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L'ambiente naturale
È
questo certamente uno dei più affascinanti ambienti prealpini, per la
grande varietà di forme, per il loro accostamento quasi stridente, per
gli ampi spazi in cui la natura domina incontrastata, pur in presenza di
intense forme di umanizzazìone che ne consentono un facile accostamento
ad escursionisti di ogni tipo di abilità. Sul
piano spaziale la struttura del gruppo è assai semplice, imperniata come
è in un unico allineamento centrale Grigna meridionale - Monte Coltignone
- San Martino e da una serie di diramazioni minori che da questo divergono
in varie direzioni. Tra queste citeremo quelle che dalla Grigna
meridionale si dirigono allo Zucco Pertuso e allo Zucco Portorella oppure
allo Zucco Terale. L’allineamento principale è disposto in direzione
nord-sud, sicché si trova in rotta di collisione con l’asse meridionale
del lago di Lecco, nel quale in effetti strapiomba con una successione di
ripide scarpate appena a nord della conca di Lecco. Tra il solco del
torrente Gerenzone e quella del Caldone compaiono anche le alture del
Monte Melma - Monte Albano. Tutti
questi allineamenti sono comunque disturbati da numerose faglie, che
provocano depressioni e discontinuità anche notevoli. La più consistente
è quella dei Piani Resinelli, ampia e dolcemente raccordata col versante
settentrionale del Monte Coltignone, al punto da rendere possibile
l’individuazione di due distinti gruppi montuosi: quello della Grigna
meridionale vera e propria e quello del M. Coltignone. Geologicamente i
due gruppi costituiscono due distinte anticlinali, la più settentrionale
delle quali è parzialmente sovrascorsa sull’altra. La linea di contatto
con il gruppo del Grignone è meno ampia e depressa, ma ugualmente riconoscibile
con immediatezza, ed è costituita dalle contrapposte valli del Meria e
dei Grassi Lunghi, messe in contatto dal buco di Grigna. L’idrografia
dell’area è relativamente semplice, costituita da torrenti che si
irradiano verso l’esterno dell’allineamento principale. I versanti
occidentali sono colati da nord a sud, rispettivamente dal Meria e dallo
Zerbo. Quelli orientali dal Pioverna e dal Geron suo affluente, dal
Grigna, che aggira il Monte Melma e si immette nel Caldone, e dal Gerenzone.
Tutti questi torrenti appartengono al bacino idrografico del Lario.
Caratteristica comune dei torrenti del versante orientale è quella di
defluire verso sud, compreso il Pioverna che invece successivamente,
raggiunta l’estremità superiore della Valsassina, fa un’inversione ad
U e si dirige verso nord. Dal
punto di vista litologico l’elemento costitutivo delle montagne è
rappresentato da potenti bancate di dolomia massiccia (calcare di Ésino e
calcare metallifero) formatesi circa 200 milioni d’anni fa durante il
Triassico medio (fine Anisico, Ladinico, primo Carnico). In questo
materiale sono intagliati i pinnacoli e i torrioni della Grigna
meridionale e del M. Coltignone, le ripide pareti del San Martino e il
sistema Melma-Albano. A questo corpo principale fanno corona tutta una
serie di altre formazioni, più o meno coeve ma sempre triassiche. Siamo
dunque nel regno incontrastato del primo periodo dell’era Mesozoica. La
distribuzione territoriale di queste formazioni è però estremamente
varia ed irregolare, in quanto compaiono frequentemente inversioni
stratigrafiche, aventi cioè gli strati più giovani sottoposti ai più
vecchi. Ciò è dovuto — come sappiamo — al fatto che il blocco della
Grigna meridionale è sovrascorso su quello del Coltignone. Non infrequentemente,
durante un’escursione che parte dalla zona costiera e risalga i
versanti, si possono incontrare due volte formazioni coeve, una più in
basso, appartenente alla normale serie stratigrafica del Coltignone, e una
più in alto, appartenente alla serie stratigrafica della Grigna
meridionale. Situazione analoga si trova lungo il contatto con il
Grignone. Un esempio tipico è dato dalle formazioni del Carnico,
posteriore al Ladinico, che salendo da Mandello si trovano ai piedi degli
Zucchi Pertuso e Portorello e che si ritrovano ai Piani Resinelli. Altra
"bella" inversione stratigrafica si ha lungo il versante
meridionale della Grignetta, dove affiorano le stratificazioni calcaree
scure dell’Anisico (Calcare di Angolo), più vecchie del Ladinico, che
si sovrappongono al Carnico dei Piani Resinelli. Ai
margini sudorientali e sudoccidentali dell’area compaiono anche
formazioni di dolomia principale del
Norico, facilmente distinguibile per le caratteristiche striature, che lascerebbero
supporre l’episodica emersione di queste rocce di bacino carbonatico.
