La DERIMAU production presenta

 

Un film di Nanni Moretti

 

 

IL GRIGIO

 

Personaggi e interpreti

 

il Grigio – il Grigio

Giorgio – Nanni Moretti

Gabriella – Caterina Deregibus

Moglie di Giorgio – Nancy Brilli

 

Sceneggiatura: Mauro Maggiora

Dall’opera teatrale “Il grigio” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini

 

Musiche originali di Vittorio Nocenzi e interpretate dal Banco del Mutuo Soccorso

 

 

I titoli di testa scorrono sulle immagini di un furgoncino che viaggia per le vie della città le quali pian piano lasciano il posto a strade di campagna fino ad arrivare ad una piccola frazione con poche case. E’ una giornata di sole.

Durante il viaggio del furgoncino e mentre scorrono i titoli di testa, si sente la voce fuori campo del protagonista con un leggero sottofondo musicale.

 

Voce Fuori Campo (Giorgio): Non ne potevo più! Ero davvero stanco! Avevo proprio bisogno di un periodo di vacanza! Beh proprio vacanza no, perché avrei continuato a lavorare, ma sentivo la necessità di allontanarmi da tutto, di vivere più isolato, distante da tutte le volgarità, gli interessi personali… Andavo a vivere in una casetta in campagna, tranquilla e non troppo lontana dalla città. L’ideale per rilassarsi e per “disintossicarsi” dalla frenesia della vita cittadina. E avevo deciso di starci da solo.

Lì per lì Gabriella non l’aveva presa troppo bene ma alla fine aveva capito, anche se si vedeva che non era molto entusiasta della mia decisione.

 

Il furgoncino si ferma davanti ad una piccola casetta

 

 

SCENA 1 interno giorno

 

La MDP passa all’interno della casetta, che è ancora completamente spoglia, e inquadra la porta dalla quale entrano Giorgio (un uomo sulla quarantina) e Gabriella (una ragazza sui vent’anni). Lui evidentemente contento e sorridente, lei un po’ meno.

 

Giorgio (Nanni Moretti): Ecco: questa è la mia nuova casa. E’ ancora un po’ spoglia ma tra poco vedrai come sarà accogliente!

Gabriella (Caterina Deregibus): Come sei allegro!

Giorgio: Sì! Sono davvero felice di questa mia scelta. Ho proprio bisogno di staccare per un po’ dal mondo e di pensare solo a me stesso. Pensa, non si sente nemmeno il rumore delle macchine.

 

Si sente un leggero fruscio che lei non sente mentre lui si ferma (solo per un attimo) ad ascoltare poi fa finta di niente.

 

Gabriella (triste): Ma… tra di noi adesso cosa succederà?

Giorgio: Ma nulla! Io sono sempre qua, non voglio mica scappare.

Gabriella (improvvisamente): Facciamo l’amore!

Giorgio (imbarazzato): Beh il letto non c’è ancora e il materasso è ancora sul furgoncino ma andarlo a prendere adesso forse è un po’ volgare, no?

Gabriella (ridendo): Si, è vero.

 

La MDP li inquadra dall’interno davanti alla finestra. I due in silenzio si abbassano baciandosi ma la telecamera continua ad inquadrare la finestra (si intuisce che iniziano a fare l’amore) fuori dalla quale si vedono razzolare alcune galline.

 

 

SCENA 2 interno giorno

 

La MDP è in bagno dove si vede il box doccia chiuso e all’interno si intuisce Giorgio che si sta lavando. Esce dalla doccia indossando l’accappatoio e si asciuga. Durante tutto questo la voce fuori campo.

 

VFC (Giorgio): Gabriella se n’era andata ma non aveva portato via con se i miei dubbi. Non so se l’amavo ancora e forse, inconsciamente, è anche per questo che ho deciso di andarmene via. Forse per capire… Ma… Il fatto è che da solo in quella casetta io stavo davvero bene.

 

Si sente di nuovo il fruscio di prima un po’ più accentuato.Il protagonista si ferma all’improvviso poi esce dal bagno e sta in ascolto. Poi sorride e se ne torna in bagno.

 

 

SCENA 3 interno sera

 

La casa ora è piena di mobili e cianfrusaglie non ancora sistemate. Il protagonista è in mezzo alla stanza che cerca di mettere i mobili nella loro giusta posizione. Durante tutto questo la voce fuori campo.

 

VFC (Giorgio): Pensai che quel fruscio fosse solo un’impressione, che non era niente e per un po’ non successe davvero niente.

 

Da una finestra si vede una casa vicina e all’interno di una finestra di questa casa, nella stanza buia, si intravede la luce di un televisore acceso con di fronte una poltrona girata di spalle a noi.

Il protagonista si avvicina lentamente alla propria finestra e si appoggia al davanzale. Si sente in sottofondo il suono del televisore tenuto ad alto volume.

 

VFC (Giorgio): Mi accorsi però di un particolare: dalla finestra si vedeva la luce intermittente del televisore del Colonnello Mazzolini.

 

Giorgio (urlando dalla finestra): E tienila un po’ più alta così la sento anch’io!

 

VFC (Giorgio) (tornando alla sistemazione dei mobili): L’avevo visto qualche giorno prima il Colonnello Mazzolini. Sembra… un colonnello! Fiero, anziano ma tutto impettito. Finiscono tutti così i colonnelli: a coltivare giardini. Non ne ho mai visto uno morire in battaglia. Anche il suo gallo è tutto impettito, infatti gli assomiglia un po’.

 

Si sente il solito fruscio ancora più forte.

 

Giorgio: Ancora!!! Eppure non può essere la televisione, l’ ho sentito veramente, sembrava provenire da sopra, a meno che non stia diventando paranoico. (Avvicinandosi di nuovo alla finestra gridando) Colonnello! Colonnello! Non è che anche lei ultimamente ha sentito…

 

Desiste subito dal gridare, va a sdraiarsi sul divano poi si alza, si siede alla scrivania ed inizia a scrivere. A questo punto le immagini vanno in sequenza (prima lentamente poi sempre più velocemente) su diversi oggetti della casa alternati all’immagine del protagonista che scrive e all’immagine della finestra del Colonnello Mazzolini con il televisore acceso. Musica all’inizio soffusa e dolce fino ad un crescendo finale. Durante tutto questo la voce fuori campo.

 

VFC (Giorgio) (all’inizio tranquilla poi sempre più agitata): Macché, il Colonnello probabilmente era anche un po’ sordo. Però a dire la verità io non ce l’avevo col Colonnello Mazzolini. Quello che mi infastidiva più di tutto era l’idea che in quella casa che mi ero scelto per isolarmi dal mondo, il mondo stesso mi stava rientrando prepotentemente dalla finestra.

Se si provasse a dare un nome a questa nostra epoca come fanno gli storici, tipo… il Romanticismo o il Rinascimento; credo che dovrebbero chiamarla la Volgarità. Di tutto e di tutti.

Io che ero venuto in quella casa senza TV, radio, giornali… ingenuo… ecco che mi rientrava dalla finestra tutto ciò da cui ero fuggito. Sarà stato anche solo un simbolo, certo, ma faceva da lente di ingrandimento… della Volgarità… La Volgarità di tutto: degli uomini, del successo, delle facce… dei politici, degli attori, dei giornalisti, dei cantanti… di tutto il mondo… tutto dentro quella scatola, quella fluorescenza… tutto dentro la TV… tutta la volgarità… fino addirittura al male fisico dentro di sé che abbruttisce tutti… perché è dentro tutti quanti la Volgarità… la Volgarità dello scoop, dell’informazione… dovunque vai ti raggiunge… non c’è posto dove non ci sia… ti colpisce, ti annienta… la fluorescenza… il pubblico che applaude, i biscottini, i preservativi… (il protagonista si alza dalla scrivania e si sdraia sul divano evidentemente sudato ed agitato, sempre immagini in sequenza) mi viene da vomitare… ce l’abbiamo addosso questo cancro… e invece di vergognarsi se ne parla anche, si discute… questo sì, questo no, questo va bene, questo non va bene… bisognerebbe stare zitti almeno… sì vado via da questa casa, vado via, non mi è mai piaciuta… mi fa schifo… mi fa schifo (si addormenta).

