Rete Società e Ambiente del
Piemonte
PER UNA CONCEZIONE DELLA GESTIONE -
VALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI, URBANI
E INDUSTRIALI A
“ ZERO RIFIUTI”
1 - Il capitalismo tende a ridurre il
ciclo di vita ed il tempo di circolazione delle merci, in ragione della
necessità di aumentare la velocità di circolazione del denaro e di estrazione
del profitto.
Nella attuale fase di massima
liberalizzazione dei commerci e dei mercati finanziari e di flessibilizzazione
dei mercati del lavoro (“neoliberismo”, la riduzione del tempo di circolazione e
di vita delle merci si radicalizza e si estende a scala globale nello spazio
unico del mercato.
Questa necessità di aumentare la
velocità di circolazione delle merci e del denaro e l’effetto conseguente di
ridurre il ciclo di vita dei prodotti ( e della materia ed energia in essi
incorporate), si riscontra tanto nella produzione dei rifiuti (che aumentano,
seppure in presenza di un ciclo economico non espansivo), quanto nelle politiche
dei trasporti ed infrastrutturali: politiche energivore, distruttrici di
materia, dannose per la salute umana e per i cicli ecologici (come avviene per il ciclo delle
acque).
Così, nonostante il conclamato
fallimento delle strategie del FMI e della Banca Mondiale, le politiche vengono
sempre più subordinate alle virtù taumaturgiche del mercato. Un mercato al quale
ora è delegata la gestione dei servizi collettivi e dei beni comuni ecologici,
attraverso estese e tuttavia fallimentari, inefficaci e deleterie
privatizzazioni.
2 – In questo inizio del nuovo
millennio siamo in presenza di importanti trasformazioni del sistema energetico,
in conseguenza sia dell’avvicinarsi della “scarsità assoluta’ dei combustibili
fossili – in primo luogo il petrolio – sia della necessità, per le economie
capitalistiche, di mantenere il controllo sugli stock e sui flussi delle fonti
energetiche (e delle materia prime) e di estendere il comando sul processo di
transizione verso altre fonti e verso sistemi alternativi di produzione
energetica.
Tali strutturali trasformazioni sono
una delle ragioni delle difficoltà dell’economia mondo a far ripartire un ciclo
espansivo ed a gestire i problemi sanitari, sociali ed ambientali indotti da
questo modello socioeconomico.
La necessita di estendedere il
controllo sui combustibili fossili e sui territori dove le riserve sono più
consistenti e più accessibili, è una delle ragioni della strategia della “guerra
infinita” e della recente dottrina della “guerra preventiva”, elaborate in primo
luogo dagli U.S.A., ma assunte nella sostanza dagli altri stati
occidentali.
Il Rapporto Mondiale sullo Sviluppo
evidenzia il fossato esistente fra paesi ricchi e poveri: nel 2000 - 1/5 della
popolazione possedeva l’86% della ricchezza mondiale. La “globalizzazione” dimostra e dispiega i suoi effetti, si
toglie la maschera ed i risultati sono evidenti: può praticare la
globalizzazione chi possiede i mezzi di produzione in dimensioni tali per
poterlo fare, nel bene o nel male tutti gli altri la
subiscono!
3 – I governi europei, le
corporazioni economico-finanziarie e i grandi gruppi impiantistici hanno in
programma di estendere l’utilizzo dei rifiuti come fonte per la produzioni di
calore e di energia elettrica, attraverso la complessiva filiera
dell’incenerimento (che rimane la più nociva, dannosa e stupida modalità di
trattamento dei rifiuti).In questo quadro, per ottenere finanziamenti, viene
fatta una scelta assolutamente inaccettabile: rifiuti urbani, industriali e
biomasse vengono considerati fonti energetiche rinnovabili – alla stessa stregua
del solare, dell’eolico, della geotermia, dell’idroelettricità, delle celle a
combustibile di idrogeno.
L’intera filiera dell’incenerimento
dei rifiuti, nelle strategie dell’economia mondo, tende ad assumere un ruolo di
una certa rilevanza per gestire la transizione dall’economia energetica basata
sui combustibili fossili ad una fase di produzione energetica differenziata
(“generazione distribuita”); questo soprattutto a scala locale, per esempio in
riferimento al teleriscaldamento per utenze domestiche e produttive, all’uso di
calore ed energia elettrica in comparti produttivi e nell’agricoltura
industriale.
Occorre quindi ripensare e riproporre
per certe merci il concetto di “BENI COMUNI”. L’acqua, la terra, l’atmosfera,
l’energia, i rifiuti, non possono soggiacere all’interesse privato che su questi
beni vorrebbe esercitarne il dominio per il profitto. Con la certezza che
miliardi di persone subirebbero condizioni di vita ancora peggiori di quelle
attuali.