Contrariamente a quanto verrebbe da pensare, esse non sono geneticamente
legate al blocco Grigna meridionale - Coltignone ma gli sono invece
estranee. Le unità sudorientali, infatti, rappresentate dallo Zucco
Terale e dai Corni del Nibbio, sono considerate un’avanguardia del
blocco dello Zuccone Campelli, sovrascorsa sulle falde sudorientali della
Grigna meridionale. Le unità sudoccidentali, rappresentate dal dosso del
Monte di Borbino, sopra Abbadia, sono invece considerate un lembo delle
formazioni del Triangolo ariano, rimaste isolate dalla frattura su cui sì
è impostato il lago di Lecco. Come
si vede si tratta di una regione litologicamente assai tormentata e varia,
che però apparirà ancora più complessa all’escursionista attento e
appassionato di questi temi. La "caccia" alla formazione è uno
sport molto divertente e gratificante, in questa zona. La
morfologia risente enormemente della complessa combinazione litologica,
alternando ambienti dolci e ondulati a ripide scarpate, torri, pinnacoli
ecc. Le ragioni sono ben note: le formazioni dolomitiche in cui
generalmente si trovano queste asperità morfologiche giacciono su strati
inclinati verso nord, di conseguenza a sud vengono a giorno le testate.
Per di più gli strati sono fortemente fratturati in senso perpendicolare
rispetto ai loro piani di giacitura, sicché i processi erosivi che
intaccano alla base le formazioni provocano il crollo di interi prismi di
roccia, con arretramento ma insieme ringiovanimento della parete. Questo
spiega tra l’altro il fenomeno dell’alta franosità delle zone. Rimane
da chiedersi dove sia finito il materiale franato, visto che quello
rimasto in posto è assai scarso pur trattandosi di un fenomeno che
continua da alcune decine di milioni di anni. La risposta è semplice:
esso è stato asportato e disperso nella pianura padana dalle imponenti
colate glaciali quaternarie e dalla successiva azione dei fiumi. Il
glacialismo quaternario è qui un altro elemento morfologico
importante. Esso è responsabile della obliterazione, sotto coltri
moreniche, di buona parte delle rocce in posto dei bassi versanti. Il
Monte Albano, per esempio, è quasi totalmente nascosto da depositi
morenici. Essi raggiungono quote variabili tra i 1100 metri, sopra
Abbadia, e i 900, ai piedi del Coltignone. Si tratta dei depositi lasciati
dalla seconda delle grandi glaciazioni, quella Mindel, che è stata la più
imponente. Depositi rissiani e wùrmìani si trovano invece più in
basso, generalmente sovrapposti ai precedenti e intervallati da depositi
interglaciali. Le
glaciazioni Mindel e Riss sono state anche le sole ditale potenza da
consentire alla trasfluenza della Valsassina di fare il giro completo
delle Grigne. La colata würmiana, invece, si fermò a Balisio, dove
compaiono belle successioni moreniche fronto-laterali. Nello stesso
periodo, una trasfluenza abduana minore risaliva la valle del Caldone -
Grigna, attestandosi a Ballabio inferiore. La conseguenza fu la formazione
di un lago glaciale nell’attuale conca di Ballabio, le cui forme lo
ricordano chiaramente. All’inizio dell’attuale fase interglaciale fu
poi la risalita lecchese a ritirarsi per prima, cosicché il Grigna ebbe
modo di incidere la diga morenica di Ballabio ed aprirvi una strada verso
sud. Per
motivi non ancora del tutto chiari fu la sezione sud-orientale della
morena a cedere, di modo che il Grigna, che prima giungeva a Lecco tramite
il solco del Gerenzone (troppo profondo per un simile torrente) si scavò
