L’ENERGIA FONTE DI VITA,
MA ANCHE DI GRAVI DISAGI SE TRATTATA COME MERCE
La politica energetica è al centro di fenomeni che
stanno coinvolgendo profondamente il nostro sistema di vita. Sia la produzione
di energia elettrica e sia l’energia utilizzata dai mezzi di trasporto
rappresentano motivo di grande preoccupazione per una serie di motivi:
- le
emissioni di gas climalteranti in quantità tale da far temere per l’equilibrio
del clima;
- le
emissioni inquinanti che provocano direttamente danni alla salute e
condizionano le altre attività economiche circostanti;
- la
presa di coscienza dei limiti delle risorse naturali e dell’approssimarsi del
loro esaurimento (in genere in poche decine di anni, tranne il carbone);
- causa
di guerre sviluppate per garantire ai paesi maggiormente industrializzati il
controllo delle vie di approvvigionamento e dei giacimenti;
- l’impraticabilità
della via del nucleare a causa della sua potenziale pericolosità, della
comunque esauribilità del combustibile e del grave problema finora irrisolto
delle scorie radioattive;
- la
tendenza a realizzare impianti sempre più grandi per ottenere risparmi
dall’economia di scala che ne deriva, ma che aumenta le conseguenze per i
territori che li ospitano e le popolazioni che li abitano.
Energia ed emissioni
La questione energetica è in
stretto collegamento con le alterazioni climatiche.
Non ha quindi senso ipotizzare
nuove politiche energetiche senza porle in stretta relazione con la necessità
non più rinviabile di ridurre drasticamente le emissioni climalteranti degli
impianti di produzione.
Purtroppo, le ultime
dichiarazioni di Scaroni, amministratore delegato dell’Enel, sulla riconversione
di diverse sue centrali a carbone, fanno poco ben sperare. Le stesse
Confederazioni sindacali accettano di fatto quella politica, chiedendo garanzie
sul rispetto del Protocollo di Kyoto, pur sapendo, per stessa ammissione
dell’Azienda, che almeno la CO2 emessa dal carbone non potrà essere ridotta. Se
per le centrali funzionanti a gas naturale le emissioni di CO2 sono molto
minori, ciò non ci esime dal considerarne comunque l’impatto.
In proposito, un recente
comunicato dell’ENEA[1]
lancia l’allarme sui gravi ritardi dell’Italia nel mettere in pratica gli
impegni assunti a Kyoto, sottolineando che i maggiori responsabili sono i
comparti di produzione energetica (35%) e dei trasporti (28,2%).
Fatto grave è quello di vedere la
produzione di energia da rinnovabili come salvacondotto per incrementare le
produzioni convenzionali, quel 2% dei famosi “certificati verdi” del decreto
Bersani, sovente importati o ottenuti attraverso altri processi di combustione,
come quello da rifiuti, servono per permettere la realizzazione di centrali a
combustione di fossili per il restante 98%.
Invece l’introduzione di
produzioni da rinnovabili non deve essere aggiuntiva, ma sostitutiva di altri
impianti convenzionali. Anche qui si assiste allo stesso balletto della raccolta
rifiuti dove la raccolta differenziata, per la maggioranza degli amministratori
pubblici, è inserita come fiorellino che giustifichi il mantenimento del sistema
tradizionale, aggiungendo così nuovi costi quasi inutili per la soluzione del
problema rifiuti. Così facendo nel campo energetico vedremmo aumentare i costi
per le rinnovabili senza ritorni di una qualche utilità reale.