Anche noi abbiamo forse commesso
qualche errore di valutazione, era molto forte la spinta alla trasformazione in
SPA delle “vecchie” Municipalizzate, eravamo comunque a pensare che rimanendo la
proprietà in mani pubbliche si era sufficientemente garantiti. Dobbiamo
ammettere l’errore, fu la privatizzazione lo snodo che ha permesso a molte
aziende (pubbliche?), di decollare nel libero mercato, di concorrere con i
privati o di farci insieme lauti affari, gli esempi sarebbero troppi, ognuno a
casa sua ha potuto verificare gli effetti perversi di queste scelte, inoltre
come le aziende private, quelle pubbliche tendono a scaricare all’esterno i
costi esogeni, leggi degrado ambientale di ogni tipo. Oramai non vi sono più
differenze: il “particulare”, l’interesse aziendale, prevarica ogni
considerazione etica e non sono di certo i “poveri assessori” che possono
fermare o guidare macchine che per l’utile travolgono ogni regola o limite,
tanto poi i consiglieri comunali e/o gli assessori si piegano o si comprano,
facilmente.
Ed i risultati sono evidenti, aumento
sconsiderato delle tariffe a spese degli inermi e disinformati
cittadini.
Dal ripensamento di questi concetti
occorre ripartire, altrimenti non si potrà andare da nessuna parte, la ASM di
Brescia, per quanto concerne gli inceneritori, è il paradigma nazionale: spregio
di ogni regola ed accordi, guadagni enormi, se poi in quella città la raccolta
differenziata scende, ci saranno sempre uomini ben pagati per mentire o/e
dimostrare che incenerire è moderno, bello e risparmioso. Ma se le Brescia
d’Italia fossero rimaste municipalizzate?
Certamente la battaglia sarà dura ed
impegnativa, sono proprio le amministrazioni di sinistra: DS e Margherita i
principali fautori di questo sfrenato industrialismo da primi anni del 1900, in questi partiti
la vocazione tecnocratica ed affarista è diventata una costante tale da non
permettere più alcun distinguo con la destra che in realtà propugna gli stessi
programmi e gli stretti disastri etici ed ecologici.
4 – Tuttavia, come è noto, la scelta
in favore della complessiva filiera dell’incenerimento per estrarre una parte di
energia incorporata nelle merci, è insensata dal punto di vista energetico – in
quanto presenta bilanci energetici negativi che non giustificano tale scelta né
economicamente né socialmente – e produce nocività e danni per la salute e per i
sistemi ecologici, a causa della immissione di diossine, furani, metalli pesanti
nelle acque, nell’aria, nel suolo e nella catena alimentare. E’ oltremodo
insensata ricordando che la produzione elettrica derivante dai rifiuti
rappresenta lo 0,4% del totale nazionale, se poi si eliminassero le “droghe” sui
prezzi di cessione all’ENEL, (Cip 6), l’economicità degli inceneritori si
ridurrebbe al punto di dover alzare le tasse ai cittadini per mandare almeno in
pareggio questi impianti che rispondono ad un livello di civiltà: “distruttivo”.
La nuova barbarie che avanza…
Ciò obbliga a dire no all’intera
filiera dell’incenerimento e no alla considerazione dei rifiuti come fonte
energetica alternativa, oltretutto finanziata con incentivi e certificazioni
verdi. Ma contemporaneamente, nelle nuove condizioni delle relazioni produttive,
ecologiche e sociali, cresce la consapevolezza che è necessario uscire
definitivamente dalla fase di resistenza e porre in primo piano la necessità di
utilizzare la forza del movimento per chiedere il blocco delle produzioni
nocive, l’avvio di programmi concreti ed estesi di riduzione della produzione
dei rifiuti e di allungamento del ciclo di vita delle
merci.
Questa appare l’unica soluzione per
far cessare la distruzione dei beni collettivi, dei patrimoni ecologici, della
materia e delle fonti energetiche, prodotta dall’attuale sistema economico e
sociale.
I comitati popolari, le associazioni
ecologiste, i sindacati e le realtà di base, i movimenti europei dei lavoratori,
i forum sociali locali, il Forum ambientalista italiano, presenti al FORUM
SOCIALE EUROPEO, si impegnano ad attivare forme di collegamento, a definire
nuovi obiettivi, vertenze da attivare sul piano europeo, proposte di riduzione e
di gestione alternativa dei rifiuti, e propongono all’insieme del movimento, ai
gruppi di base, alle associazioni ecologiste, ai tanti comitati popolari attivi
in Europa, alle forze politiche che intendono sostenere l’obiettivo strategico
“Rifiuti Zero”, di costituire una RETE CONTINENTALE PER USCIRE DALL’EUROPA DEI
RIFIUTI che abbia tra gli scopi dichiarati quello di influire sulle politiche
concrete dell’Unione europea e dei singoli Stati, in modo che vengano normate ed
attivate soluzioni per la riduzione della produzione dei rifiuti, verso
politiche “zero rifiuti” (zero waste).
