Rete Società e Ambiente del Piemonte
Queste pagine vogliono essere uno strumento di lavoro per tutti coloro che in Piemonte sono interessati a costruire e far crescere relazioni e sinergie tra persone, circoli, comitati che si impegnano a livello locale per affermare il diritto democratico dei cittadini a partecipare alle scelte che riguardano il proprio territorio.
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Principi ed intenti della Rete Società e Ambiente del Piemonte

Novembre 2004

Il quadro generale di riferimento

Nella nostra Regione stiamo assistendo all’evento epocale della deindustrializzazione: un fenomeno che qui, come in altri paesi occidentali, segna drammaticamente la fine di un ciclo economico espansivo, una fine provocata da logiche neoliberiste che continuamente mirano al massimo sfruttamento di materie prime e forza lavoro nei luoghi del pianeta in cui esse sono meno tutelate; tutto avviene nel quadro del modello capitalista imperante, che continua a teorizzare uno sviluppo umano illimitato e fornisce alla crisi epocale la risposta di una cultura di guerra infinita come leva per sostenere l’economia, per controllare le risorse planetarie, per mantenere inalterato l’attuale squilibrio tra nord e sud del mondo a vantaggio esclusivo di un 20% dell’umanità.

La globalizzazione generata da questo modello unico assegna il controllo sulle grandi scelte che governano il pianeta a centri decisionali situati nelle maggiori imprese multinazionali e nelle istituzioni finanziarie mondiali create dalle lobby dei paesi ricchi senza alcuna legittimazione democratica; domina, dunque, la cultura della sopraffazione: vengono calpestate regole ed istituzioni internazionali per affermare, di fatto, che per il più forte ogni mezzo è lecito quando agisce in difesa del proprio livello di benessere, nonostante tale livello comporti consumi di materia ed energia elevatissimi ed un’enorme produzione di rifiuti.

A livello globale non esiste ancora, oggi, un modello socio-economico alternativo sufficientemente definito da contrapporre ad un simile sistema di ingiustizie e violenza. Quel che è peggio è che in quasi tutte le forme tradizionali della rappresentanza politica non esiste neppure una sufficiente apertura culturale ad una ricerca in questa direzione; sono piuttosto i movimenti per un altro mondo possibile, nati dalla società civile e dal 1999 protagonisti sulla scena mondiale, a rivendicare un’alternativa che al momento si compone principalmente di istanze di denuncia, di analisi e di proposta che spesso risultano ancora frammentate, ma che per la loro intrinseca forza toccano profondamente la coscienza di molte persone.

La Rete Società e Ambiente (RSA) intende collocarsi tra questi movimenti, nell’orizzonte rivendicativo dell’alternativa pacifica e non violenta al sistema neoliberista, e con essi lottare per il ripudio assoluto della guerra, per il ripristino dei diritti di tutti i popoli ad accedere paritariamente alle risorse del pianeta, per la rigenerazione della democrazia dal basso, per la preservazione dell’ambiente e dei beni comuni a beneficio di tutti gli esseri viventi della presente generazione e di quelle future.

La RSA ritiene che in tale quadro sia fondamentale ricercare, col contributo delle diverse istanze che ne condividono l’esigenza, nuovi stili di vita, un diverso modello di benessere basato più sui beni relazionali che sul consumismo materiale e caratterizzato perciò da un minore impatto sull’ambiente ed inoltre ugualitario, ossia adottabile dall’intera umanità senza eccedere i limiti naturali della rinnovabilità di materia ed energia. Il raggiungimento dell’obiettivo di un nuovo benessere condiviso richiede la realizzazione di processi graduali che sono diversi nei differenti paesi: se nell’occidente si tratta di rallentare i consumi, rimodulando lo sviluppo anche grazie all’introduzione dei nuovi beni relazionali, negli altri paesi occorre perseguire una crescita nativamente basata sulle più avanzate soluzioni di totale sostenibilità in termini socio-ambientali.

In entrambi i contesti già oggi esistono, a diversi livelli, concrete e consolidate sperimentazioni di un’economia “giusta” e rispettosa dell’ambiente, fondata sulla rivalutazione della convivialità e sull’auto-mutuo aiuto, che è finalizzata ad una migliore qualità della vita perchè mira a liberare le persone dalla perenne insoddisfazione tipica del consumismo materiale e nel contempo lotta per emancipare i lavoratori dallo sfruttamento: a livello internazionale ne sono esempi le numerose realtà della Finanza Etica e del Commercio equo-solidale; localmente lo sono i Distretti di Economia Solidale, le Banche del Tempo e varie comunità, villaggi e condomini solidali.

La RSA vuole impegnarsi a diffondere al proprio interno la conoscenza di queste realtà per poi approfondire insieme ad esse l’analisi sui possibili percorsi di sviluppo dell’economia solidale, di affermazione delle sue varie forme in contesti sempre più allargati.