Gli effetti distorcenti della
liberalizzazione
Gli effetti della
liberalizzazione del settore energetico e della privatizzazione delle aziende
sta dimostrando quanto questo significhi, non la riduzione delle tariffe come
pèromesso, ma l’occasione di profitti per nuovi investitori. Proviamo a mettere
in fila alcuni inconvenienti introdotti da questa politica:
- l’autorità
che dovrebbe garantire la riserva attiva di impianti per affrontare gli
imprevisti, perde gran parte del proprio ruolo perché in una politica di
marcato ciò che deve prevalere è il massimo guadagno;
- i
produttori saranno impegnati a proporre i combustibili meno costosi, come il
carbone, esternalizzando ancor più i costi dovuti ai danni ambientali e alla
salute;
- già
ora le manutenzioni agli impianti sono sempre più limitate, mettendo così a
rischio la fornitura del servizio;
- la
sicurezza del lavoro e sul lavoro si ridurranno per la ricerca del massimo
profitto. In questi anni le esternalizzazioni nel settore sono aumentate in
modo impressionante;
- assunto
che è fondamentale ridurre il consumo di energia convenzionale a parità di
servizi forniti, è evidente il non interesse da parte delle aziende
produttrici a seguire questa strada;
- poiché
è indispensabile avviare una politica di forti investimenti per nuove
produzioni, che dovrebbero sostituire le attuali, perché mai gli attuali
produttori dovrebbero essere interessati a seguire una strada che riduce la
loro missione attuale e le obbliga ad investire molto, evidentemente in
perdita per lungo tempo?
Occorre interrogarsi sul perché
questa strada è stata scelta da tutte le tendenze politiche. E’ emersa nel tempo
la convinzione che il monopolio pubblico era fuori controllo, ma se questo può
essere vero, la responsabilità va ricercata nella classe politica che non ha
saputo o voluto porvi rimedio. Quella stessa classe politica che ora dovrebbe
garantire meccanismi di controllo tali da condizionare un insieme di società che
hanno dalla loro parte il Diritto Privato.
Inoltre dovrebbe essere chiaro
ormai che il Mercato non esiste così come teorizzato, poiché se fosse vero che
la libera concorrenza garantisce l’emergere del miglior prodotto al minor
prezzo, ma soprattutto che questo avverrebbe proprio nell’interesse dei
produttori in concorrenza fra loro, questi ultimi non cercherebbero a tutti i
costi di annullare le regole del mercato formando cartelli e quindi di fatto dei
monopoli.
Far crescere un nuovo
controllo pubblico per un bene primario
Ora che questo percorso,
purtroppo, è profondamente avviato dobbiamo individuare rimedi che riducano i
danni e recuperino capacità di controllo da parte della collettività.
Quali i tipi d’intervento:
- Necessità di agire
sulla domanda di energia, cosa quasi per nulla praticata finora;
- sviluppo della
massima efficienza possibile, sia sul lato dell’offerta sia su quello della
domanda;
- avvio di una forte
politica di sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili
privilegiando, data la nostra collocazione geografica, le varie forme
derivanti dal sole;
- nella fase
transitoria di progressivo sviluppo da rinnovabili, privilegiare impianti
funzionanti a gas naturale, favorendo il rifacimento di impianti già
esistenti, avendo cura di ridurre tutte le emissioni di inquinanti;
- in questa fase
transitoria, al fine di garantire la massima efficienza nell’uso dei
combustibili fossili, occorrerà realizzare impianti in genere più piccoli
degli attuali, per permettere l’utilizzo completo del calore prodotto
attraverso la cogenerazione e la trigenerazione;
- al fine di favorire
questo percorso realizzare una mappa del territorio con le definizione dei
bisogni calore e di energia elettrica definiti a maglia piccola.