 

Dissolvenza

 

 

SCENA 4 interno mattino

 

La MDP riprende il protagonista che sta facendo una “robusta” colazione.

 

VFC (Giorgio): Forse la sera prima avevo esagerato un po’, anzi,  senza forse. Invece quella mattina stranamente mi svegliai di buonumore

 

Va sulla veranda.

 

VFC (Giorgio): Un buon profumo nell’aria, una luce bellissima intorno con un’ombra. Un ombra???

 

Guarda in alto e vede un topo che cammina e sparisce velocissimo facendo il solito fruscio.

 

Giorgio: Ecco che cos’era. Era un topo!

 

 

SCENA 5 esterno giorno

 

Il protagonista è in auto e dopo un breve viaggio scende davanti ad una ferramenta ed entra. Durante il viaggio si sente la voce fuori campo.

 

VFC (Giorgio): Un topo. Era un topo. In effetti non era nemmeno piccolo ma dà un certo sollievo l’aver scoperto la causa di quegli strani fruscii. In fondo, pensavo, un topo è meglio di un fantasma, è più alla mia portata.

 

 

SCENA 6 interno ferramenta

 

Si vede che parla con il commesso.

 

VFC (Giorgio): Comunque era meglio cercare subito un rimedio.

 

Commesso: Non lo sottovaluti, ‘Lui’ è molto intelligente…

 

 

SCENA 7 esterno giorno

 

Di nuovo fuori, si vede il protagonista uscire dalla ferramenta con una enorme busta di plastica che riesce a trasportare con fatica, la mette nel baule dell’auto e riparte. Durante queste azioni e per il breve viaggio di ritorno si sente la voce fuori campo.

 

VFC (Giorgio): Non si poteva dire che il commesso non fosse stato convincente. Sapeva tutto sui topi o almeno così sembrava. Lo chiamava ‘Lui’. Mi aveva spiegato anche che ‘Lui’ era in grado di succhiare l’olio infilando la coda nelle bottiglie, e che, quando erano in due, avevano un metodo particolare per rubare le uova: uno, sdraiato sulla schiena, tiene l’uovo sulla pancia mentre l’altro, con i denti, lo tira per la coda. Che senso del sociale!

Comunque comprai due o tre trappole… beh forse qualcuna in più e anche delle strane palline che hanno il potere di mummificare. Mi aveva invece sconsigliato, per decoro, il collante in quanto il topo, preso nella colla ancora vivo, lancia segnali strazianti per avvertire gli altri del pericolo. Un martire!

 

SCENA 8 interno giorno

 

Si vede il protagonista che monta le trappole.

 

VFC (Giorgio): Decisi di non utilizzare subito le palline ma nonostante le trappole per due giorni non successe niente. Provai allora con il Parmigiano Reggiano stagionato, magari era solo un po’ viziato.

 

 

SCENA 9 esterno giorno

 

Si sdraia su una sdraio in giardino. Si vede in lontananza il Colonnello Mazzolini che innaffia il suo orto e guarda di sottecchi il protagonista.

 

VFC (Giorgio): Da quanto tempo non prendevo il sole! Mia moglie invece lo faceva sempre. Per lei io ero il ”Pensatore”, “Pensatore con l’alibi del sentimento” ecco come mi chiamava.

 

Giorgio (al colonnello): Buongiorno.

 

VFC (Giorgio): Non gli dissi altro, anche perché lui non mi rispose e mi guardava come fossi un delinquente. Sarà forse per la chitarra, chissà forse se avessi scelto il violino mi avrebbe rispettato.

Chi suona il violino è sempre una persona seria!

 

 

SCENA 10 interno mattino

 

Il protagonista sta facendo colazione mentre una signora grassa sta facendo le pulizie di casa.

 

VFC (Giorgio): La mattina dopo mi svegliò la donna delle pulizie, un donnone anziano, autoritario e bruttino: proprio come dovrebbero essere tutte le donne di servizio. Che ordine! E che temperamento! Provai a chiedere…

 

Giorgio (timido): Mi scusi… ma … per caso… non è che qui ci sono… dei topi?

 

Donna delle pulizie (urlando): Ma quali topi? Queste sono case, non sono mica delle stalle!!!

 

VFC (Giorgio): E pensare che con il Colonnello era gentilissima. Comunque sono stato fortunato: se vedeva le trappole mi denunciava!!!

 

La donna delle pulizie se ne va e il protagonista controlla le trappole che sono tutte vuote.

 

VFC (Giorgio): Aveva mangiato tutto, le trappole erano tutte vuote e il formaggio era sparito! Bravo! Percorso netto!

 

 

SCENA 11 interno giorno

 

Si vedono Giorgio e Gabriella seduti che parlano.

 

VFC (Giorgio): E’ vero, nei giorni seguenti fui un po’ scostante con tutti ma avevo sempre nella mente ‘Lui’, il Grigio. Non riuscivo a non pensarci. Anche quando veniva Gabriella e mi parlava di noi, del marito, della bambina, si certo, erano problemi anche miei, parlavo, rispondevo, ci pensavo… soprattutto alla bambina. Ma era come se una parte di me… si, era come se ‘Lui’ stesse entrando troppo nella mia vita.

 

 

SCENA 12 interno giorno

 

Il protagonista sta parlando al telefono.

 

VFC (Giorgio): E pensare che non volevo mettere neppure il telefono. Mi telefonò mio figlio. Gli voglio bene a mio figlio, peccato che non abbia voglia di fare niente. Ogni anno cambia liceo, non ce n’è uno che gli vada bene. Mia moglie dice che mi assomiglia “il pensatore fannullone, proprio come te” dice mia moglie.

 

Giorgio (al telefono): Sì, sì, vieni pure a trovarmi, anzi vieni subito e… porta anche il gatto.

 

Si sente al telefono il figlio di Giorgio: Tobia?!? Ma se non lo hai mai potuto sopportare!

 

Giorgio (al telefono): Ma no… è un bel gattone, un po’ di campagna non può che fargli bene.

 

 

SCENA 13 interno giorno

 

La MDP inquadra la porta dalla quale entra il figlio di Giorgio, un ragazzo sui 18 anni molto timido.

 

Giorgio: E il gatto?

 

Figlio: Sono venuto col motorino.

 

Il figlio rimane fermo in piedi guardando il pavimento.

 

VFC (Giorgio): Era venuto senza gatto! Certo, mio figlio mi assomiglia proprio, questo tipo di timidezza la conosco, mi appartiene fin nelle ossa. Forse qualcosa nella vita l’ ho fatta anch’io. Fare un figlio non è mica poco.

 

 

SCENA 14 interno poi esterno sera

 

Il protagonista sistema palline un po’ dappertutto prima in casa e poi anche in giardino.

 

VFC (Giorgio): Decisi di passare alle palline. Bella la mummificazione, perfetta, senza sangue. Inizialmente piazzai palline in tutti i posti in cui pensavo potesse passare ma poi, preso dall’enfasi, esagerai un po’ mettendone anche in giardino una bella fila, sperando che non venisse nessuno. Un ottimo lavoro!

 

SCENA 15 interno poi esterno mattino

 

Il protagonista si alza dal letto e va a controllare le palline.