Si impegnano quindi per la
costruzione di una Agenda europea di vertenze, progetti e proposte, anche
attraverso la proposta di una giornata europea annuale promossa dalle realtà del
movimento, in favore delle produzioni pulite, per l’allungamento del ciclo di
vita delle merci e contro l’intera filiera
dell’incenerimento.
Una coerente politica di gestione dei
rifiuti domestici, industriali, agricoli e sanitari non può non partire da una
ridefinizione dei processi produttivi e di consumo ed essere fondata sulla
tutela della salute della popolazione, sui principi di precauzione e di
prevenzione, sul diritto alla stessa quantità di beni ecologici da parte di
tutti i popoli, su un futuro sostenibile dei territori. Per queste ragioni
proponiamo politiche concrete volte alla:
0 – Ripensare le forme delle aziende
pubbliche che trattano i: BENI COMUNI
1 – Riduzione della produzione dei
rifiuti attraverso la introduzione e la diffusione di cicli produttivi puliti
(Clean productions). Diffusione delle esperienze più fertili in materia di
risparmio di materia e di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Messa al
bando di qualsiasi concezione di uso dei rifiuti come fonte energetica
rinnovabile, e dei conseguenti finanziamenti attraverso incentivi e/o
certificazioni verdi.
2 – Avvio di programmi concreti ed
estesi di riduzione della produzione dei rifiuti e di allungamento del ciclo di
vita delle merci. Introduzione, attraverso dispositivi normativi cogenti, della
valutazione del ciclo di vita dei prodotti (LCA), anche disincentivando sul
piano dei finanziamenti e fiscale la riduzione della vita degli oggetti ed
incentivando l’allungamento del loro ciclo di vita.
Individuazione delle merci la cui
produzione e il cui trattamento è fonte di pericolo per la salute e l’ambiente,
prevedendo all’interno di convenzioni internazionali normative cogenti per la
loro progressiva eliminazione. Interdizione della importazione e del libero
scambio delle suddette merci. Divieto dell’immissione sul mercato di imballaggi
polimateriali, di difficile riciclaggio e contenenti sostanze
tossiche
3 – Blocco dei processi di
privatizzazione dei servizi e delle aziende, della formazione di holdings miste,
che sono in realtà una svendita ai privati, anche di ‘saperi produttivi’. I
servizi ed i beni collettivi che riguardano energia, materia, beni ecologici
devono essere pubblici ed in servizio pubblico.
4 – Riduzione dei rifiuti anche
attraverso l’attivazione da parte delle Aziende pubbliche di sistemi di raccolta
tesi a domiciliarizzare il servizio e finalizzati a responsabilizzare gli utenti
(sistemi porta a porta).
5 – Estensione ed efficacia dei
controlli pubblici in materia sanitaria ed ambientale, oggi inadeguati e troppo
spesso inesistenti. Costituzione di strumenti collettivi di controllo da parte
delle realtà di base, quali “Osservatori popolari”, in grado di far prevalere il
carattere collettivo sugli interessi privati, nelle pianificazioni e nelle
politiche. Strumenti di monitoraggio dei differenti flussi di rifiuti (in
servizio pubblico, industriali, agricoli, pericolosi), anche per evitare il
commercio dei rifiuti con i paesi del Sud e dell’Est.
6 – Accettazione come punto fermo
nella gestione dei rifiuti la separazione delle diverse tipologie di rifiuto
(industriali, domestici, sanitari, agricoli). In conseguenza di ciò blocco dei
processi di assimilazione dei rifiuti industriali ai rifiuti
urbani.
7 – Costituzione di una Banca Dati
europea di conoscenze relative ai rischi sanitari ed ambientali derivanti da
inceneritori e da discariche e/o da specifiche tipologie di rifiuti
(ospedalieri, da agricoltura industriale, da vivaismo); ed anche di esperienze
coerenti ed efficaci in tema di riduzione e di riciclaggio dei
materiali.
8 – Attivazione di una “Filiera del
compostaggio” dei rifiuti organici e dei residui agricoli, anche con la finalità
di contrastare i processi di desertificazione dei suoli, per garantire il
ripristino di sostanza organica e per la tutela della biodiversità. Introduzione
di norme comunitarie, nazionali e locali per incentivare economicamente il
recupero e l’uso di biomasse attraverso processi aerobici ed anaerobici che
aumentano la fertilità dei suoli e abbattono i ‘gas serra’ (CO2). Divieto
dell’incenerimento delle biomasse.
9 – Diffusione di un consumo
consapevole anche attraverso informazioni nelle scuole e programmi didattici
finalizzati, e che coinvolga singoli cittadini e commercianti, utilizzando
strumenti come ‘campagne’; per esempio: per il vuoto a rendere, per l’acquisto
di beni biodegradabili.
10 – Divieto di creazione/utilizzo,
ovunque sia del CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti), o consimili (ecoballe
ecc.), particolarmente nei cementifici in quanto non sottoposti ai controlli ed
ai divieti della più rigorosa normativa degli inceneritori.