile all'aerografo), che pur non essendo indispensabili sono comunque utili e consentono maggiore precisione e un certo risparmio di tempo. 

Nel lavoro si ha di solito bisogno di molta ferramenteria (pinze, pinzette, viti, spine metalliche, seghetti, tenaglie, ecc) e persino di utensileria casalinga (bacinelle, passini, colini, imbuti, cucchiai, cinghie, elastici, ecc).

Bisogna anche naturalmente disporre di vari materiali da utilizzare (colle, stucchi, resine, solventi, diluenti, smacchiatori, carte abrasive, rotoli di carta adesiva, ecc).
Di questi materiali è comunque inutile farne elencazione a questo punto: saranno descritti momento per momento, fase per fase, secondo le necessità specifiche, che variano molto per il tipo di ceramica su cui si deve operare e per il tipo di intervento che si deve effettuare.

 

5. La pulitura

L' oggetto per il quale si richiede l'intervento del restauratore si può presentare nelle condizioni più diverse: da quello bisognoso solo di piccoli ritocchi pittorici a quello corroso e ridotto completamente in frantumi.
In tutti i casi la prima operazione da compiere è quella della pulizia.
Per pulizia s'intende l'eliminazione della sporcizia e di tutto ciò (depositi, incrostazioni, ecc) che non ha a che fare con le superfici originarie.
La pulizia è di due tipi: ad azione chimica (ad esempio i vari solventi) e meccanica (ad esempio il bisturi).

Una regola generale da tenere sempre presente per la pulizia degli oggetti d'arte è quella secondo la quale si inizierà sempre con il mezzo più dolce, per terminare, se necessario, con il più brutale.
Ci si dichiarerà vinti solo quando l'ultimo metodo finirà per intaccare lo smalto, il decoro e la stessa struttura originale di un pezzo.

I vecchi restauri
Un argomento molto rognoso per tutti i restauratori riguarda la pulizia di oggetti che hanno già subito restauri precedenti.
In questi casi, se gli interventi precedenti non risultano soddisfacenti, è necessario il loro smontaggio e la rimozione totale delle tracce del vecchio restauro.
Si tratta di rimuovere cavicchi, spine e rivette, vecchie colle, riempitivi, stucchi, smalti e vernici.
A questo proposito bisogna dire che l'esperienza dimostra che una ceramica rotta tornerà difficilmente alla sua forma o stato originale se sono state già eseguite operazioni o tentativi di restauro maldestri e con sostanze non idonee.

Le rivette o graffette
Di frequente ci si imbatte in ceramiche nelle quali in epoche passate, per sopperire alla mancanza di colle di forte tenuta, venivano applicati dei fili metallici attraverso dei piccoli fori paralleli alla fessura per tenere assieme le parti rotte o separate.
Questi venivano poi ribattuti o legati assieme; successivamente venivano stuccati i due fori.
L'eliminazione di queste rivette è un'operazione che deve essere eseguita con molta delicatezza. 
In primo luogo si immerge l'oggetto in acqua calda (non bollente). Ciò ammorbidirà il solfato di calcio o lo stucco con il quale sono riempiti i fori e ne permetterà la rimozione con l'aiuto di un bisturi. Successivamente si utilizzeranno delle pinzette per sollevare, "aprire", tagliare e rimuovere il filo metallico.
Qualora questa operazione non fosse possibile sarà necessario tagliare il filo metallico con una seghetta a ferro, badando a non intaccare gli strati superficiali di ceramica.
Si procederà poi alla pulitura ed eliminazione dello stucco che spesso è costituito da solfato di calcio o gesso.
Inoltre in molti casi il filo metallico, ossidando, ha macchiato la ceramica intorno ai piccoli fori.
Per l'eliminazione di tale macchie si veda l'apposito ricettario al successivo cap 5.3.7. 
Una volta eliminate le rivette, lo stucco e le eventuali macchie si detergerà accuratamente il pezzo con acqua tiepida o con un batuffolo di ovatta imbevuto di Acetone puro.

Le vecchie colle.
Per togliere ogni vecchia colla (con l'aiuto del bisturi) è necessario bagnare o effettuare impacchi o spennellare ripetutamente con le seguenti sostanze:

Scollare vecchie incollature.
Non di rado nel restauro della ceramica è necessario dover staccare parti incollate da precedenti restauratori. Queste magari sono ancora robuste, hanno resistito agli urti, ma presentano un allineamento non preciso, con denti e gradini.
In questo caso bisogna procedere alla loro scollatura in quanto la presenza di una parte non perfettamente al suo posto nuoce senz'altro al nostro stesso intervento.
Per la scollatura si possono utilizzare le stesse sostanze di cui al paragrafo precedente. 
Se queste resistono, allora è necessario adoperare la pistola termica (purchè la qualità della ceramica lo consenta). Il grande calore sviluppato sulle fratture da scollare nel 70% dei casi ammorbidisce il vecchio adesivo e consente la scollatura delle parti.

