Franco Ragusa
La “riforma”
truccata
Elezione diretta del Premier o del Presidente

Si conclude questa breve carrellata sulle questioni istituzionali, manifestando la più viva preoccupazione nei confronti del consenso diffuso che si registra intorno al tema dell'elezione diretta del Premier o di un Presidente della Repubblica con poteri di Governo, e questa volta accennando ai timori per delle possibili svolte autoritarie.

Il sistema francese è un guazzabuglio tale che nel giro di poco tempo trascinerebbe l'Italia in chissà quale deriva antidemocratica di tipo plebiscitario, a meno di non depotenziare totalmente i poteri che ha l'attuale Presidente della Repubblica Francese.
Ma anche con dei poteri attenuati, di fronte alla facile propensione dei parlamentari italiani a spogliarsi di ogni responsabilità, che già ha fatto sì che la figura del Presidente della Repubblica italiana assumesse via via dei connotati più direttivi che di controllo, figure energiche potrebbero ben presto imporsi e, forti della legittimità che gli deriverebbe da un'investitura diretta – e magari anche con un forte apparato dei media al proprio servizio – condizionare fortemente l'attività del Governo e del Parlamento.
L'esperienza storica, del resto, insegna che è bene diffidare di situazioni soltanto all'apparenza perfettamente equilibrate; dove, però, anche una momentanea debolezza dei Parlamenti può facilmente aprire la strada ad una spirale di cause ed effetti non controllabili.

Il sistema americano, al di là degli ovvi timori di una possibile identità di posizioni politiche tra il Presidente e la maggioranza del Congresso, in parte però correggibile dagli elettori attraverso le frequenti elezioni per i rinnovi parziali dell'Organo Legislativo, forse potrebbe dare più garanzie sotto il profilo della tenuta democratica, non essendo prevista la possibilità che un Potere possa essere fatto decadere dall'altro (a parte i casi d'impeachment).
Ma è proprio sotto il profilo dell'efficienza dell'azione di governo che tale sistema presenta dei rischi uguali e maggiori dei sistemi parlamentari, in quanto si rivela particolarmente ingessato laddove non si realizzi la temuta omogeneità politica tra il Presidente ed il Congresso.
La presidenza Clinton è lì a dimostrare come non ci sia stata corrispondenza tra il programma di governo votato dagli elettori ed il programma di governo realizzato dal Presidente. E di questo, tra l'altro, è dubbio che se ne possa fare una colpa a Clinton, di fatto impossibilitato ad assolvere i propri impegni elettorali da un Congresso ostile, anch'esso legittimamente eletto dal popolo.
Salta così, quindi, pure quel principio d'individuazione certa delle responsabilità tanto caro ai fautori di una riforma costituzionale all'americana.

Il sistema con il quale vengono eletti i sindaci, proposto da diverse parti anche se con diverse sfumature, costituisce sicuramente una “trovata” che, ahimè, non fa per nulla sorridere.
A grandi linee, ed anche tenendo conto delle diverse soluzioni proposte che fanno più o meno riferimento a questo sistema13, si stabilisce a priori che il Capo dell'Esecutivo debba essere eletto contestualmente ad una precisa maggioranza parlamentare; anzi, questa è tale proprio per un artificio che la premia in virtù del sostegno dato al Capo dell'Esecutivo eletto.
No, decisamente si tratta di un salto nel buio.
Molto meglio, allora, i sistemi presidenziali dichiaratamente a rischio.


Note La "riforma" truccata

13 Differenze più formali che sostanziali: si veda, ad esempio, anche il caso dell'elezione indiretta proposto dal trio Fisichella-Urbani-Bassanini, attraverso il voto dato alle liste che sostengono un dato candidato ma comunque vincolante ai fini della nomina.


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