PER UNA SOCIETA'
RADICALMENTE DEMOCRATICA,
CULTURALMENTE PLURALE, GLOBALMENTE SOLIDALE,
ECONOMICAMENTE GIUSTA, ECOLOGICAMENTE SOSTENIBILE
Introduzione
Guardando il nostro tempo, si è spesso tentati di giudicarlo con
scetticismo.
Cresce un senso di sradicamento, c'è carenza di riferimenti, di ancoraggi, c'è
una caduta di tensione personale e sociale, c'è un impoverimento delle basi
della convivenza sociale e nel nostro tessuto sociale si aprono nuove aree
di sofferenza, di disagio, di abbandono, di emarginazione. Sembra che il cuore
della società si indurisca proprio quando sarebbe necessaria e urgente la
solidarietà.
Noi siamo qui perchè crediamo che qualcosa debba accadere. Noi non
ci rassegnamo.
Il modello sociale, culturale, economico che oggi prospera
- crea incredibili disuguaglianze e ingiustizie
- distrugge la natura
- riduce l'uomo a merce
- riduce sempre più gli spazi della democrazia.
Noi non crediamo che la ricchezza di un paese si misuri solo col Prodotto interno
lordo e che la soddisfazione personale stia solo nell'accumulare senza fine
beni materiali.
L'obiettivo dello sviluppo che consisteva nell'armonia tra sviluppo
umano, massimizzazione della crescita economica e universalizzazione del benessere
è fallito.
Il cambiamento
nella realtà del mondo del lavoro.
Una prima grande caratteristica del nuovo liberismo è espressa dal
profondo e sostanziale cambiamento nel mondo del lavoro. Abituati per un certo
tempo alla crescita economica, a buone possibilità di impiego, ai progressi
nell'ambito dell'integrazione e all'estensione delle protezioni sociali, si
pensava ormai scongiurata l'esistenza della classe degli "inutili"
per il mondo. Ci si ritrova invece quasi di colpo a dover fare i conti con
persone e gruppi un tempo più tutelati, che vivono forme di esclusione e precariato.
Aumenta la
distanza tra i paesi ricchi e i paesi poveri
e peggiorano
i problemi sociali e ambientali
Il rapporto mondiale sullo sviluppo evidenzia questo fossato tra
i Paesi ricchi e i Paesi poveri.
Alla fine degli anni novanta, 1/5 della popolazione possedeva l'86%
della ricchezza mondiale, a fronte dell'1% dei più poveri.
2,6 miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno.
Le disuguaglianze aumentano sia tra i Paesi che all'interno dei
medesimi, tanto nei Paesi poveri quanto in quelli ricchi.
L'economia globalizzata è sistematicamente disincarnata dal contesto
umano, sociale e territoriale.
La privatizzazione
del mondo
"Una classe di oligarchi e di loro mercenari, mossi da una
volontà di potenza, da una cupidigia e un'ebbrezza di potere senza limiti
difendono con le unghie e con i denti la privatizzazione del mondo, che conferisce
loro privilegi esorbitanti, astronomiche fortune personali" (Jean
Ziegler, La privatizzazione del mondo, Tropea, 2003 pag. 15).
Nelle mani di questa classe c'è il controllo degli apparati mediatici,
indispensabili per la manipolazione dell'opinione pubblica.
E per dominare questa classe usa vari strumenti tra i quali:
- la guerra che diventa infinita e preventiva
- la colonizzazione del cervello
La guerra ripudiata
oggi ritorna
Perchè la guerra, che era stata ripudiata - un ripudio scritto nei
principi fondamentali del diritto internazionale e nella nostra Costituzione
- ritorna non solo ad affiancarsi ma a sostitursi alla politica?
Perchè il sistema economico e politico che domina il mondo si
accorge che "non è in grado di assumere l'intera popolazione mondiale
in un progetto comune di vita e di sviluppo, che la fruizione dei beni della
terra goduti da 1/5 dell'umanità non si può estendere agli altri 4/5 e allora
il sistema ha assunto una parte del mondo contro l'altra" (Raniero
La Valle)
La guerra è dunque dentro questo processo di globalizzazione, è
organica a questo modello neoliberista: è una corsa senza freni per il controllo
delle risorse: petrolio, acqua, gas, diamanti... Sono precisi interessi a
creare gli stati canaglia.
Il vero obiettivo della guerra non è il terrorismo; la guerra ritorna
come presidio di un rapporto di dominio nei confronti dei poveri, come volontà
degli USA e dei loro alleati di imporre a qualunque costo il loro dominio
su aree considerate di loro interesse.