una nuova strada che lo portò a confluire nel Caldone. Tracce
di depositi di argille lacustri non sono infrequenti. I ghiacciai in
risalita, infatti, chiudevano ai torrenti lo sbocco vallivo e ciò dava
vita a laghetti glaciali. Tra
gli agenti morfologici della zona va anche ricordato il carsismo, che in
un ambiente dolomitico
estremamente fratturato ha potuto lavorare intensamente. Tra le cavità
carsiche più conosciute va citata la Grotta di San Giovanni (Crota
de San Giuan), presso Laorca, scavata nel materiale molto cementato di
un’antica frana e ricca di concrezioni interessanti (l’acqua che si
raccoglieva in alcune sue concrezioni a vaschetta era ritenuta miracolosa
per le colture bachicole!). Nei pressi di questa grotta ve ne sono altre
di minore importanza e bellezza. Grotte interessanti si trovano pure in
vai Monastero, sopra Abbadia. Meritava un cenno, una volta, pure la
grotta di Coionghei, perché non è una cavità naturale, ma un’antica
miniera tardoromana nella quale si sono formate concrezioni di un certo
interesse, ma oggi non è più visibile. Al carsismo è pure attribuibile
la scomparsa del torrente che colava il canyon Balisio - Ballabio. Minerali e cristalli sono un altro motivo
di richiamo turistico di questa subregione, i cui giacimenti sono stati
coltivati più volte nel passato. In questi casi le discariche sono spesso
una miniera interessante per il collezionista. La galena (solfuro di piombo) veniva estratta fino a qualche decennio
fa in vai Grande e in vai Calolden. Nello stesso giacimento si trovavano
anche tracce di calamina (silicato
di zinco). Vene zincifere e piombifere sono state trovate anche in altre
zone. Associate a queste vene si possono trovare cristalli di cerussite (carbonato di piombo) smithsonite
(carbonato di zinco) ecc., e nella ganga, di fluente, banite, ca/cito, gesso ecc. Durante i lavori di scasso per
la costruzione della Lecco-Colico sono stati trovati tra Abbadia e Mandello
splendidi cristalli di calcite, dolomite, pirite, bionda, quarzo ecc. Come
per tutta la regione delle montagne lecchesi la flora arborea più
consistente è rappresentata dalle essenze boschive di media altitudine.
Querce, roveri, roverelle, frassini, aceri, e castagni offrono una
piacevole e accogliente copertura ai versanti fin verso i 1200 metri. Più
sopra, fin quasi ai 1600, si fanno più frequenti le betulle e i faggi. Le
belle faggete dei Piani Resinelli meritano una segnalazione. Più sopra
ancora compaiono raro sempreverdi, sopravvissute al diboscamento
forsennato dei secoli passati e mescolate ai cespuglieto. Le
specie floricole minori sono quelle tipiche delle Prealpi, con qualche
caratterizzazione particolare offerta dagli endemismi, presenti anche nel
gruppo della Grigna settentrionale e retaggio di un clima di tipo artico.
La fauna è prevalentemente rappresentata da animali di piccolo taglio:
lepri, volpi, donnole, fame, ghiri, scoiattoli ecc. Il tasso è raro. Si
segnalane caprioli nelle zone meno frequentate del Coltignone - San
Martino. Si spera, grazie ad un’attenta politica di controllo dello
sfruttamento del bosco e dell’attività venatoria e di rimboschimento,
di un ritorno di camosci, stambecchi, aquile reali, cervi e della
mar-metta. Un
ruolo importante nella conservazione e protezione dei patrimonio
fluorofaunistico della zona è assunto dal vasto Parco Valentino ai Piani
Resinelli, del TCI, gestito dalla Comunità Montana del Lane orientale.
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