L'intervento successivo consiste nell'eliminazione di ogni traccia di vecchio adesivo. In questo si potrà ricorrere anche all'ausilio meccanico, il bisturi, di cui al successivo paragrafo 5.4.
Effettuata accuratamente la pulizia dei bordi è sempre opportuno risciacquare l'oggetto con acqua leggermente tiepida, oppure con Acetone puro, utilizzando spazzole di nylon più o meno dure e che non graffino.

La sporcizia e le macchie del tempo.
La sporcizia e le macchie possono avere diversissima natura e diversissimo grado di resistenza. Per questo è praticamente impossibile fornire una risposta generale al problema. In questa operazione moltissimo conterà l'esperienza.
E' bene comunque dire che non è possibile rimuovere tutte le macchie e tutti i tipi di sporcizia, incrostazioni etc.: in molti casi, dopo l'intervento del restauratore, lo sporco e le macchie potranno risultare solo attenuate; in molti altri (soprattutto per le ceramiche molto porose) ci si dovrà rassegnare alla loro presenza, dato che sono pur sempre testimonianza del tempo trascorso e di autenticità del pezzo.

I detergenti principali.
I detergenti da preferirsi sono, nell'ordine:

Altri detergenti.

Qualora le macchie persistano e lo sporco resista, si può passare a detergenti più duri e specifici:

Avvertenze  

Quando si adoperano tali sostanze è bene avere sempre a mente due avvertenze: 

Ricettario.
Qualora (ciò accade molto raramente) si conosca la natura delle macchie si tenga presente il seguente ricettario chimico:

Tipo di macchia o incrostazione  Procedimento di pulizia
Acidi  Ammoniaca o Bicarbonato di sodio quindi risciacquare a lungo
Caffè  Soluzione concentrata di Sale da cucina  quindi risciacquare a lungo
Catrame e derivati  Ammorbidire con Olio caldo pulire con Benzolo, Xilolo  quindi lavare con Acqua e Sapone
Depositi calcarei  Ammorbidire con Acido Cloridrico, finchè non cessa il bollimento quindi lavare con Acqua ed Ammoniaca (rapporto 20 a 1)
Erba Alcool intiepidito con fornellino elettrico
Quindi risciacquare
Fuliggine  soluzione al 20% di Acido Tartarico
Impiastro adesivo  Benzina rettificata,Benzolo, Sverniciatore
Inchiostro Glicerina, Acido Acetico o Citrico
Olii  Benzina rettificata o Benzolo
Resine  Alcool a 94 gradi
Ruggine  soluzione di Cloruro di Zinco al 10%
oppure Acido Citrico al 10%
oppure Acido Cloridrico
oppure soluzione al 5% di Acido Ossalico
quindi sciacquare con Acqua
Sangue  ammorbidire con Ammoniaca diluita
poi trattare con soluz.di Ac.Ossalico 2%
quindi sciacquare con Acqua.

 La pulizia meccanica.
Per quanto riguarda la pulizia meccanica (quella che utilizza il bisturi) bisogna dire che in linea generale questa metodologia si integra con quella ad azione chimica.
Molto spesso, è il caso di incrostazioni, vecchie stuccature, vecchie incollature, parti ricostruite malamente, queste dapprima vanno ammorbidite (per esempio con qualche goccia d'Olio Paglierino o di Vasellina nel caso di gesso) con le sostanze descritte precedentemente e poi si rimuovono con molta delicatezza e cautela con il bisturi.

Il bisturi da preferire è quello a lama intercambiabile, di cui esistono le più diverse forme in grado di rimuovere le incrostazioni, le precedenti stuccature e incollature, ecc, nel miglior modo possibile.
Tale strumento va adoperato lentamente, con assoluta precisione (utilizzando se necessario la lente d'ingrandimento) e con cautela per non rovinare la superficie e le decorazioni dell'oggetto da restaurare.
E' soprattutto l'esperienza a determinare l'ottimizzazione e la scioltezza nell'uso del bisturi.

Altri strumenti di pulizia.
Anche se non sono indispensabili, esistono altri strumenti utili per la pulizia. Essi sono:

La pulizia delle fratture
E' la fase della pulizia che precede quella dell'incollaggio. Per questo, se una definitiva e dettagliata pulizia delle superfici esterne può essere rinviata alle successive fasi di lavorazione, non altrettanto si può dire per la pulizia delle fratture.
Questa deve essere particolarmente accurata. 
Come ben presto ogni restauratore verificherà a sue spese, ogni anche piccolissimo frammento di materia, d'incrostazione, di vecchia colla, presente nei lati di frattura da incollare costituisce un grave impedimento alla buona riuscita del lavoro.