"Noi siamo
andati a Grenada non per andare a difendere gli interessi di qualcun altro,
siamo andati a difendere i nostri interessi, perchè ormai i nostri interessi
hanno un carattere globale e vanno difesi in qualunque parte del mondo noi
li sentiamo minacciati" (Reagan in TV il giorno dopo l'invasione di Grenada - 1993)
La fabbrica
dei sogni per fare apparire sempre buono il dio mercato
Per portare avanti questa politica di dominio è necessario far apparire
intrinsecamente buono e democratico il nuovo dio mercato e questa economia
globalizzata. Questo è stato possibile attraverso la "mediatizzazione
globale, un sistema mediatico cui era stato assegnato il compito di forgiare
un'immensa fabbrica dei sogni" (Giulietto Chiesa)
Questo ha fatto perdere il senso della realtà a milioni di persone, rendendole
incapaci di vedere ciò che succede realmente. Ed è stato necessario far credere
che il mondo in cui viviamo non venga avvertito come uno dei "possibili"
mondi, ma come l'unico mondo fuori del quale non si danno migliori possibilità
di esistenza" (Gallino, Repubblica 15/8/2003)
In altre parole c'è stato un grande lavoro per colonizzare le nostre
menti, per farci credere - contro ogni evidenza - di vivere nel migliore
dei mondi possibili. Ci fanno credere che la felicità sia a portata di mano...
basta produrre, meglio, consumare.
I nuovi movimenti
A causa di questa universalizzazione degli interessi economici e
delle problematiche sociali e ambientali, a fronte delle crescenti disuguaglianze
sociali, della crisi delle istituzioni e della percezione dei rischi globali
irrompono con forza sulla fine degli anni '90 movimenti a difesa dei diritti
e della dignità dei lavoratori, movimenti per la pace e per la difesa della
costituzione e della democrazia, per la solidarietà, la multiculturalità,
lo sviluppo sostenibile.
Questi movimenti cercano di ripensare le politiche liberiste, cercano
di contrastare un mercato senza limiti, senza regole, senza responsabilità
che condanna all'emarginazione settori sempre più ampi e minaccia la coesione
sociale.
Movimenti e associazioni lottano per denunciare i meccanismi che
stanno alla radice delle ingiustizie, della corruzione, dell'illegalità, delle
violenze, del degrado ambientale. Lottano per riconquistare spazi di partecipazione
e di controllo democratico.
Movimenti che non sono contro la globalizzazione ma "contro
l'attacco globale al diritto dei cittadini di stabilire regole che proteggano
gli individui e il pianeta" (Naomi Klein). I cosiddetti liberi
mercati non sembrano tollerare i liberi popoli.
Anche nella nostra realtà provinciale è viva questa società civile.
Che cosa vogliamo
Noi non vogliamo cedere al fatalismo che sembra emergere soprattutto
in molti segmenti istituzionali della società
- la guerra sarà atroce, drammatica, ma in alcuni casi necessaria
- è folle la distruzione dell'ambiente, ma il dogma della crescita lo esige
- le disuguaglianze sono abissali, ma il mercato ha le sue logiche
Porre attenzione ai problemi mondiali non vuol dire fuggire dalla
realtà locale, ma avere la piena consapevolezza che molti problemi locali
sono gli effetti di una specifica ideologia globale.
Noi siamo qui perchè non ci rassegnamo e per questo siamo convinti
della necessità di un pensare alternativo, della necessità di combattere il
pensiero unico che domina il mondo.
Noi crediamo che la felicità non sia la somma delle cose che si
hanno.
Vogliamo un mondo dove la giustizia economica, la responsabilità
ecologica prendano il posto dell'arroganza, del consumismo, della competizione.
Vogliamo farci eco della profezia della nonviolenza per aiutare
la politica ad affermare la sua autonomia da ogni ideologia della guerra,
dalla logica distruttiva delle armi,
Sviluppando in questo modo lo spirito nonviolento della Costituzione, della
Carta dell'ONU, della dichiarazione dei Diritti Umani.
Vogliamo contribuire a creare legami sociali, reti di soliarietà,
contro i guasti dei rapporti mercantili.
Vogliamo una società nella quale i valori economici cessino di essere
centrali o unici, dove l'economia venga rimessa al suo giusto posto come semplice
mezzo della vita umana e non come fine. (Latouche)
Vogliamo lottare contro lo strapotere del mercato: il corpo, la
terra, i beni ambientali non possono essere considerati merci come le altre.
Vogliamo lottare per la democrazia che non può essere ridotta a
sola democrazia elettorale e a tirannide della maggioranza. La democrazia
non è concessa, è richiesta.
Pertanto chiediamo che siano valorizzate tutte quelle forme di economia
solidale che stanno nascendo un po' in tutto il mondo e che sono centrate
sui bisogni della persona, che rispettano le condizioni di chi lavora, che
rispettano l'ambiente.
Vogliamo dare speranza, fiducia di poter trasformare il nostro futuro
col protagonismo di tutti.
Beati quelli che si ribellano - salmodiava Padre Turoldo - e noi
vogliamo continuare a resistere e a dissentire con la testa e con i piedi
-come ci suggerisce Latouche- cioè come atteggiamento mentale di rifiuto della
complicità e come atteggiamento concreto di ogni forma di autoorganizazzione
alternativa.
Vogliamo continuare a lottare nella prospettiva
di una civiltà radicalmente democratica
culturalmente plurale
globalmente solidale
economicamente giusta
ecologicamente sostenibile.