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Litologia

 

Dal punto di vista litologico siamo prevalentemente nel regno del sedimentario. Il cristallino possiamo nimirarlo, infatti, solo lungo la base del versante settentrionale della Valsassina. Nell’ambito del sedimentario la nostra regione presenta, a grandi linee, una distribuzione delle rocce che da nord a sud si sviluppano in proporzione diretta con la loro età. Siccome però le spinte tettoniche operavano su interi "pacchetti" di rocce è successo che a volte strati più profondi siano sovrascorsi in blocco su strati più giovani, creando successioni stratigrafiche inverse dal punto di vista cronologico.

L’esempio più tipico può essere fornito dal gruppo delle Grigne, la cui principale composizione litologica è di grossi banchi di dolomie massicce. Il sovrascorrimento della Grigna settentrionale sulla Gnigna meridionale ha portato i calcari scuri dell’Anisico (oalcari di Angolo), depositatisi qualche milione d’anni prima delle dolomie e ovviamente ad esse inizialmente sottostanti, a scivolare sul versante nord della Grigna meridionale, dove infatti compaiono al Buco di Grigna.

A parte queste anomalie, la successione delle formazioni litologiche procede cronologicamente, come detto, da nord a sud. Il cristallino, sotto forma di paragneiss più o meno simile a quello costituente buona parte del versante opposto, compare solamente ai piedi del Grignone, emergendo dagli strati alluvionali recenti del Pioverna, nel tratto medio della Valsassina tra Introbio e Cortenova e nel tratto inferiore della Muggiasca dove, per ragioni ricordate, si trova sopra strati più recenti. Si tratta di rocce antichissime formatesi nell’era Archeozoica più di un miliardo di anni fa, come prodotto di intenso metamorfismo cui sono state sottoposte rocce di altro tipo (graniti?, vulcaniti?) per effetto di alte pressioni e di parziale o totale rifusione dei componenti.

Sopra questi strati metamorfici, e talora anche sotto come nella gola del Pioverna, appare invece la formazione dei conglomerati permici, non estesa ma ben evidente per il colore rosa-rossastro, composta alla base dai conglomerati di Ponteranica e più sopra dal più consistente Verrucano lombardo. Queste formazioni sono costituite da depositi deltizi o di bacino di antichi fiumi permiani che trascinavano a valle i prodotti dei processi erosivi. A quell’epoca, infatti, la nostra regione era emersa e prospettava verso est su un ampio bacino continentale esteso dalle Grigne alle Giudicarie. I bordi di questo bacino erano interessati da un’intensa attività vulcanica, che li aveva ricoperti da una vasta coltre di porfidi e i cui ciotoli sono responsabili del colore rosa-rossastro delle formazioni. Gli affioramenti più consistenti di Verrucano si trovano sopra Introbio, nella zona che porta il significativo nome di Sassi Rossi. Alla sua base con un po’ di fortuna, si riesce ad individuare anche il conglomerato di Ponteranica; ma in generale il Verrucano poggia direttamente sui paragneiss prepermici.

Il processo che portò alle formazioni permiche terminò con la lenta, ma progressiva sommersione della regione da parte di un mare proveniente da oriente. Sopra questi strati cominciamo, infatti, a trovare formazioni sedimentarie.

La prima è quella delle marne ed arenarie fini del Servino (Trìassico inferiore, 230 milioni di anni fa, siamo quindi nell’era Mesozoica o Secondaria) depositatesi in ambiente costiero molto basso e perciò periodicamente invaso dalle acque marine che provvedevano a redistribuire uniformemente il materiale. La presenza di banchi ciotolosi fa però pensare che immediatamente alle spalle ci dovessero essere delle alture.

Il Servino è visibile soprattutto in Valsassina, in corrispondenza di una rottura di pendenza ben evidente all’altezza del terrazzo di Parlasco. Le sue formazioni sono frequentemente intruse da filoni molto mineralizzati, e in particolare di ferrite e barite. Il Triassico medio è rappresentato da una stratificazione non particolarmente consistente di calcari visibili in Valsassina, ma affioranti anche ai piedi del Monte Coltignone, sopra Rancio. Calcari scuri molto ben stratificati compaiono alla base delle due Grigne su entrambi i versanti e sono evidenti nelle scarpate che costeggiano il lago di Como da Mandello del Lario a Lierna e da Varenna a Bellano. Rappresentano le sedimentazioni del periodo Anisico. Sono spesso scuri, per la presenza di composti bituminosi e lintercalazione di strati di marne argillose.