 Le ricadute a livello locale

Anche in Italia ed in Europa le forze politiche tradizionali paiono impotenti di fronte ai fenomeni irreversibili della deindustrializzazione in occidente e della grave crisi economica, occupazionale e sociale che ne deriva; a destra come a sinistra non c’è infatti alcun progetto socio-economico nuovo e ci si attarda a ragionare nell’assurda prospettiva della crescita infinita.

Dentro questo modello unico neoliberista l’ideologia di guerra prospera in simbiosi con la cultura che riduce tutto a merce: il lavoro ma anche i saperi, la salute, beni comuni primari come l’acqua, l’ambiente naturale.

In un tale scenario, caratterizzato dall’assenza di una prospettiva realmente sostenibile, le scelte politiche di “sviluppo” finiscono per avere unicamente l’effetto di consolidare gli squilibri e le storture del sistema, di aggravarne l’impatto sull’ecosistema e di allargare ulteriormente la forbice tra ricchezza e povertà.

Le ricadute che questa politica globale genera e diffonde fino ai livelli locali comportano sempre un intensificarsi dello sfruttamento del territorio che si fa irreversibile, distruttivo, che porta al degrado dell’ambiente ed all’oggettivo peggioramento della qualità della vita per tutti gli abitanti; d’altronde le concrete finalità dell’accanimento ”sviluppista” non rispondono certo a reali bisogni dei cittadini e nemmeno si inquadrano in un programma di gestione del territorio a medio-lungo termine: sono unicamente funzionali agli interessi imprenditoriali di profitto a breve.

Anche da noi, in Piemonte, esempi in tal senso non mancano:

  • si attuano passi concreti in direzione della privatizzazione dell’acqua, orientando la gestione della stessa per uso alimentare, oltre che agricolo ed industriale, verso criteri di profitto; si consente lo sfruttamento dei torrenti  montani e la costruzione di grandi invasi senza badare all’impatto sull’ecosistema e sull’assetto idrogeologico
  • si prospetta la costruzione di nuove grandi centrali elettriche nella pratica assenza di politiche di contenimento dei consumi di energia e di incentivi significativi all’impiego di fonti rinnovabili, accentuando così il disagio delle popolazioni dei siti interessati e, contemporaneamente, aggravando la situazione climatica del nostro Pianeta a causa delle crescenti emissioni di gas climalteranti dovute ai processi di combustione (di quei combustibili fossili in via di esaurimento); a distanza di quasi venti anni permane intanto insoluto il grave problema delle scorie radioattive rimaste in notevole quantità a deposito nei comuni di Trino, Saluggia e Boscomarengo, cui il governo destina una semplice compensazione economica commisurata al rischio ambientale;
  • si progettano e realizzano nuove faraoniche infrastrutture, corridoi di transito stradali e ferroviari (TAV) al di fuori di qualsiasi disegno di mobilità locale sostenibile, in alternativa ad un trasporto pubblico efficiente ed alla riqualificazione e messa in sicurezza della capillare rete ferroviaria esistente; sono le cosiddette “grandi opere”, sovradimensionate rispetto alla consistenza della domanda plausibile di traffico, che hanno un devastante impatto ambientale, che sconvolgono l’assetto del territorio, la vita e la salute delle popolazioni, che hanno un’elevatissima incidenza sulla finanza pubblica, comportando l’ingente sottrazione di risorse a settori primari quali sanità, scuola e stato sociale già penalizzati duramente dallo stato di crisi; intanto si continua a favorire il traffico privato che si conferma principale causa di inquinamento dell’aria, con gravi conseguenze sulla salute e la qualità della vita: lo si riscontra ogni giorno a partire dalle maggiori città invase dalle auto, ma anche nelle vallate alpine strangolate dai TIR;
  • si pianifica la costruzione di numerosi inceneritori di rifiuti enfatizzando l’opportunità di co-generare energia e calore, anziché incentivare pratiche di produzione e distribuzione che riducano gli imballaggi e favoriscano recupero, riuso o riciclo dei materiali attraverso il miglioramento della raccolta differenziata: è una scorciatoia che tende a trasformare i rifiuti in business, caratterizzata da un bilancio complessivamente negativo per l’ambiente ed i consumi energetici;
  • si persegue uno sviluppo urbano che consegna l’uso del suolo alla speculazione edilizia, ad una cementificazione selvaggia che in quest’epoca di crisi occupazionale e di calo della popolazione è priva perfino di una logica finalizzazione: sfruttando l’attrattiva del “mattone” come bene-rifugio per il risparmio, dopo l’ubriacatura della Borsa, si costruiscono alloggi a migliaia, parcheggi sotto le piazze dei centri storici, enormi capannoni per centri commerciali ridondanti o per un’ipotetico uso industriale; sono tutti edifici che oggi garantiscono profitto ai costruttori, mentre domani potrebbero risultare inutilizzati: a questo assurdo scempio si sacrificano gli ultimi terreni agricoli di pregio delle cinture cittadine ed i campi lungo le grandi vie di comunicazione.

