Rete Società e Ambiente del Piemonte
Queste pagine vogliono essere uno strumento di lavoro per tutti coloro che in Piemonte sono interessati a costruire e far crescere relazioni e sinergie tra persone, circoli, comitati che si impegnano a livello locale per affermare il diritto democratico dei cittadini a partecipare alle scelte che riguardano il proprio territorio.
Contatta la Rete
 
Home page

Temi

Acqua
Energia
Infrastrutture
Rifiuti
Uso del territorio
Immigrazione
Lavoro
Sanità
 
Scenari
Socio-economico
Politico

PER UNA SOCIETA'

 RADICALMENTE DEMOCRATICA,

CULTURALMENTE PLURALE, GLOBALMENTE SOLIDALE,

 ECONOMICAMENTE GIUSTA, ECOLOGICAMENTE SOSTENIBILE

Introduzione

            Guardando il nostro tempo, si è spesso tentati di giudicarlo con scetticismo.

Cresce un senso di sradicamento, c'è carenza di riferimenti, di ancoraggi, c'è una caduta di tensione personale e sociale, c'è un impoverimento delle basi della convivenza sociale e nel nostro tessuto sociale si aprono nuove aree di sofferenza, di disagio, di abbandono, di emarginazione. Sembra che il cuore della società si indurisca proprio quando sarebbe necessaria e urgente la solidarietà.

            Noi siamo qui perchè crediamo che qualcosa debba accadere. Noi non ci rassegnamo.

Il modello sociale, culturale, economico che oggi prospera

- crea incredibili disuguaglianze e ingiustizie

- distrugge la natura

- riduce l'uomo a merce

- riduce sempre più gli spazi della democrazia.

Noi non crediamo che la ricchezza di un paese si misuri solo col Prodotto interno lordo e che la soddisfazione personale stia solo nell'accumulare senza fine beni materiali.

            L'obiettivo dello sviluppo che consisteva  nell'armonia tra sviluppo umano, massimizzazione della crescita economica e universalizzazione del benessere è fallito.

Il cambiamento nella realtà del mondo del lavoro.

            Una prima grande caratteristica del nuovo liberismo è espressa dal profondo e sostanziale cambiamento nel mondo del lavoro. Abituati per un certo tempo alla crescita economica, a buone possibilità di impiego, ai progressi nell'ambito dell'integrazione e all'estensione delle protezioni sociali, si pensava ormai scongiurata l'esistenza della classe degli "inutili" per il mondo. Ci si ritrova invece quasi di colpo a dover fare i conti con persone e gruppi un tempo più tutelati, che vivono forme di esclusione e precariato.

Aumenta la distanza tra i paesi ricchi e i paesi poveri

e peggiorano i problemi sociali e ambientali

            Il rapporto mondiale sullo sviluppo evidenzia questo fossato tra i Paesi ricchi e i Paesi poveri.

            Alla fine degli anni novanta, 1/5 della popolazione possedeva l'86% della ricchezza mondiale, a fronte dell'1% dei più poveri.

             2,6 miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno.

            Le disuguaglianze aumentano sia tra i Paesi che all'interno dei medesimi, tanto nei Paesi poveri quanto in  quelli ricchi.

            L'economia globalizzata è sistematicamente disincarnata dal contesto umano, sociale e territoriale.

La privatizzazione del mondo

            "Una classe di oligarchi e di loro mercenari, mossi da una volontà di potenza, da una cupidigia e un'ebbrezza di potere senza limiti difendono con le unghie e con i denti la privatizzazione del mondo, che conferisce loro privilegi esorbitanti, astronomiche fortune personali" (Jean Ziegler, La privatizzazione del mondo, Tropea, 2003 pag. 15).

            Nelle mani di questa classe c'è il controllo degli apparati mediatici, indispensabili per la manipolazione dell'opinione pubblica.

            E per dominare questa classe usa vari strumenti tra i quali:

- la guerra che diventa infinita e preventiva

- la colonizzazione del cervello

La guerra ripudiata oggi ritorna

            Perchè la guerra, che era stata ripudiata - un ripudio scritto nei principi fondamentali del diritto internazionale e nella nostra Costituzione - ritorna non solo ad affiancarsi ma a sostitursi alla politica?

            Perchè il sistema economico e politico   che domina il mondo si accorge che "non è in grado di assumere l'intera popolazione mondiale in un progetto comune di vita e di sviluppo, che la fruizione dei beni della terra goduti da 1/5 dell'umanità non si può estendere agli altri 4/5 e allora il sistema ha assunto una parte del mondo contro l'altra" (Raniero La Valle)

            La guerra è dunque dentro questo processo di globalizzazione, è organica a questo modello neoliberista: è una corsa senza freni per il controllo delle risorse: petrolio, acqua, gas, diamanti... Sono precisi interessi a creare gli stati canaglia.

            Il vero obiettivo della guerra non è il terrorismo; la guerra ritorna come presidio di un rapporto di dominio nei confronti dei poveri, come volontà degli USA e dei loro alleati di imporre a qualunque costo il loro dominio su aree considerate di loro interesse.