 

VFC (Giorgio): Quella notte non dormii molto ma la mattina ero eccitato ed, ancora in vestaglia, andai a verificare…

 

Giorgio (eccitatissimo): Eccole, mangiata… giardino? Mangiata… mangiata… aiuole… mangiata… dietro l’angolo…NOOOO!!!

 

Si vede il gallo mummificato.

 

VFC (Giorgio): Il gallo del Mazzolini!!! Ebbene sì, il gallo del Colonnello Mazzolini era lì fermo, duro e maestoso. Una statua!

 

Il protagonista, sudatissimo, prende una pala e scava una piccola fossa per il gallo.

 

VFC (Giorgio): Cercai di fare il più in fretta possibile, per fortuna erano tutti a messa. Quella notte l’avrei poi dissotterrato e gettato in un fiume.

 

Dissolvenza.

 

 

SCENA 16 interno giorno

 

Il protagonista è seduto alla scrivania e sta scrivendo.

 

VFC (Giorgio): Anche se tra di noi ormai era la guerra, e come sempre in guerra ci aveva rimesso un innocente, mi sembrava che qualcosa ci legasse. Certo l’avevamo combinata grossa con la storia del gallo. C’era però qualcosa che ci univa, un segreto, una specie di complicità.Mi stava quasi diventando simpatico.

 

Entra dalla porta della stanza un uomo sulla cinquantina, molto imponente e severo.

 

VFC (Giorgio): Il mio impresario è una persona che incute un certo rispetto e soprattutto non ride mai. Gli parlai del mio nuovo progetto, gli feci vedere anche sul videotape uno spezzone di un vecchio film dal quale avevo preso ispirazione.

 

Si vede quanto descritto dalla voce

 

VFC (Giorgio): Infine gli consegnai il dattiloscritto.

 

Silenzio. Il protagonista si accorge con terrore che i fogli sono leggermente mangiucchiati ai bordi. E nota in quel momento alcuni piccoli escrementi sulla scrivania. Impallidisce temendo che l’impresario se ne possa accorgere. Alla fine di una velocissima lettura l’impresario fa un’espressione soddisfatta annuendo. Giorgio sta per tirare un sospiro di sollievo quando l’impresario prende con due dita una cacca e gliela consegna sul palmo della mano.

 

Giorgio (imbarazzatissimo): Grazie, sono contento che le sia piaciuto!

 

 

SCENA 17 interno sera

 

Il protagonista piazza luci e videotape nella stanza.

 

VFC (Giorgio): Ero veramente scoraggiato. ‘Lui’ non solo era intelligente ma anche curioso. Aveva frugato fra le mie carte, il maledetto. Ormai sapeva tutto di me ed io non sapevo niente di lui. Nemmeno da dove passava. Ma io avevo la tecnologia dalla mia parte. Piazzai il videotape facendo un bel totale della stanza e accesi tutte le luci che avevo a disposizione compreso qualche faretto. Dopodiché me ne andai a letto non senza aver prima preso qualche tranquillante.

 

Il protagonista è a letto.

 

VFC (Giorgio): Ma avevo appena preso sonno quando…

 

Giorgio: AAAAAAAAHH!!! Cos’è stato? Cos’è stato? Dio mio… una bestia… che schifo… dei peli… il topoooo!!!

 

Il protagonista si dimena, si agita, annaspa, si alza barcollando, accende la luce, la lampada barcolla, corre in bagno scivolando e inciampando. E’ intontito dai tranquillanti. In bagno apre il rubinetto del lavandino e si sciacqua.

 

VFC (Giorgio): Due secondi tremendi. Un contatto schifoso. ‘Lui’ mi era venuto addosso. Era una provocazione, una sfida!

 

Ancora mezzo intontito esce dal bagno e ricordandosi del videotape va a vedere il filmato.

 

VFC (Giorgio): Ero fuori di me, la furia stava quasi annullando l’effetto dei tranquillanti.

 

Si vede l’immagine del filmato registrato: la stanza con ad un certo punto un’ombra che entra in campo e che scende attraverso i tubi dei caloriferi.

 

Giorgio: ECCOLO DA DOVE ARRIVA!!!

 

VFC (Giorgio): Lucidità? Follia? Chi lo sa? Accesi al massimo il riscaldamento, così si brucia le zampe, pensai, e mi coricai nuovamente nel letto.

 

Si sente uno sgocciolio.

 

Giorgio (Parla strascicando le parole mezzo addormentato): Cos’è questo rumore? ANCORA LUI??? Ah no, è solo il rubinetto del bagno che perde. Meno male.

 

Si addormenta lasciando la luce accesa.

 

Dissolvenza

 

 

SCENA 18 interno mattino

 

Inquadratura del protagonista nel letto che a fatica cerca di svegliarsi.

 

VFC (Giorgio): Era una bella giornata di maggio ma sembrava fosse già arrivata l’estate. Io appena sveglio in genere sono sempre un po’ intontito ma quella mattina non ricordavo assolutamente nulla di quello che era successo. Rimasi solo un po’ stupito di aver dormito con la luce accesa e di essere in un lago di sudore. Ma non fu il caldo a svegliarmi…

 

Si sente il campanello che suona ripetutamente. Si alza e a fatica raggiunge la porta e la apre. Entra la moglie con un atteggiamento deciso, fresca e riposata, capelli morbidi e vaporosi.

 

Moglie (Nancy Brilly) (quasi rimproverando): Ma… che caldo! Ma hai ancora il riscaldamento acceso?

 

Giorgio: No… faceva un po’ freddino… ho acceso un attimo…

 

VFC (Giorgio): Ci saranno stati quaranta gradi!!! In quel momento mi ricordai tutto, ma certo non potevo spiegarle…

 

Lei allarga sul tavolo alcune carte.

 

Moglie: Queste sono le pratiche che mi devi firmare per la nostra separazione. Ho intenzione di risposarmi, sai.

 

Giorgio: E Tobia? Tobia come sta?

 

Moglie: Ma come? Ti sto parlando di cose importanti e tu mi parli del gatto?

 

Giorgio: Ma guarda che per me anche il gatto è importante.

 

Lui firma tutte le carte. Lei cammina per la stanza. Parla ma non si sente quello che dice. I suoi capelli all’inizio vaporosi col tempo si appiattiscono sempre di più, quasi sciolti dal caldo.

 

VFC (Giorgio): E’ vero, ero distratto. Un caldo insopportabile. Gocciolavo. E lei parlava, parlava… non ricordo una sola parola di quello che disse. I miei pensieri andavano ai tubi che dovevano essere roventi, al lavandino che la sera prima perdeva mentre adesso non si sentiva più gocciolare, possibile che il caldo avesse riparato la guarnizione?

 

Moglie: Basta, me ne vado. Qui non si resiste. Ho l’impressione che tu stia poco bene.

 

Lei prende le sue cose e se ne va. Lui, appena uscita chiude il riscaldamento e va in bagno a vedere.

 

Giorgio: NON E’ POSSIBILE!!!

 

La MDP inquadra il bagno con il topo che si rinfresca sotto la goccia del lavandino che perde.

 

 

SCENA 19 interno giorno

 

Il protagonista parla al telefono ma non si sentono le parole. Immagini del protagonista alternate a quelle dei tubi del riscaldamento, al tavolo della cucina pieno di briciole di pane e ad altri particolari della casa.

 

VFC (Giorgio): Quello è stato un periodo di gran confusione… quasi allucinatorio. Non riuscivo più ad occuparmi di nulla. Che effetto che mi ha fatto mia moglie. Dopo tutti questi anni, sette anni di matrimonio, nemmeno una parola sull’amore. Solo il nostro fallimento. Possibile che ci siano stati solo momenti brutti tra di noi? In sette anni qualche momento bello ci sarà stato! Possibile che la memoria si fermi solo sulle brutture?