Si tratta comunque di formazioni molto differenziate che infatti prendono nomi diversi a seconda delle condizioni in cui sono avvenute le sedimentazioni. Nell’Anisico i nostri principali gruppi (Grignone, Grignetta, Coltignone, Resegone ecc.) costituivano delle piattaforme carbonatiche, aree cioè relativamente poco profonde, separate da profondi e ampi bacini pelagici, nei quali si sono avute deposizioni specifiche: calcari di Angolo, di Prezzo e di Livinallongo. Quest’ultima in particolare, affiorante lungo il versante meridionale e sud orientale della Grigna settentrionale e costituita da calcari grigio-nerastri a stratificazione media, ricchi di noduli di seice, è interessante per le sue intercalazioni arenarie tufacee di color verde, testimonianza dell’intensa attività vulcanica che si era sviluppata nell’entroterra (che di lì ad alcune decine di milioni di anni sarà alpino). A nord-ovest della Grigna settentrionale, invece che un profondo bacino vi era una laguna e i calcari di Perledo-Varenna sono quindi di tipo lagunare. Sulle piattaforme carbonatiche intanto cominciava a depositarsi la do/omia massiccia, meglio identificata come calcare di Esino. Verso la fine dell’Anisico i bacini pelagici finirono per essere parzialmente colmati dai sedimenti, sicché l’ambiente di piattaforma carbonatica si estese su quasi tutta la regione. Il periodo Ladinico, successivo aIl’Anisico, è infatti il periodo della formazione delle rocce costituenti il corpo principale del gruppo delle Grigne, quelle che gli conferiscono la grande varietà e spettacolarità delle forme. L’imponenza della formazione è dovuta al fatto che per tutto il Ladinico, con maggiore o minore regolarità, le piattaforme sono lentamente sprofondate, compensando così la crescita dovuta alla sedimentazione. Con la formazione ladinica abbiamo raggiunto la vetta delle Grigne. Dobbiamo scendere più a sud per trovare le formazioni successive: i calcari del Carnico, marnosi e scistosi, a volte scuri, a volte rossastri. In genere non sono molto potenti. Li si trova sui Piani Resinelli, da dove risalgono il M. Coltignone, nelle conche di Barzio e di Lecco, ad Acquate e sui Piani d’Erna. Anche in questo caso le formazioni sono abbastanza diversificate, in quanto depositatesi in condizioni differenti. All’inizio infatti la situazione è sempre quella delle piattaforme, ma sempre meno profonde e i calcari (calcari Metallifer, presentano perciò intercalazioni marnose. Più tardi l’ambiente diventa quello lagunare: formazioni dì Gorno (a marne molto scure con fossili di Lamellibranchi) a nord, arenarie di Vai Sabbia (rossicce) a sud. Sul finire del Carnico l’ambiente è ancora più asciutto e il prosciugamento delle lagune produce formazioni di tipo evaporitico. A questo periodo risalgono le argilliti, marne e dolomie della formazioni di San Giovanni Bianco.

Con il Norico si ripristinano le condizioni di piattaforma e si hanno le splendide bancate di dolomia principale che affiorano più a sud, dove in genere costituiscono le parti più elevate della regione e in particolare il Resegone e il Magnòdeno. Si tratta di bancate molto potenti che possono raggiungere anche il chilometro di spessore. Sotto la Dolomia del Magnòdeno compaiono le formazioni del Refico, composte da calcari di vario tipo, marnosi e spesso scistosi, o dolomitici. La formazione compare anche più a nord-est al passo del Fò (faggio). Secondo il Nangeroni, scienziato e poeta di queste terre, non si tratterebbe però di formazioni sottostanti al blocco del Resegone sovrascorse su quelle dei Magnòdeno, ma di formazioni del blocco del Magnòdeno stesso. Questo insomma sarebbe una anticlinale fortemente compressa, le cui potenti formazioni del Norico hanno sfondato, sollevandosi, il tetto delle più giovani formazioni. La piega si sarebbe poi rovesciata verso sud, producendo un altro bell’esempio di stratificazione invertita.

Scendendo, sia in latitudine che in altitudine, eccoci giunti al periodo Giurassico, 180-70 milioni d’anni fa. In quel periodo a causa del succedersi delle sedimentazioni e anche per sollevamenti tettonici, il mare era ormai diventato poco profondo e le intrusioni selcifere, sia in noduli che in strati, sempre più comuni. Queste intrusioni sono di origine organogena, formate dai gusci di microscopici protozoi, che si depositavano sul fondo alla morte dell’animaletto.

Le formazioni del giurassico Superiore e medio, o Liassico, sono calcari con queste caratteristiche. Si presentano con bella stratificazione media alla base del Magnòdeno e si estendono a sud, dove affiorano per formare le molli ondulazioni che dai piedi della scarpata in dolernia a Conchodon del Corno di Grao giungono fino al Monte Mudorga.

Intorno a questa estrema propaggine prealpina ecco comparire un altro gradino trecento metri più in basso. È il gradino del Pizzo, sopra la val Gaiavesa, formato dai calcari rossi ammonitici del Giurassico superiore. La scarpata meridionale del Pizzo e le rupi della Rocca dell’lnnominato sono ancora più giovani litologicamente, sono infatti le candide maioliche del Cretaceo inferiore le cui caratteristiche striature seghettate dimostrano che durante la fase di formazione queste rocce hanno subito almeno un affioramento e un primo attacco erosivo di tipo carsico da parte delle acque meteoriche.

Siamo ormai giunti verso la pianura e (quanto a periodo di formazione delle rocce) verso l’era Cenozoica o Terziaria. Alla base della maiolica troviamo le dolci ondulazioni incise nelle marne del Cretaceo, formazioni appartenenti alla Scaglia lombarda (50 milioni d’anni d’età). Mentre avveniva questa sedimentazione, però, la pace e la tranquillità (si fa per dire) del Mesozoico erano probabilmente già finite. L’urto tra la zolla Europea e quella Africana era già cominciato e con esso tutto quello sconvolgimento che innalzò progressivamente la catena alpina cosi scolasticamente rappresentato nella nostra area.

 

 

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