Le speranze (che anche i media alimentano nell’opinione pubblica) circa le presunte potenzialità anti-crisi di questo complesso di iniziative sono illusorie; ciò che purtroppo si vede concretamente prosperare è piuttosto l’illegalità, è la corruzione, come testimoniano quotidianamente le cronache di un continuo proliferare di inchieste della magistratura.

L’ingente quantità di denaro investito nella regione, a partire dai grandi progetti (Olimpiadi, TAV), in realtà non stimola un ciclo economico virtuoso e sano; attrae invece i peggori affaristi, abili nell’attivare il classico circuito di trasformazione dei finanziamenti pubblici in profitti privati e tangenti.

I posti di lavoro creati da questa economia miope non sono affatto in grado di compensare per qualità, quantità e durata, quelli persi nell’industria: l’occupazione attuale e dei prossimi 10 anni nella cantieristica (per grandi opere, grandi eventi, edilizia) non inciderà significativamente sulla popolazione locale, ma continuerà essenzialmente a consistere nell’impiego di manodopera immigrata a bassa specializzazione ed a rischio di elevato sfruttamento in condizioni di scarsa sicurezza; sarà nuova occasione di appalti e subappalti con i consueti margini di manovra nell’illegalità, con apertura ad infiltrazioni mafiose.

Nel contesto descritto concetti come “beni comuni”, “patrimonio pubblico”, “pubblica utilità” perdono ovviamente il loro significato anche a livello locale. Tutto diventa oggetto di iniziativa imprenditoriale, occasione di business, terreno di competizione commerciale: i servizi di interesse generale vengono via via privatizzati con la continua creazione, per la loro gestione, di nuove aziende che magari sono avviate con struttura prevalentemente pubblica, ma che hanno l’ovvio mandato di produrre, primariamente, profitto.

Purtroppo l’attuale sistema elettorale bipolare favorisce questa situazione, riducendo la capacità di rappresentanza politico-istituzionale di chi a questa situazione non intenderebbe assoggettarsi, imponendo sempre più la logica del “meno peggio”. In un simile contesto pure l’orizzonte d’azione degli eletti che governano Stati, Regioni, Province e grandi città è in fondo, al di là del formale colore politico, sempre più quello del valore supremo del mercato ed insieme a tutte le “aziendalizzazioni” procede anche quella della politica, nel senso che il politico di mestiere e l’imprenditore si fondono e si confondono sempre di più.

Uno dopo l’altro perfino gli amministratori locali diventano pure consiglieri di amministrazione delle innumerevoli società miste pubblico-privato; ogni ente locale deve competere con gli altri per attirare investimenti entro i propri confini, se vuole poter disporre di indispensabili risorse finanziarie che un tempo arrivavano dalla fiscalità: l’uso del territorio diventa allora la merce di scambio da offrire al minor prezzo, e le prime vittime di questo meccanismo elevato a sistema sono l’ambiente e la democrazia.

Questi processi arrivano oggi ad interessare anche i piccoli comuni, dove finora il rapporto di delega tra eletti ed elettori aveva potuto ancora mantenere il suo significato originario di rappresentanza democratica.

Tutto ciò contribuisce al diffondersi della sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Purtroppo l’allontanamento dalla politica da parte di molti non è una soluzione, anzi favorisce il riprodursi e l’accentuarsi di comportamenti sempre più lontani, in una spirale inarrestabile di cui si ha il triste esempio degli USA.

Fortunatamente vi sono persone che non accettano di rassegnarsi a questa deriva dell’etica, che si oppongono all’aggressione selvaggia al territorio, che ancora si indignano di fronte alla corruzione, che rivendicano i loro diritti di cittadinanza, il loro dovere di preservare l’ambiente ed i beni comuni come atto di responsabilità verso gli altri esseri viventi e le generazioni future.

Questi cittadini si ribellano e resistono; nei luoghi in cui le contraddizioni si fanno più stridenti si organizzano per opporsi collettivamente alla devastazione.

Traendo origine da queste forme di resistenza, la RSA nasce per:

  • contribuire a creare collegamenti fra le Associazioni, i Comitati, i nuovi soggetti di movimento e politici che nell’ambito della Regione sono concretamente impegnati nella lotta per la difesa del territorio e dei beni comuni dai gravi impatti sociali ed ambientali che derivano dalle scelte economico-amministrative di matrice neoliberista;
  • puntare a conferire, con l’unione delle energie e grazie all’azione di coordinamento, maggiore visibilità e forza alle rivendicazioni di questi soggetti organizzati, privilegiando l’informazione ai cittadini ed il loro coinvolgimento;
  • accrescere il potere dei cittadini nelle scelte che a vari livelli riguardano territorio e beni comuni, traendo ispirazione dalle realtà sperimentali più avanzate di “democrazia partecipata”;
  • cercare collettivamente, nel tempo, le soluzioni di rappresentanza a livello politico che diano il massimo peso, la massima efficacia agli obiettivi del movimento.

Ultimo aggiornamento di questa pagina: 18-gen-05