Anche con Gabriella: all’inizio sono una meraviglia di uomo, l’unico! Poi divento un intellettualino noioso ed egoista, senza tenerezze e senza sentimenti. E adesso c’è anche la bambina che non sa neanche lei di chi è. Ma dico io, anche suo marito… non la poteva fare prima una figlia? No, gli piace il ‘thrilling’!

E tu mi guardi eh! Ma chi sei? L’annunciazione? Come se non li conoscessi abbastanza bene i miei errori! Ce ne sono degli altri? Ma cosa vuoi? Lo scontro? Ebbene tra un po’ ce l’avrai!!!

 

Si vede, mentre il protagonista sta parlando al telefono, il topo che scende dai tubi e va sul tavolo a mangiare le briciole di pane. E si nota che il protagonista se ne accorge.

 

VFC (Giorgio): Mi ero accorto che mentre io ero al telefono ‘Lui’ scendeva a mangiucchiare in cucina. Maledetto! Non mi lasciava mai in pace. Decisi quindi di passare all’azione, allo scontro fisico.

 

 

SCENA 20 interno giorno

 

Il protagonista sta finendo di legarsi attorno al braccio una tavoletta di legno.

 

VFC (Giorgio): Un’arma impropria ma di grande efficacia: un robusto prolungamento del braccio!

Tipico di chi non si fida della propria forza fisica.

 

Il protagonista è ora fermo e teso, nascosto che guarda ora la cucina ora il telefono.

 

VFC (Giorgio): Tutti, tutti mi rompono le scatole sempre e in continuazione nei momenti meno opportuni! Ora che serviva a me non chiamava nessuno! Avevo bisogno di un complice.

 

Stacco su un’altra angolazione del protagonista, che è sempre fermo e teso, nascosto che guarda ora la cucina ora il telefono, ad indicare che è passato qualche minuto.

 

VFC (Giorgio): Mi feci chiamare da mio figlio avvisandolo che non avrei risposto. Lui mi capisce sempre meno ma almeno non fa domande anche se forse si preoccupa un po’.

 

Squilla il telefono molte volte ma non succede niente.

 

VFC (Giorgio): Ma non era solo lo squillo del telefono, era anche la mia voce che gli dava la sicurezza del “via libera”. Registrai allora la mia voce su un nastro con le mie risposte più credibili, avvisai nuovamente mio figlio e non ci furono problemi. Finalmente era giunto il momento.

 

Stacco sulla prima angolazione del protagonista, che è sempre fermo e teso, nascosto che guarda ora la cucina ora il telefono, ad indicare che è passato qualche minuto.

Squilla il telefono.

 

VFC (voce registrata di Giorgio): Pronto… ah, sei tu… non c’è male, non c’è male…

 

Si sente un fruscio poi improvvisamente il protagonista irrompe nella cucina dove il topo è colto di sorpresa sul tavolo.

La musica sottolinea le varie fasi dello scontro.

Scena concitata durante la quale il protagonista urla e il topo squittisce terrorizzato.

Giorgio chiude la porta e sferra un colpo sul tavolo con il suo braccio “prolungato” ma lo manca, lo insegue. Il topo tenta di salire sul tubo ma con un colpo Giorgio lo riatterra, lo stringe in un angolo, si avvicina e sferra un altro colpo ma lo manca e il topo gli salta al braccio e lo morde, Giorgio colpisce ripetutamente e qualche colpo va a segno. Urla di dolore di tutti e due. Con un altro colpo a segno di Giorgio il topo sembra KO ma mentre Giorgio sta per dargli il colpo di grazia il topo si rialza di scatto e velocissimo va sotto il tavolo, Giorgio lo insegue ma va a sbattere la testa violentemente contro lo spigolo del tavolo e cade svenuto.

 

VFC (Giorgio): L’ultima cosa che vidi fu ‘Lui’ che saliva, saliva, saliva… mentre io scendevo, scendevo, scendevo…

 

La MDP che inquadra il protagonista svenuto si alza lentamente ad inquadrare il tubo lungo il quale è sparito il topo poi ridiscende altrettanto lentamente ad inquadrare il protagonista e la scena è diventata un po’ più buia.

 

 

SCENA 21 interno sera

 

Il protagonista di risveglia intontito con una ferita al braccio e una al sopracciglio.

 

VFC (Giorgio): Quando mi risvegliai il dolore nell’anima era certamente più grande del dolore fisico. Pensai in quel momento di abbandonare la lotta, ne era ormai sparito il senso. La morale però premeva dal di dentro e diceva che non si può vivere in quel… raffreddore dell’anima. E’ per questo che c’è bisogno di un nemico… anche inventato.

 

Il protagonista lentamente si sfila la tavoletta di legno dal braccio e la butta lontano.

 

VFC (Giorgio): Questa assurdità del “superare”, questa spinta alla lotta, questa finta corsa alla vita e alla morte, di cui noi non abbiamo alcuna parte cosciente… è il nostro tormento e la nostra delizia.

 

Dissolvenza al nero.

 

 

SCENA 22

 

Lo schermo rimane nero mentre il protagonista parla. Musica di sottofondo.

 

Giorgio: ‘Lui’ è un essere perfettissimo con antenne sensorie capaci di captare ostilità e pericoli in qualsiasi ambiente si trovi… ‘Lui’ è in grado di registrare vibrazioni e frequenze che l’orecchio umano non può percepire… Il suo corpo è ricoperto di pelo color grigio… non metallizzato… con la coda sottile dotata di piccole squame e quasi completamente spelata… Che schifo!… Quando si dice che l’uomo sarà distrutto dall’esaurimento delle risorse terrestri si commette un errore stupido ed irreparabile… E’ ‘Lui’ il nemico!… Perché ‘Lui’ è come l’uomo!… Intelligente, onnivoro e con un’adattabilità forse superiore alla nostra… E’ contro di ‘Lui’ che avverrà lo scontro finale… I bookmakers lo danno vincente… Io NO!!!

 

Un attimo prima di dire “NO” primissimo piano del protagonista.

La MDP lentamente allarga fino a riprendere tutta la stanza, Lui è seduto alla scrivania, stravolto. Interno giorno.

 

VFC (Giorgio): Forse stavo impazzendo ma in realtà non stavo proprio parlando da solo, parlavo a ‘Lui’, anche se non era presente.

 

Giorgio (come rivolgendosi al topo): Orgoglioso, certo, sono orgoglioso. Ma il mio orgoglio non è amore per me stesso. Se mi amassi non mi prenderei a calci come faccio. Il mio orgoglio è per come si dovrebbe essere. Il mio orgoglio è lo schifo di tutto è di tutti. Di te, ma anche di me… beh un po’ meno… Lo vedrebbe anche un gatto che ho l’anima attorcigliata come una matassa!

 

Suona il campanello. Il protagonista apre la porta. E’ il figlio che gli lascia un gatto e se ne va via quasi di fretta.

 

VFC (Giorgio): Sembrava quasi lo avessi chiamato. Finalmente era arrivata la mia arma segreta!

 

La MDP inquadra un grosso gatto dal pelo rosso maculato che gira tranquillo per la stanza alternandolo all’immagine del protagonista che sta trafficando con del cartone e del cordino.

 

VFC (Giorgio): Cercai di non trascurare il lato spettacolare della situazione.

 

Si vede ciò che ha costruito e cioè un piccolo sipario di cartone sollevabile a distanza con un cordino. Il protagonista strofina del pesce sul pavimento da un lato del sipario per far stare lì il gatto. La MDP inquadra in sequenza: Giorgio, nascosto, con il cordino in mano, il gatto dietro al sipario e i tubi dei caloriferi. Ad un certo punto, con il solito fruscio, si vede entrare nella stanza il topo che si avvicina sempre di più al siparietto. Quando il topo è a circa 80 cm dal sipario, Giorgio con il cordino tira su di colpo il sipario e i due (gatto e topo) si trovano improvvisamente uno di fronte all’altro.

