Si conclude questa breve carrellata sulle questioni istituzionali, manifestando la più viva preoccupazione nei confronti del consenso diffuso che si registra intorno al tema dell'elezione diretta del Premier o di un Presidente della Repubblica con poteri di Governo, e questa volta accennando ai timori per delle possibili svolte autoritarie.
Il sistema francese è un guazzabuglio tale che nel giro di poco
tempo trascinerebbe l'Italia in chissà quale deriva antidemocratica
di tipo plebiscitario, a meno di non depotenziare totalmente i poteri che
ha l'attuale Presidente della Repubblica Francese.
Ma anche con dei poteri attenuati, di fronte alla facile propensione
dei parlamentari italiani a spogliarsi di ogni responsabilità, che
già ha fatto sì che la figura del Presidente della Repubblica
italiana assumesse via via dei connotati più direttivi che di controllo,
figure energiche potrebbero ben presto imporsi e, forti della legittimità
che gli deriverebbe da un'investitura diretta – e magari anche con un forte
apparato dei media al proprio servizio – condizionare fortemente l'attività
del Governo e del Parlamento.
L'esperienza storica, del resto, insegna che è bene diffidare
di situazioni soltanto all'apparenza perfettamente equilibrate; dove, però,
anche una momentanea debolezza dei Parlamenti può facilmente aprire
la strada ad una spirale di cause ed effetti non controllabili.
Il sistema americano, al di là degli ovvi timori di una possibile
identità di posizioni politiche tra il Presidente e la maggioranza
del Congresso, in parte però correggibile dagli elettori attraverso
le frequenti elezioni per i rinnovi parziali dell'Organo Legislativo, forse
potrebbe dare più garanzie sotto il profilo della tenuta democratica,
non essendo prevista la possibilità che un Potere possa essere fatto
decadere dall'altro (a parte i casi d'impeachment).
Ma è proprio sotto il profilo dell'efficienza dell'azione di
governo che tale sistema presenta dei rischi uguali e maggiori dei sistemi
parlamentari, in quanto si rivela particolarmente ingessato laddove non
si realizzi la temuta omogeneità politica tra il Presidente ed il
Congresso.
La presidenza Clinton è lì a dimostrare come non ci sia
stata corrispondenza tra il programma di governo votato dagli elettori
ed il programma di governo realizzato dal Presidente. E di questo, tra
l'altro, è dubbio che se ne possa fare una colpa a Clinton, di fatto
impossibilitato ad assolvere i propri impegni elettorali da un Congresso
ostile, anch'esso legittimamente eletto dal popolo.
Salta così, quindi, pure quel principio d'individuazione certa
delle responsabilità tanto caro ai fautori di una riforma costituzionale
all'americana.
Il sistema con il quale vengono eletti i sindaci, proposto da diverse
parti anche se con diverse sfumature, costituisce sicuramente una “trovata”
che, ahimè, non fa per nulla sorridere.
A grandi linee, ed anche tenendo conto delle diverse soluzioni proposte
che fanno più o meno riferimento a questo sistema13, si stabilisce
a priori che il Capo dell'Esecutivo debba essere eletto contestualmente
ad una precisa maggioranza parlamentare; anzi, questa è tale proprio
per un artificio che la premia in virtù del sostegno dato al Capo
dell'Esecutivo eletto.
No, decisamente si tratta di un salto nel buio.
Molto meglio, allora, i sistemi presidenziali dichiaratamente a rischio.
13 Differenze più formali che sostanziali: si veda, ad
esempio, anche il caso dell'elezione indiretta proposto dal trio Fisichella-Urbani-Bassanini,
attraverso il voto dato alle liste che sostengono un dato candidato ma
comunque vincolante ai fini della nomina.