"Noi siamo andati a Grenada non per andare a difendere gli interessi di qualcun altro, siamo andati a difendere i nostri interessi, perchè ormai i nostri interessi hanno un carattere globale e vanno difesi in qualunque parte del mondo noi li sentiamo minacciati" (Reagan in TV il giorno dopo l'invasione di Grenada - 1993)

La fabbrica dei sogni per fare apparire sempre buono il dio mercato

            Per portare avanti questa politica di dominio è necessario far apparire intrinsecamente buono e democratico il nuovo dio mercato e questa economia globalizzata. Questo è stato possibile attraverso la "mediatizzazione globale, un sistema mediatico cui era stato assegnato il compito di forgiare un'immensa fabbrica dei sogni" (Giulietto Chiesa)

Questo ha fatto perdere il senso della realtà a milioni di persone, rendendole incapaci di vedere ciò che succede realmente. Ed è stato necessario far credere che il mondo in cui viviamo non venga avvertito come uno dei "possibili" mondi, ma come l'unico mondo fuori del quale non si danno migliori possibilità di esistenza" (Gallino, Repubblica 15/8/2003)

            In altre parole c'è stato un grande lavoro per colonizzare le nostre menti, per farci credere - contro ogni evidenza  - di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ci fanno credere che la felicità sia a portata di mano... basta produrre, meglio, consumare.

I nuovi movimenti

            A causa di questa universalizzazione degli interessi economici e delle problematiche sociali e ambientali, a fronte delle crescenti disuguaglianze sociali, della crisi delle istituzioni e della percezione dei rischi globali irrompono con forza sulla fine degli anni '90 movimenti a difesa dei diritti e della dignità dei lavoratori, movimenti per la pace e per la difesa della costituzione e della democrazia, per la solidarietà, la multiculturalità, lo sviluppo sostenibile.

            Questi movimenti cercano di ripensare le politiche liberiste, cercano di contrastare un mercato senza limiti, senza regole, senza responsabilità che condanna all'emarginazione settori sempre più ampi e minaccia la coesione sociale.

            Movimenti e associazioni lottano per denunciare i meccanismi che stanno alla radice delle ingiustizie, della corruzione, dell'illegalità, delle violenze, del degrado ambientale. Lottano per riconquistare  spazi di partecipazione e di controllo democratico.

            Movimenti che non sono contro la globalizzazione ma "contro l'attacco globale al diritto dei cittadini di stabilire regole che proteggano gli individui e il pianeta" (Naomi Klein). I cosiddetti liberi mercati non sembrano tollerare i liberi popoli.

            Anche nella nostra realtà provinciale è viva questa società civile.

Che cosa vogliamo

            Noi non vogliamo cedere al fatalismo che sembra emergere soprattutto in molti segmenti istituzionali della società

- la guerra sarà atroce, drammatica, ma in alcuni casi necessaria

- è folle la distruzione dell'ambiente, ma il dogma della crescita lo esige

- le disuguaglianze sono abissali, ma il mercato ha le sue logiche

            Porre attenzione ai problemi mondiali non vuol dire fuggire dalla realtà locale, ma avere la piena consapevolezza che molti problemi locali sono gli effetti di una specifica ideologia globale.

            Noi siamo qui perchè non ci rassegnamo e per questo siamo convinti della necessità di un pensare alternativo, della necessità di combattere il pensiero unico che domina il mondo.

            Noi crediamo che la felicità non sia la somma delle cose che si hanno.

            Vogliamo un mondo dove la giustizia economica, la responsabilità ecologica prendano il posto dell'arroganza, del consumismo, della competizione.

            Vogliamo farci eco della profezia della nonviolenza per aiutare la politica ad affermare la sua autonomia da ogni ideologia della guerra, dalla logica distruttiva delle armi,

Sviluppando in questo modo lo spirito nonviolento della Costituzione, della Carta dell'ONU, della dichiarazione dei Diritti Umani.

            Vogliamo contribuire a creare legami sociali, reti di soliarietà, contro i guasti dei rapporti mercantili.

            Vogliamo una società nella quale i valori economici cessino di essere centrali o unici, dove l'economia venga rimessa al suo giusto posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine. (Latouche)

            Vogliamo lottare contro lo strapotere del mercato: il corpo, la terra, i beni ambientali non possono essere considerati merci come le altre.

            Vogliamo lottare per la democrazia che non può essere ridotta a sola democrazia elettorale e a tirannide della maggioranza. La democrazia non è concessa, è richiesta.

            Pertanto chiediamo che siano valorizzate tutte quelle forme di economia solidale che stanno nascendo un po' in tutto il mondo e che sono centrate sui bisogni della persona, che rispettano le condizioni di chi lavora, che rispettano l'ambiente.

            Vogliamo dare speranza, fiducia di poter trasformare il nostro futuro col protagonismo di tutti.

            Beati quelli che si ribellano - salmodiava Padre Turoldo - e noi vogliamo continuare a resistere e a dissentire con la testa e con i piedi -come ci suggerisce Latouche- cioè come atteggiamento mentale di rifiuto della complicità e come atteggiamento concreto di ogni forma di autoorganizazzione alternativa.

            Vogliamo continuare a lottare nella prospettiva

                        di una civiltà radicalmente democratica

                        culturalmente plurale

                        globalmente solidale

                        economicamente giusta

                        ecologicamente sostenibile.

Ultimo aggiornamento di questa pagina: 14-gen-05