Scena grottesca con il gatto che, trovandosi davanti il topo, sgrana gli occhi, si gonfia, alza il pelo, da come è inquadrato sembra un leone minaccioso pronto a colpire; il topo invece abbassa il pelo grigio che sembra quasi luccicare. Per pochissimi istanti i due restano immobili poi il topo emette un solo flebile suono…

 

Topo: Quick!

 

Scena concitata. Musica a sottolineare. A quel suono il gatto scappa via velocissimo ed impaurito, miagolando dal terrore, arrampicandosi sulle pareti, rovesciando vasi, se la fa anche addosso (si vedono escrementi di gatto volare per la stanza), salta sul tavolo, sul frigorifero, si lancia verso la finestra ma la manca con un botto sul pavimento ed un miagolio misto di terrore e dolore, riparte di nuovo: tavolo, frigorifero, questa volta con più rincorsa e ce la fa a saltare fuori dalla finestra correndo come un pazzo.

Silenzio. La MDP inquadra il protagonista immobile a bocca aperta. Poi inquadra il topo ancora fermo dove l’avevamo lasciato.

 

Topo (sembra guardare Giorgio): Quick!

 

Dissolvenza.

 

 

SCENA 23 interno sera

 

Il protagonista è seduto sul divano. Inquadrature sparse della casa che è in un grande stato di caos.

 

VFC (Giorgio): Dunque riassumiamo: avevo ancora un topo in casa. E questo forse si era capito. Una bestia intelligentissima. Non un fantasma… un fantasma forse sarebbe stato più alla mia portata. Ma era un topo. Bastava saperlo. Bastava fare ordine nelle proprie cose. E io avevo deciso di farlo. No, non avevo deciso di riordinare la casa, che nel frattempo era diventata un disastro. Non facevo neanche più venire la donna delle pulizie. Mi vergognavo. Anzi, ne avevo paura. Ma è noto che non è l’ordine esterno che mette in pace le coscienze. L’importante è l’ordine interiore. L’importante è far chiarezza nelle proprie cose, quelle della vita, del presente e del passato. Ed io avevo deciso di farlo!

 

Il protagonista si alza e si prepara qualcosa da mangiare, si siede al tavolo e mangia.

 

VFC (Giorgio): Mia moglie: sì, non è che andava bene ma aveva un suo posto. Io non parlavo con mia moglie ma con la mia ex-moglie! Bastava saperlo. E poi la mia infanzia, la famiglia… sì, mia madre… Ci voleva il coraggio di dire: “Ha sbagliato lei. Era ingiusta e cattiva…” Eliminarla, in un certo senso… sì, ucciderla… per sopravvivere. Ed io in quel momento lo stavo facendo. E’ chiaro. Mai stare in bilico. Bisogna vivere sempre come… su una comoda poltrona.

 

Mentre mangia seduto al tavolo si vede il topo che pian piano entra nella stanza e mangiucchia qualche briciola sul pavimento.

 

VFC (Giorgio): La storia con Gabriella era ancora ambigua? No! Era lo strascico di una storia che stava per finire. E quella bambina? Certo, quella bambina mi teneva un po’ in bilico. Affetto? No, non poteva essere. Fatti di sangue? Cosa contano? Il padre è quello che ci vive insieme. Sì però c’era in me come… una specie di incertezza… che ancora non trovava il suo posto dentro. Bisognava sistemarla meglio. Guai a non sapere cos’è, cosa significa! Ecco, ci avevo pensato ed avevo preso una posizione: certo era sua. Era sua e basta. Gabriella è un’amica che ha una figlia. E’ chiaro che se uno non mette a posto le sue cose, altro che comode poltrone! Non basta neanche il letto se non si sanno le cose.

 

Il protagonista nel frattempo ha finito di cenare e si prepara ad andare a letto. La MDP inquadra ciò che viene descritto.

 

Giorgio: Questo è il mio tavolo… Quella è la mia scrivania… Questa è la casa dove vivo… solo… Là c’è il mio topo che vorrebbe togliermi di sotto le poltrone comode, ma non c’è la fa… Ma!?…

 

Mentre va a letto il topo sembra quasi seguirlo.

 

VFC (Giorgio): Sì, aveva preso anche l’abitudine di seguirmi. Parlarmi no, ma ogni tanto mi guardava fisso. Mi spiava. A volte di notte camminava adagio sui ferri della spalliera del letto.

 

Inquadratura sul protagonista a letto poi lentamente allarga fino a far vedere quattro grosse bacinelle fumanti (ad indicare che sono pieni di acqua bollente) alle gambe del letto. Il topo sembra sparito.

 

VFC (Giorgio): Mi coricai in quella specie di “quadrilaghetto” pieno di vapori. Piccola precauzione. Però ero contento: per ora il… grigio… mi lasciava in pace e avevo messo a posto le mie cose. Bisogna essere in questo stato d’animo prima di spegnere la luce. C’è chi dice le preghiere e c’è chi fa il bilancio. Sì, stavo bene!

 

Si abbassano le luci. Il protagonista inizia ad addormentarsi ma si rigira nel letto agitandosi sempre di più. Poi come in un sogno un po’ sconnesso (quasi come fosse in trance) all’inizio sottovoce, poi concitato, in un progressivo incalzare sia ritmico che lancinante fino ad un grido agghiacciante. Musica prima dolce e lenta poi sempre più intensa a sottolineare le parole.

 

Giorgio: Ecco – probabilmente – si potrebbe immaginare – in questo assurdo – chiamiamolo così – mondo – si potrebbe immaginare – allucinazione – sogno – lampo improvviso – eccola – eccola – condannata – nemmeno il tempo di – fucilazione – fucilazione – tutto pronto – nella piazza – terribile impatto – devo assistere – lampo improvviso – una bambina – piccola – di tre mesi – senza aver mai potuto – diciamo così – vivere – condannata – condannata – fucilazione – devo assistere – in questo assurdo – chiamiamolo così – mondo – una cabina – tutta a vetri – una cabina – un fucile – uno solo – un fucilino – come quelli delle sale giochi – fissato su un perno – sul perno – va a destra, a sinistra – non è libero – è fissato, fissato – va in alto, poi in basso – come quelli che sparano – non importa – agli indiani – agli animali – dietro il vetro – fucilazione – fucilazione – lampo improvviso – la bambina – la bambina di tre mesi – nella cabina – di vetro – in braccio all’inserviente – è pronta – è pronta – la tiene stretta – devo guardare – resto immobile – come se si trattasse – di un castigo – lampo improvviso – dei miei peccati – ipotesi cancellata – non ne avevo – allora probabilmente – si potrebbe dire – la paura – di non soffrire – devo guardare – devo guardare – non posso – il fucile – il fucile si muove – lampo improvviso – resto immobile – senza poter credere – allo schianto – non è vero – non è vero – non è possibile – allucinazione, sogno, incubo – tanti gendarmi – tanti gendarmi – lontani – non erano gendarmi – erano dei topi – tanti topi – enormi – vestiti da gendarmi – ma lontani – lontanissimi – fuori del tempo – fuori del tempo – solo la cabina – di vetro – certo, nella piazza – e poi quel bianco – c’erano tanti fiori bianchi – piccolissimi – tanti fiori bianchi – tanti fiori bianchi – l’inserviente tiene la bambina – dentro il vetro – il fucile si muove nel suo perno – si muove – la bambina si divincola, ha capito – è terrorizzata – riesce ad allontanarsi – allora il fucile esce dal suo perno – esce dal suo perno – e la segue – la segue – è vicino alla faccia, vicinissimo – la bambina si contorce – non vuole – ha due occhi enormi – non vuole, non vuole – è cattiva – improvvisamente diventa cattiva – la bambina – non vuole – ha due occhi enormi, da animale – il fucile la segue – ora è libero nel vuoto – la segue a destra, a sinistra – si avvicina, si avvicina – ecco, la canna dentro alla bocca – dentro alla bocca – ha due occhi enormi, da bove – spaventati, disumani, pieni di orrore – strabuzzati, enormi, pieni di orrore – orrore, orrore, orrore – AAAAAAHHH!!!!