Tutto ciò che si è depositato impedisce infatti di ridurre la frattura "alla minima possibile".
Per verificare la qualità di pulizia di una frattura si effettuano delle prove "a secco", di congiungimento dei due o più pezzi fratturati che bisogna assemblare. 
La linea di frattura deve essere la minima possibile e per far questo deve essere eliminato tutto ciò che si è depositato nelle fratture.
Tale deposito può avere le cause più disparate. Dipende dall'epoca in cui si è verificata la frattura dell'oggetto.
In generale si può dire che tanto più le rotture sono di vecchia data, tanto più tempo sarà necessario per rimuovere accuratamente le incrostazioni.

Altrettanto laborioso sarà ripulire completamente rotture malamente incollate da restauratori maldestri o improvvisati. 
Spesso sono le stesse persone colpevoli delle rotture che si cimentano da soli nell'incollaggio dei cocci. 
Costoro generalmente fanno uso di materiali non idonei che hanno acquistato dal ferramenta e solo dopo aver incollato qualche parte si rendono conto della necessità di rivolgersi a persone del mestiere.

Parecchie grane procurerà al restauratore e notevole perdita di tempo può essere necessaria per rimuovere i depositi di sudiciume e di sostanze grasse. Questo accade quando le fessurazioni o incrinature sono state progressive nel tempo ed hanno preceduto la rottura vera e propria della ceramica.


Il materiale archeologico
Per quanto riguarda le delicate ceramiche archeologiche, o per meglio dire quelle di scavo, c'è da dire che il trattamento di pulizia deve essere, valutando il grado di conservazione delle decorazioni, il più dolce possibile.
In linea generale devono perciò essere utilizzate l'Acqua (preferibilmente Demineralizzata) o l'Acetone puro, unitamente all'uso del bisturi, attraverso il quale è possibile rimuovere buona parte delle incrostazioni di origine calcarea.

Per entrare più nello specifico la pulizia delle ceramiche archeologiche, che riguarda soprattutto l'eliminazione delle incrostazioni, si presuppone la possibilità di distinguere tra carbonati, calcari, sali da solubilizzare. Per esempio una goccia di Acido Cloridrico divenendo effervescente rivela la presenza di carbonato di calcio.
In conseguenza di questo semplice test è possibile sottoporre anche solo la zona interessata del reperto al trattamento più adatto.
In generale risultati apprezzabili si ottengono attraverso l'immersione in Acqua Demineralizzata addizionata nella misura del 5% di Acido Acetico e del 10% di Acido Citrico.
Si consiglia però sempre estrema cautela nell'uso di acidi, perché un trattamento forte con tale tipo di ingredienti può produrre danni anche gravi in reperti che non abbiano avuto un'elevata temperatura di cottura o in vasi, come ad esempio quelli figurati, in cui la trasformazione degli ossidi di ferro non è stata completata, oppure in quelli che hanno subito la verniciatura senza che la fase di essiccazione fosse compiuta del tutto.

Altro metodo per la rimozione delle incrostazioni tipiche della ceramica archeologica che ha dato ottimi risultati è quello dell'immersione del reperto in un bagno contenente il 10% di Esametafosfato di Sodio disciolto lentamente in Acqua Demineralizzata, oppure in una soluzione, a 30 gradi, di Acqua Demineralizzata addizionata di Acido Solforico in ragione del 10%.

E' opportuno ripetere ancora che tali metodologie vanno tenute sotto controllo, osservando costantemente il comportamento della ceramica.
Una volta ottenuto il risultato è obbligatorio sottoporre immediatamente il reperto ad abbondante lavaggio con Acqua o Acetone puro che tamponi e neutralizzi gli acidi.

Il consolidamento della ceramica archeologica.
A volte, quando il materiale archeologico ha stazionato per molti secoli sotto terra in particolari condizioni di umidità e acidità, può essere necessario, contestualmente ad una veloce pulizia meccanica, un consolidamento della intera ceramica perché molto fragile. Ciò deve avvenire solo quando la ceramica è perfettamente asciutta.
A tal fine si deve usare il Paraloid, diluito con diluente alla Nitro dal 3 al 5%, che dovrà essere applicato una o più volte con un pennello piatto di ottima qualità.

(segue)

 


| Home Page | Schede Tecniche | Forum | Consulenze | Invia un Commento |

Ultimo Aggiornamento: 29/11/05.