Documento finale approvato dal Comitato politico provinciale del 2 luglio 2003

Il fallimento dei referendum del 15 e 16 giugno scorsi rappresenta una sconfitta per tutti i lavoratori italiani, sia per coloro che avrebbero beneficiato dell'estensione delle tutele previste dall'articolo 18, sia per quelli che vedranno, con l'approvazione del ddl 848 bis, venire meno le loro tutele, sia per quelli, precari, parasubordinati, co.co.co, e atipici in genere, che vedono oggi più lontana la possibilità di accedere a garanzia di stabilità del posto di lavoro maggiori di quelle, pochissime, di cui beneficiano oggi.

Tale sconfitta va inquadrata nel contesto dello scontro sociale che si è sviluppato in questi anni nel nostro Paese. Tutto il partito deve quindi interrogarsi sull'esito referendario, su quanto abbiano inciso le politiche liberiste del governo Berlusconi e dei governi di centro sinistra, che hanno comportato un lungo periodo di oscuramento e marginalizzazione della questione del lavoro e dei diritti. Il referendum non è riuscito a sfondare pienamente nella condizione sociale, ad avere la meglio sull'invito all'astensione proveniente da un arco di forze che teoricamente rappresentano oltre il 90% dell'elettorato, che vanno da Confindustria a CISL e UIL, alla Casa delle libertà, alla Margherita, alla maggioranza dei DS.

C'è sicuramente da riflettere sull'uso di uno strumento come quello referendario, ormai usurato e che, storicamente, comporta un astensionismo aggiuntivo a quello delle competizioni elettorali del 15%. In una situazione in cui anche alle elezioni politiche si recano alle urne due elettori su tre, probabilmente sarebbe stato difficile raggiungere il quorum anche se le forze che hanno boicottato il referendum avessero dato indicazione di voto per il "No". Certo è che, con l'attuale rapporto di forze all'interno del parlamento, la via legislativa sarebbe stata ancora più impercorribile di quella referendaria, anche se lo straordinario, talvolta quasi esclusivo, impegno profuso dai militanti del nostro partito nell'ultimo anno e mezzo, per raccogliere le firme e per raggiungere il quorum, rischia, in quanto non accompagnato da un risultato positivo, di frustrarne le aspettative e la volontà.

Il referendum sull'articolo 18, pur nell'importanza del suo significato, ha tuttavia rappresentato solo una battaglia nell'attuale fase dello scontro fra le classi lavoratrici ed il capitale nel nostro paese. L'effetto sortito da tale referendum ha portato lo scontro su terreni più arretrati, o quantomeno più soggetti all'offensiva antisociale del governo Berlusconi e del padronato, ma non ha in alcun modo segnato una sconfitta definitiva delle classi lavoratrici, la cui lotta per la difesa dei propri diritti - e per la conquista di nuovi - continuerà con il persistere della contraddizione "capitale/lavoro", quindi, in ultima analisi, del sistema capitalista.

Pur senza sottovalutare le dimensioni della sconfitta, non devono sfuggire, però, anche alcuni aspetti positivi e importanti: innanzitutto il fatto che il referendum, in continuità con le grandi mobilitazioni degli ultimi due anni, di cui è stato culmine la grande manifestazione dei tre milioni al Circo Massimo indetta dalla Cgil, ha contribuito a mantenere alta l'attenzione e la mobilitazione sulla problematica del conflitto e dei diritti dei lavoratori. Altro dato positivo riguarda il fronte unitario di forze politiche, sindacali e sociali, che si è coalizzato sui due quesiti referendari, che ha un'ampiezza maggiore di quella delle singole forze politiche che hanno promosso il referendum. Queste forze, che vanno dal Prc alla sinistra Ds, dai Cobas alla Cgil, dall'Arci ai Forum sociali, dai Verdi al PdCI, dalla Cub alla Fiom, dopo essersi mobilitate insieme in occasione del Forum sociale europeo e dell'aggressione americana all'Iraq, hanno condotto una battaglia comune su una questione, quella dei diritti del lavoro, non congiunturale, ma strategica, della quale è un segnale chiaro anche l'accordo separato fra Federmeccanica, Fim e Uilm, che esclude la ben più rappresentativa Fiom. A tal proposito il CPP di Pistoia del Prc ribadisce la propria solidarietà a quest'ultimo sindacato, rilevando e sottolineando l'importanza di un'iniziativa come la "Cassa di sostegno e solidarietà", appositamente creata per sostenere le lotte dei metalmeccanici. Rappresentando tali lotte un fattore primario e strutturale nell'attuale fase dello scontro fra capitale e lavoro, invitiamo i cittadini a sostenere tali lotte sottoscrivendo a favore della "Cassa di sostegno e solidarietà".