 

Si sveglia e si tira su seduto di colpo sudatissimo e stravolto.

 

Giorgio (sottovoce): Come si fa a mettere a posto le cose quando tutto quello che è importante accade nell’intimo, nell’ombra.

 

Dissolvenza.

 

 

SCENA 24 interno giorno

 

Il protagonista gira stravolto per casa mentre il topo lentamente sembra quasi seguirlo. Poi la MDP inquadra il topo sulla scrivania che sembra giocherellare con vari oggetti, la macchina da scrivere, il videotape.

 

VFC (Giorgio): Purtroppo attraversavo un periodo in cui mi uscivano fuori, senza che lo volessi, tutti i dubbi della mia esistenza. Ricordo quei giorni come un incubo… a porte chiuse. Possibile che fosse ‘Lui’ la causa di tutto? Certo, la sua presenza non era casuale… Niente, non aveva più nessun ritegno. Mi passava accanto tranquillo. Giocava con le mie cose. Anche il videotape…

 

Il protagonista prende il videotape. Ora si vedono le immagini registrate dal videotape: il muso sfocato di un topo.

 

VFC (Giorgio): Certo, non le avevo mica fatte io quelle riprese… brutte, sfocate!

 

Giorgio: Basta! Non ne posso più! Devo eliminarlo!

 

Il protagonista cerca goffamente di aprire il tappo di un barattolo con un grosso cacciavite.

 

VFC (Giorgio): La colla! L’arma micidiale! Ma sì, il decoro, la lealtà. Ma cosa importava? Lo dovevo distruggere!

 

Questa scena ricorda vagamente i film muti comici dei primi del novecento. Musica a sottolineare. Riesce finalmente ad aprire il barattolo. Ha nella mano destra un pennello e nella sinistra gli si è incollato il tappo. Se la scrolla ma non viene via. Si aiuta con l’altra mano ma il tappo si incolla alla mano destra. Istintivamente se l’avvicina alla bocca ma si ferma appena in tempo. Finalmente riesce a staccarsi il tappo dalla mano. Riesce a dare qualche pennellata sul pavimento della sostanza che è appiccicosissima, ma dopo un po’ il pennello non scivola più e si attacca al pavimento. Lo tira con forza. Alla fine si stacca violentemente. Facendogli perdere l’equilibrio all’indietro. Istintivamente si appoggia con una mano e rimane lì fermo. Incollato!

 

VFC (Giorgio): Incollato! Non ‘Lui’, io!

 

Giorgio: MALEDIZIONE!!!

 

Stacco. Il pavimento della stanza è ricoperto di colla con qualche asse di legno sopra.

 

VFC (Giorgio): Con l’aiuto di solventi miracolosi e dopo ore di ingegnoso lavoro mi appostai per aspettare la sua discesa. Per muovermi a mio agio sul pavimento ormai impraticabile usai delle assi di legno, delle specie di passerelle.

 

Ora il protagonista è teso con grosse gocce di sudore che gli cadono sugli occhi.

 

VFC (Giorgio): La casa, se ancora si poteva chiamare così, sembrava un manicomio. Pezzi di formaggio, avanzi sparsi, tavole, cacche di topo, di gatto, barattoli, tappi, cacciaviti…

 

La MDP inquadra, con il punto di vista degli occhi del protagonista allucinati e un po’ annebbiati dal sudore, il topo che cammina tranquillo sulle tavole di legno. Poi torna ad inquadrare tutti e due.

Giorgio è furibondo.

 

Giorgio: Carogna! Infame!

 

Si strappa la camicia di dosso e urlando si getta sul topo ma il topo si sposta appena dietro un barattolo. Giorgio digrigna i denti e gli balza addosso come in una lotta ma il topo non c’è più. Sembra sparito nel nulla.

Giorgio è sempre per terra.

 

 

SCENA 25 interno sera

 

Il protagonista è seduto al tavolo con i pochi vestiti tutti sporchi e appiccicosi e la barba lunga. Sta mangiando del miele da un barattolo e mentre mangia il miele gli cola sul tavolo, sulle mani e sui vestiti.

 

VFC (Giorgio): Non avevo più la forza per tentare di vincere o la generosa rinuncia per vincere alla rovescia. Ero in balia degli eventi.

 

Il topo lentamente entra nella stanza e sale sul tavolo. Il protagonista in questo dialogo con il topo sembra completamente devitalizzato.

 

Giorgio (parla con il topo): Bravo! Vuoi un po’ di miele? Te ne metto un po’ qui. Ecco, questo è tuo.

 

Al topo sembra non interessargli.

 

Giorgio: Non ti piace? Non è mica colla, è buono. Non vedi che lo mangio anch’io? Hai bisogno anche tu di un po’ di calorie.

 

Il topo gli si avvicina sempre più.

 

Giorgio: Ma no! Questo è il mio. Ce l’ hai lì, il tuo… Ma sì, toh! Prendilo.

 

Ora pian piano il protagonista ritrova la forza per immergersi in un’invettiva crescente che arriva a toni altissimi di folle disperazione.

Dall’esterno si avvertono in lontananza i lampi e i tuoni di un temporale.

Musica a sottolineare.

 

Giorgio (rivolto al topo): Bello il temporale! Ti piace?

 

Il topo sembra non ascoltare e lentamente se ne va. Il protagonista è sempre seduto al tavolo.

 

Giorgio: A me piacciono i lampi. Vastissimi e brevissimi. Enormità istantanea. Tutto e presto. In un lampo c’è tutta la vita.

(urlando) Grigio!!! Dove sei?

(di nuovo a voce normale) So a cosa stai pensando. E vorrei anche dire a chi non vuol vederti o preferisce ignorarti che in quanto ad astuzia e malvagità tu superi qualsiasi immaginazione. Crudele! Traditore! Prima mi hai mangiato l’ombra. Poi mi sei entrato dentro per divorarmi. Ma non credere che io stia per morire. Lungi da te l’idea che questo sia il canto del cigno. Tu hai davanti a te un mostro ancora vivo e più cattivo di prima. Un mostro di cui sono lieto tu possa scorgere solo il viso, sicuramente meno orribile dell’anima che tu non vedi… E se l’anima non è bianca è perché Dio è cattivo con gli uomini. A Dio piacciono i fiori, e il verde, e i paesaggi. Ma odia gli uomini.

 

Ora si alza e quasi come impazzito gira per casa. Quando si rivolge a Dio parla rivolto verso l’alto.

 

Giorgio: Dio! Dio! Dio! Me l’ hai mandato tu quel lurido topo che rimescola tutta la melma della mia vita!

Sì, la mia vita… un campionario di aborti che non ho mai avuto il coraggio di raccontare neanche a me stesso. Ma tu li vedi dall’alto, eh!… Non te ne importa… Te la racconto io la mia vita. Perché ora lo so cosa sono. Mi ero costruito per sembrare intelligente, sensibile, affettuoso, quasi perfetto… quasi una persona! E ci ho creduto anch’io. Ma da dove mi è passata la vita, la gente, gli amici, gli amori? Neanche un marchio, un nome inciso, tatuato, qualcosa che mi abbia lasciato un segno sul corpo, una radice profonda! Non una sola cosa che sia diventata parte di me.

