Leggende e Tradizioni
Il piccolo universo resuttanese è depositario di una cultura popolare fatta di racconti, tradizioni e proverbi, che oltre a costituire ancora oggi motivo di riflessione, data l'universalità dei temi trattati, offre anche uno spaccato suggestivo ed efficace degli umori e della mentalità di questa piccola comunità. Umori e mentalità di tempi andati, ma che facilmente si possono riscontrare in varie espressioni dello "spirito" del paese attuale, essendo ogni uomo figlio non solo del proprio tempo ma anche, e soprattutto, della comunità entro cui cresce e della sua storia. Proverbi come "Aratu va unni maisa veni" (l'aratro ara dove si può fare il maggese), o espressioni del tipo "Chiddu ca voli Diu" (Quello che vuole Dio), la dicono lunga sul fatalismo radicato nella coscienza di un popolo per secoli soggetto alla miseria e allo strapotere di baroni e gabellotti. Questi e altri detti sono stati raccolti e pubblicati, recentemente, nel volume "Giustu dissi anticu" (Associazione Culturale "In Itinere", 2002).
Ci sono poi molti racconti, alcuni dei quali riconducibili ad archetipi, poi adattati alle varie realtà, come la leggenda della "fiera dei sette anni"; altri di matrice puramente autoctona, come " 'A furtuna". Indipendentemente da tale distinzione, ciò che accomuna i vari racconti sembra essere il fatto che questi nascono dal medesimo sentimento: l'aspirazione a una vita migliore, affidata più ai sogni che all'azione, e nemmeno in questi completamente soddisfatta ( "…Della intravista ricchezza restò loro soltanto il ricordo!" ).
Non mancano, naturalmente, leggende a sfondo religioso. La leggenda del Crocifisso di Resuttano (riportata anche da Giuseppe Pitrè in "Canti popolari siciliani") vuole che il Crocifisso, "dimenticato del tutto" nella cucina del Principe di Resuttano, sia apparso in visione alla figlia di lui, gravemente ammalata, intimandola affinché inducesse il padre a dargli una degna collocazione nella Chiesa di Resuttano. La ragazza racconta della visione al padre, il quale da seguito al divino ammonimento e può vedere, pochi giorni dopo, la figlia guarire completamente.
A testimonianza di quanto fosse vivo, un tempo, il sentimento religioso, si può citare, ad esempio, l'Orazione a Santa Brigida, alla quale è attribuita una facoltà premonitrice per la quale chi la recita per tutta la Quaresima saprà in anticipo la data della sua morte, mentre è ancora possibile, visitando il paese, vedere le edicole votive, oggetto in passato di pellegrinaggi, preghiere e varie pratiche devote.
In riferimento al periodo pasquale vanno ricordate le "parti di la simana santa", o "lamienti". Si tratta di canti polivocali sacri in dialetto resuttanese, eseguiti durante la settimana santa, in particolare il Venerdì, da gruppi di uomini appartenenti alle confraternite locali. Oggi gli esecutori si sono ridotti a un solo gruppo composto da cantori anche non appartenenti alle confraternite. I canti narrano della passione di Cristo, e i testi sono, appunto, divisi in "parti" (circa quaranta).
Indubbiamente il culto dei santi, e la devozione religiosa in generale, rappresentano il nesso più evidente tra il passato e il presente. Ancora oggi, nel mese di Marzo, è possibile assistere, seppur con minor frequenza di un tempo, ai "Virgini" di San Giuseppe, un rituale dalle origini lontane nel tempo, consistente in banchetti offerti da alcune famiglie, che onora le "prumisioni" (promesse) al Santo protettore del paese, a ringraziamento di una grazia chiesta o già ricevuta.
Ancora massiccia è, infine, la presenza della comunità in occasione delle processioni in onore del SS. Crocifisso (4 maggio), di San Giuseppe (19 marzo), di Maria SS. Addolorata (15 settembre) e del Venerdì Santo, di solito accompagnate dalle autorità civili e militari, oltre che dalla banda musicale "G. Verdi".