Inoltre, nell'ultimo anno e mezzo, dall'inizio della raccolta delle firme ad oggi, sono state intessute fittissime reti di relazioni a tutti i livelli, a partire dalla base. Si è sperimentato un buon livello di unitarietà sui contenuti dei quesiti referendari e il 15 e 16 giugno quasi 11 milioni di cittadini (all'incirca i voti del vecchio PCI, due terzi circa dei voti del centro sinistra più il PRC) hanno chiesto un segnale di svolta in termini di difesa del lavoro e dell'ambiente. E' auspicabile, per il bene della sinistra, che quello che è stato "il fronte del Sì", continui a sperimentare forme di unitarietà sui contenuti, continui a portare avanti battaglie comuni sulla difesa del diritto, della pace, del lavoro, dell'ambiente, della scuola pubblica, anche in vista di elaborazione programmatica condivisa, sulla base dei quali andare poi a trattare con le forze più moderate del centrosinistra, in modo da dare peso maggiore a contenuti riformatori che possono quindi caratterizzare i programmi di coalizioni di cui il Prc può essere parte.

Questo deve essere vero a livello nazionale come a livello regionale come al livello locale, ossia provinciale e comunale. Da questo punto di vista occorre aprire immediatamente il percorso che ci porterà, nella prossima primavera, alle elezioni amministrative in numerosi comuni della provincia, due dei quali (Montecatini e Monsummano) sopra i 15.000 abitanti, e al rinnovo dell'amministrazione provinciale. Innanzitutto dando coerenza e organicità alla nostra presenza nelle amministrazioni comunali, caratterizzando l'azione del partito su alcuni punti comuni, validi per tutti, sulla base dei quali addivenire a trattative con le forze del centrosinistra con l'obiettivo di qualificare la politica delle amministrazioni comunali mediante i nostri contenuti. Da questo punto di vista si individuano alcuni punti qualificanti:

- valorizzazione del ruolo politico d'indirizzo dei consigli comunali agendo sugli Statuti degli enti;
- contrasto alle politiche di privatizzazione dei servizi ed, in subordine, dove le privatizzazioni abbiano già avuto luogo, una particolare attenzione ai contratti che devono garantire la qualità e l'economicità del servizio i e la tutela dei lavoratori. Quest'ultimo parametro deve valere per tutte le aziende, cooperative eccetera che svolgono lavori e servizi per conto dell'ente;
- salvaguardia ed incremento del livello di spesa destinata ai servizi sociali e scolastici;
- una contribuzione locale che, in armonia con lo spirito dell'art. 53 della Costituzione, sia ispirata a criteri di progressività;
- adesione degli enti al protocollo "Agenda 21" nella logica della società sostenibile;
- introduzione di elementi di bilancio partecipato;
- contrasto nei confronti delle Società della salute.

Per quanto riguarda l'amministrazione provinciale i punti qualificanti del programma del Prc dovranno riguardare:

- Tutela del territorio
- Viabilità e ambiente
- Verifica dell'efficacia del sistema di formazione professionale

Pur nell'autonomia di scelta dei circoli, inerente questioni locali contingenti, la possibilità di addivenire ad accordi programmatici deve essere valutata attenendosi, a tutti i livelli, al merito della nostra proposta programmatica generale. E' quindi necessario che il processo di elaborazione programmatica interna al partito sia la più vasta, partecipata e condivisa possibile, fermo restando che è da tale processo che dovranno emergere i rappresentanti del Partito negli enti locali. Questo anche in considerazione del fatto che la recente tornata amministrativa ha evidenziato la richiesta, da parte dell'elettorato di sinistra, di un'unità delle forze democratiche e progressiste contro una destra la cui pericolosità per la tenuta democratica del paese è ogni giorno più evidente. Occorre però che questo dato non danneggi l'autonomia di cui deve godere il nostro partito. E' necessario perciò che venga segnata la presenza e l'autonomia del Prc sulla base di chiare e caratterizzanti proposte programmatiche, autonomia di giudizio per quanto riguarda la stipulazione degli eventuali accordi, cura della forza organizzata del partito.

Il Cpp di Pistoia allargato ai segretari e direttivi di circolo, da quindi mandato alla segreteria provinciale di:

1- convocare un incontro con le forze politiche, sindacali, associative, che nella nostra provincia hanno promosso o aderito ai comitati per il "Sì" al referendum sull'art. 18 e sull'elettrodotto coattivo, al fine di verificare la possibilità di proseguire un lavoro comune su temi inerenti alla difesa del lavoro, dell'ambiente, dei diritti, dello stato sociale eccetera.

2- dare inizio ad un processo di elaborazione programmatica per i livelli provinciale e comunale, sui punti caratterizzanti sopra ricordati, mediante la costituzione di due apposite commissioni (una per la provincia, una per i comuni) formate dagli attuali eletti (consiglieri e assessori comunali, consiglieri provinciali), dai segretari dei circoli e da tutti i compagni e le compagne interessati a lavorare in tal senso. Tali elaborazioni dovranno quindi essere confrontati con le forze sindacali, associative, politiche ricordate al punto precedente e quindi, successivamente, con il centro-sinistra nel suo complesso.

Tali punti dovranno essere gli assi della politica del Prc a livello provinciale nell'attuale fase, individuando, in occasione di successive convocazioni ad hoc del CPP, momenti di verifica dello stato di attuazione dei due punti sopra citati.

Proposto dalla Segreteria provinciale
approvato all'unanimità