E la mia bontà?! Quando mia moglie impazziva, nevrosi, d’accordo, ma intanto impazziva davvero per me, per il nostro sfacelo. E io che facevo? Era più facile che mi venisse una lacrima per un filmaccio di terza categoria che per lei. Ma era giusto così. Certo, perché lei era brutta, nella sua sofferenza. Estetico fino al profondo delle mie budella. Davanti agli altri non ho sbagliato mai! Cercavo di assomigliarti, Creatore! Ma non ho mai sprecato una goccia di sangue e di sudore per gli altri!

E allora, Dio, lascia che io sfoghi i miei sentimenti! Ne ho ancora abbastanza da provocarti fino alla morte. Io colpirò la tua carcassa così forte da farne uscire le rimanenti parti di Bene che non ci hai voluto dare! Sì, quell’Amore a noi sconosciuto che tu ci hai sempre nascosto, astuto bandito, perché l’uomo restasse quell’essere miserabile che tu hai voluto. Sì, perché se circolava un po’ di quella sostanza, che si pensa sia dentro di te, allora sì che avrei potuto smettere di essere così solo e abbruttito. Perché è vero, io ho sbagliato… con l’amore, con le donne, con la vita, con le cose serie e durature. Sì, sono diventato un tirchio… anche nel lavoro. Mi sono ritirato da tutto. Mica per concentrarmi. Per frustrazione. Sì, per la paura di non essere all’altezza, per la paura di deludermi! Paura, sempre paura!

E quando Gabriella voleva venire a vivere da me e voleva che l’amassi, e che amassi quella bambina, di chiunque fosse. Nooo, io il mio debito con la specie l’avevo già pagato. Ce l’avevo già un figlio, io! E chi me lo dava il coraggio di ricominciare qualcosa di impegnativo. Volevo star solo. Non me la potevo assumere una cosa così grossa! Volevo star solo. Vigliaccheria. Vigliaccheria e stitichezza!

Ma tu ci godi eh… a guardare dall’alto la mediocrità! E’ vero, non sono riuscito ad essere niente. Ma se il mondo è quello che vedo, se il mondo sono gli altri, allora io non mi pento affatto dei miei fallimenti. Perché tu volevi che io facessi come tutti, che mi accontentassi di una convivenza tranquilla e pacifica. Bene! Se la vita dev’essere questa io ti dico che tutta quella fauna di delirio, di larve, di scoppiati, di droga, di delinquenza che è lì fuori… è l’unica risposta alla schifezza di mondo che hai creato.

Distaccato, avaro, asettico come un ingegnere meccanico, ti sei divertito a fare un cervello e un cuore perfetto, coi suoi ventricoli e le sue orecchiette, ma senza neanche un sentimento dentro! Forse un po’ di sentimentalismo sudaticcio e pieno di languore. Sensibilità astuta per nascondere l’aridità.

Meno male che poi le carognate tornano fuori sotto forma di bubboni che scoppiano, sì, nel sonno. Illuminazioni che tirano fuori qualcosa, brandelli di vita, ma di quelli agghiaccianti.

 

Ora il protagonista si inginocchia e si china su se stesso con le mani sulla faccia quasi piangendo.

 

Giorgio: Sì, quando mio padre moriva e io l’ ho assistito per giorni e giorni. Paziente, bravo, il più bravo di tutti. Non ne potevo più! Gli avrei dato quintali di morfina pur di dormire. E ho anche tirato un sospiro di sollievo quando ha chiuso gli occhi per sempre. E mi sono inventato che era una liberazione per lui. Non è vero! Non è vero! Era per me! Sono stato contento quando è morto! Però piangevo, piangevo; lurido, egoista, schifoso! Sono più schifoso di quel topo di fogna che mi hai mandato. Sì, è proprio come me, sono io, siamo la stessa cosa, pelosa e ributtante. Tutte creature di Dio!

 

Pian piano si rialza e continua a girare per casa.

 

Giorgio: Ma guardatelo in faccia questo nostro Creatore! Com’è gonfio! Prolifera insieme a noi, insieme al benessere. Ma certo, si sta bene con le nostre comodità, le nostre invenzioni! Con le nostre macchine a tremila cavalli! Gli facciamo scoreggiare le valvole e siamo felici. Così si dimentica un po’ la vita. Quella vera. La sola. Quella che starebbe dentro ogni uomo. Nel cuore. Non nella demenza del cervello!

Mi fa schifo questa idiozia, questa superficialità, questa finzione, questa sporcizia. La detesto. Ma non me ne posso liberare. Me ne vado in giro chiudendo il mio marcio dentro con la stessa disinvoltura con cui maschero la mia impotenza quotidiana.

Però passo da buono, quello sì. Sono anche corretto e generoso. Guarda con mio figlio. Gli ho sempre dato tutto. Sono un padre modello. Non ho mai alzato la voce. Ho fatto tutto quello che voleva. Certo, dovevo farlo. Dovevo farmi amare. Ma io riesco solo a farmi ammirare, mai amare. Perché non amo neanche mio figlio, va bene! No, non lo amo! Non lo amo! Hai capito Creatore?

Ma tu mi perdoni, certo. E mi benedici. E mi baci. Sì, nel profondo della tua Misericordia onnivora hai compassione di me, di tutti. E invece di riscattare l’imbecillità cosmica, ti diverti a guardare nella fogna. Torturatore intoccabile! Voglio liberare l’anima perché prosegua da sola e ti abbandoni, e ti bestemmi.

Guardami: sono tutta la tua sporcizia, sono un essere inutile con la presunzione di lasciare un segno. Un segno della grande idiozia. L’avidità, le speranze abortite, l’orgoglio, le stupide irritazioni, la demenza, le smorfie, la nevrosi isterica, l’angoscia vischiosa, la falsità, la scemenza del raziocinio, la piattezza, le passioni simulate, il melodramma, i finti soli, i sonniferi, i mostri, il sudiciume… il nostro sudiciume… la desolazione… i sensi di colpa… la mamma… le cosce… i culi… i ricordi d’infanzia, la paura della masturbazione, dell’omosessualità, del mondo… la paura di Dio.

 

Ora si siede sul letto.

 

Giorgio: Perché non è così per tutti?

Ho visto le spalle di un uomo che cammina davanti a me. Le ho viste… Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi. Ma si prova una sensazione di sgomento. C’è tutta la banalità umana. Il grigiore quotidiano del capofamiglia che va al lavoro o al suo focolare. I piaceri di cui è fatta la sua esistenza senza scampo. Sì, certo, tutto dentro la naturalezza di quelle spalle vestite. E io lo odio, quell’uomo. E provo uno schifo fisico diretto, senza impegno, senza ideologie sociali. L’intolleranza e il disprezzo che dovrebbe avere un Dio che guarda. Certo che lo odio. Perché attraverso quest’unico uomo li puoi vedere tutti. Costui è ‘tutto’. E’ l’operaio infaticabile. E’ l’impiegato che ride nel suo ufficio. E’ la servetta pettoruta che aspetta di sposarsi. E’ il nuovo ricco sempre più stupido e volgare. E’ il giovane inserito. E’ lo stesso niente, la stessa insensatezza e incoscienza di tutti.

Intelligenti, stupidi… che vuoi che conti? Vecchi, giovani… tutti della stessa età. Uomini, donne… sì, tutti dello stesso sesso, che importa? Residui di persone che non esistono.

 

Si corica nel letto e si addormenta.

 

 

SCENA 26 interno mattino

 

Il protagonista lentamente si sveglia. E’ sporco ed abbruttito, con la barba lunga. Anche la casa è un disastro.