Una tale politica energetica permetterebbe di realizzare
vantaggi su diversi piani:
- ridurre
consistentemente le importazioni di combustibili fossili dall’estero, visto
che ne siamo i maggiori importatori fra tutti i paesi industrializzati (83%),
con notevole risparmio economico per il nostro inport-export;
- favorire una notevole
innovazione tecnologica in gran parte dei settori produttivi e dei consumi;
- favorire lo sviluppo
di nuovi settori produttivi nel campo delle produzioni da rinnovabili e di
nuovi materiali da inserire nell’edilizia (attualmente siamo fortemente in
ritardo nei confronti di tanti altri paesi, Giappone, Germania, Danimarca,
Spagna, ecc.);
- indurre la creazione
di nuovi posti di lavoro oltre alla copertura delle riduzioni nel settore
delle produzioni energetiche convenzionali;
- ridurre in modo
consistente il consumo di risorse non rinnovabili;
- naturalmente ridurre
le emissioni climalteranti;
- ridurre
progressivamente il carico delle linee di trasmissione e lo sviluppo a rete
sia della produzione che dei consumi energetici, con ulteriori incremento di
efficienza;
- ridurre le cause di
produzione di campi elettromagneti da alta tensione, con conseguenti vantaggi
per la salute.
Per realizzare i punti qualificanti di tale rivoluzione, che
consistono in una forte riduzione di importazioni di combustibili, una riduzione
drastica della produzione e vendita di energia elettrica e contemporaneamente
forti investimenti, è indispensabile ridefinire un forte controllo pubblico del
settore energia.
Una nuova
pianificazione regionale in funzione di una seria pianificazione
nazionale
- E’
indispensabile ridefinire un controllo pubblico attraverso una pianificazione
nazionale e la partecipazione di Amministrazioni e popolazioni
locali.
- E’
indispensabile ridefinire urgentemente una strategia, partendo dal blocco della
privatizzazione del settore, a partire dalle linee di trasmissione e dal
ridimensionamento delle attuali esternalizzazioni.
- Sospensione
da parte degli iter autorizzativi per nuove centrali
convenzionali;
- Per
realizzare una tale politica energetica è indispensabili promuovere un Piano
Nazionale pluriennale d’investimenti garantito nella sua piena
copertura.
- Questo
per noi significa sviluppare un Nuovo Pubblico che veda al centro un’Ente
nazionale impegnato, con l’autorità necessaria per contrattare con le
Regioni e i produttori la realizzazione di un nuovo Piano Energetico Nazionale
in sintonia con un Piano per la Riduzione delle Emissioni Climalteranti.
Questo deve avvenire in collegamento con le Regioni (al tavolo Stato
Regioni?).
- Un
tale percorso richiede l’assegnazione ad ogni Regione di quote adeguate di
rientro in volumi di emissioni e linee concordate di attuazione delle
politiche necessarie per garantire tale rientro, prevalentemente interventi
su:
- Consistenti
incrementi della produzione di energia da fonti rinnovabili, sostituendo i
contributi dati finora alle cosiddette “assimilate” (in genere incenerimento
di rifiuti);
- consistenti
interventi nel settore dei trasporti che permettano di trasferire una
consistente parte dal trasporto di passeggeri dal mezzo privato ed
individuale a mezzi pubblici e collettivi e di trasferire il trasporto di
ingenti quantità di merci “dalla gomma alla rotaia” (ad esclusione della
cosiddetta alta capacità);
- politiche
di sostegno per l’efficientizzazione della domanda di energia nei vari
settori (ad es.: per la sostituzione degli elettrodomestici vetusti con
altri ad alta efficienza);
- norme
per l’inserimento, nei vari regolamenti edilizi comunali, di criteri di
edificabilità orientati al risparmio energetico e alla produzione di energia
da solare (es: pannelli fotovoltaici e solare-termici per la produzione di
acqua calda e l’integrazione degli impianti di riscaldamento)
Questi interventi naturalmente
richiedono investimenti adeguati che, per la vastità degli interventi, dovranno
essere ingenti per i quali riteniamo necessario un Piano Pluriennale
d’Intervento da parte dello Stato. Tali interventi dovranno essere pianificati
in accordo con le Regioni interessate ed affidati alle Regioni sulla base delle
azioni realmente sviluppate.
Occorre anche verificare la
capacità del movimento di mettere in discussione autorizzazioni di Centrali già
autorizzate, ad esempio quando, per le loro dimensioni, è evidente la non
possibilità di utilizzare l’enorme quantità di calore residua, così come avviene
per la Centrale di Chivasso.