 

VFC (Giorgio): Generalmente si crede che, quando un uomo è al massimo della propria degradazione, solo una grossa rivoluzione, un cambiamento totale sia l’unica possibilità di uscire dalla crisi. In realtà la natura umana forse è meno esigente. A volte basta poco, un piccolo segnale, un suono, un odore, un presagio… a ridare un barlume di vita.

 

Il protagonista si alza e con gli occhi ancora semichiusi va alla finestra. Si sente il canto di un gallo.

 

VFC (Giorgio): Sembrerà superficialità ma nel silenzio di un’alba qualsiasi, dato che ero chiuso in casa da giorni, sentii come il canto di un gallo. Possibile che il canto di quel gallo mi abbia dato la forza di riprendermi da quell’interminabile assurdo delirio?

 

Il protagonista spalanca la finestra e sorride.

 

VFC (Giorgio): Non era solamente una bellissima alba, ma un nuovo gallo più giovane e squillante annunciava l’inizio di un giorno finalmente diverso!

 

 

SCENA 27 interno giorno

 

Il protagonista è indaffaratissimo a rimettere in sesto la casa. Con stacchi ripetuti si vede che lava i pavimenti, spolvera, strofina… Infine va in bagno si fa la doccia, si fa la barba. La MDP inquadra Giorgio allo specchio.

 

VFC (Giorgio): Ero tutta un’altra persona. Non sapevo ancora bene perché facevo tutto questo ma sapevo che bisognava incominciare da qui. Anzi, qualcosa avevo già in mente.

 

La MDP inquadra la porta e si vede il protagonista che la apre ed esce di casa. Ora lentamente la MDP gira su se stessa facendo notare lo splendore e la pulizia della casa in contrasto a com’era prima, e ad indicare che il tempo sta passando (musica). Quando la MDP torna ad inquadrare la porta (è diventata sera), il protagonista entra con un grosso pacco. Ma come entra si blocca, ha visto qualcosa. E’ il topo. I due si guardano per qualche istante poi, facendo finta di niente, il protagonista fischietta indifferente. Il topo se ne va.

 

VFC (Giorgio): Non volevo insospettirlo perché il mio piano era molto elaborato. E soprattutto non doveva vedermi.

 

Appoggia il pacco sulla poltrona. Recupera qualche asse di legno, li mette ai piedi della poltrona e li cosparge di colla. Ora la MDP è dietro la poltrona quindi non vediamo il contenuto del pacco che sta scartando e sistemando proprio sulla poltrona. Accende le lampade e piazza il videotape. Ora si vedono le immagini del videotape: sulla poltrona è seduto, nell’atto di leggere un giornale, una copia perfetta in cartapesta del protagonista, con tanto di capelli, barba, ciglia, sopracciglia e occhiali.

 

VFC (Giorgio): Il piano era elementare: ‘lui’, ingannato dalla mia presenza, mi seguiva dovunque e mi avrebbe certamente raggiunto nei pressi della poltrona dove c’era la colla.

 

 

SCENA 28 esterno mattino poi interno

 

Il protagonista si sveglia dentro un sacco a pelo.

 

VFC (Giorgio): Il sacco a pelo non era molto comodo. Era dai tempi degli scout che non dormivo all’aperto.

 

In preda all’eccitazione corre verso la porta di casa.

Interno. La MDP passa all’interno ad inquadrare la porta che si apre molto lentamente fino ad intravedere la testa del protagonista.

La MDP ora inquadra la sagoma finta del protagonista seduto sulla poltrona ad iniziare dalla testa e lentamente a scendere fino ad inquadrare i piedi con vicino un topo morto incollato.

Spalanca la porta ed entra.

 

Giorgio: ECCOLO LI’!!! Inchiodato! Vittoria! C’e l’ ho fatta! Sono libero!

 

Il protagonista urla, salta e danza. Corre per la stanza esultando come un calciatore che ha appena segnato un goal.

 

VFC (Giorgio): Ero felice. L’incubo era finito.

 

Tornando al topo morto.

 

Giorgio (in tono quasi amichevole): Beh non te la prendere, abbiamo battuto ben altri nemici!

 

 

SCENA 29 esterno giorno

 

La salma del topo è dentro una scatola da scarpe. Il protagonista in giardino chiude la scatola e la mette dentro una piccola buca nel terreno precedentemente preparata, quindi la ricopre di terra.

 

VFC (Giorgio): Anche se non ho mai dato grande importanza alla tradizione dei funerali, quella volta mi sembrò giusto prepararlo con una certa cura.

 

Ci mette sopra anche una piccola croce.

 

VFC (Giorgio): Non credo fosse cattolico, ma non si sa mai.

 

 

SCENA 30 interno giorno

 

Il protagonista è seduto sorridente alla scrivania.

 

VFC (Giorgio): Finalmente la casa era tornata ad essere quell’oasi che tanto avevo desiderato. Ora potevo lavorare in pace.

 

Per un attimo, istintivamente, da un’occhiata ai tubi

 

VFC (Giorgio): Non riesco a definire con esattezza il mio stato d’animo. Certo, mi sentivo liberato… ma in qualche modo…

 

Sorridendo scuote la testa come per scacciare quei pensieri. Si concentra sulla macchina da scrivere, poi guarda la chitarra, poi il videotape.

 

Giorgio: Ah già. Il videotape! Voglio proprio vedere com’è andata.

 

Immagini del videotape: si vede la stanza con il finto Giorgio. Ad un certo punto entra in campo il topo molto lentamente. Cammina fino al punto limite del collante poi si ferma e torna indietro. Per un po’ più niente.

 

Giorgio: Maledizione!

 

Immagini del videotape: poi di nuovo compare il topo che cammina molto lentamente all’indietro. Sta trascinando qualcosa con i denti. E’ un topo morto. Lo trascina e lo scarica sulla colla. Poi l’immagine torna fuori.

 

Giorgio: Oh mamma! E’ un topo morto. E’ la sua copia, il suo doppio! (rivolto al topo) Grigio! Beh? Cosa credi di aver fatto? Mascalzone! Roditore di anime! Sei stato bravo, geniale. Ma non credere che sia finita qui.

 

Il protagonista va lentamente, sconsolato, a sedersi alla scrivania.

 

VFC (Giorgio): Ma mi accorsi subito che il mio tono di voce era cambiato. Sì, lo insultavo ma dietro le mie parole c’era come il piacere che ‘Lui’ ci fosse ancora. No, non il piacere. La necessità. La necessità di qualcuno o qualcosa che non facesse addormentare i tuoi dubbi, che non ti facesse riposare sulle tue presunte comode poltrone. Che strano! Improvvisamente avevo capito che affrontarlo e conviverci era come convivere con la vita, con me stesso, con gli altri.

 

Musica molto dolce.

 

Giorgio (quasi sottovoce): Ho visto le spalle di un uomo che cammina davanti a me. Le ho viste… Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi. Ma si prova una sensazione simile alla tenerezza. C’è tutta la normalità umana. La fatica quotidiana del capofamiglia che va al lavoro. I piaceri di cui è fatta la sua precaria esistenza. Certo, tutto dentro la naturalezza di quelle spalle vestite. Quello che io ora provo per quell’uomo è una comprensione diretta, senza impegno, senza ideologie sociali. Attraverso quest’uomo li posso vedere tutti. Nessuno sa quello che fa, nessuno sa quello che vuole, nessuno sa quello che sa. Intelligenti, stupidi… che differenza c’è? Vecchi, giovani… certo, tutti della stessa età. Uomini, donne… che vuoi che conti? Tentativi di persone che comunque esistono.

Quell’uomo è tutto. Bisognerebbe essere capaci di trovare la consapevolezza e l’amore che dovrebbe avere un Dio che guarda.

 

Musica.

 

FINE

 

Titoli di coda.