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Il manto vegetale

Dal punto di vista vegetale l’elemento più caratteristico della regione è l’intenso grado di antropizzazione e domesticazione che essa ha subito durante tutta l’Era Volgare, tanto da non potersi facilmente riconoscere alcuna area sufficientemente estesa da indicata come esempio dell’originario paesaggio naturale. Lo sfruttamento del vegetale, infatti, è stato talmente da incidere fortemente anche su  quello boschivo delle alte quote, spesso rimaneggiato e snaturato con l’innesto di essenze estranee alla regione. Un esempio per tutti può essere rappresentato dall’ulivo, oggi assai ridotto ma diffusissimo un tempo, fin a farne un elemento ricorrente nelle descrizioni degli antichi viaggiatori. Le cause di questo fenomeno sono da attribuirsi prevalentemente all’intensa umanizzazione della regione costiera, dove la pianta era sviluppata, e dalla concorrenza, in alcune aree ben esposte, vite e del gelso.

L’attacco al manto boschivo superiore è invece da attribuirsi alla ricerca di spazi seminativi e pascoli, nonché all’intensa domanda di carbone di legna. I primi sono stati ricavati lungo le fasce interiori dei versanti e sui numerosi terrazzi. Qui la copertura morenica e l’originario manto boschivo a caducifoglie hanno consentito la formazione di suoli bruni e rendrine, idonei allo sviluppo di seminativi. La ricerca del prato-pascolo ha invece portato al disboscamento delle parti più elevate della regione boscata e comunque al blocco della sua espansione a monte, quando le condizioni climatiche si sono fatte più favorevoli. Occorre infatti ricordare che il cli­ma non è una costante nemmeno nei brevi periodi e che oscillazioni anche sensibili sono state registrate con frequenza in epoca storica.

L’ultima causa di attacco al bosco è stata, però, la più incisiva ed è legata soprattutto all’intensa domanda di energia che veniva espressa a partire dalla seconda metà del secolo scorso dalle industrie metallurgiche, abbondanti nella regione per la presenza di numerose miniere e per la disponibilità di energia meccanica offerta dai corsi d’acqua. Tale domanda è esplosa soprattutto con l’affermarsi della Rivoluzione Industriale e ha portato al disboscamento selvaggio di interi versanti. Il rimboschimento che ne è seguito è stato effettuato spesso con tini speculativi da investitori che non immaginavano che di li a poco sarebbe arrivata l’energia elettrica. Perciò sono state introdotte essenze che rispondevano essenzialmente alla necessità di aumentare la produzione di legname.

Ai giorni nostri, il venir meno di questi motivi di manipolazioni, ha dato un po’ di respiro al bosco, che è in netta ripresa, anche ad opere di rimboschimento. C’è però da dire che non si tratta in generale di un bel bosco, a causa del degrado seguito dal rapido e totale abbandono da parte dell’uomo, che qui come altrove ha preferito le più comode e, a volte, redditizie attività della pianura. Il castanetum, per esempio, molto diffuso in tutta la regione, appare spesso malato ed il sottobosco abbandonato a se stesso, con il risultato di offrire facile esca al fuoco, che, specie sotto l’effetto del favonio e grazie al "contributo" di piromani ed escursionisti sprovveduti, non è infrequente.

La fascia del castanetum in generale non supera gli 800 metri ed è spesso condivisa, specie sui versanti meglio esposti, dal querceto. Ancor più su, faggi, betulle e le sempreverdi (abeti, lanci, pini ecc.) raggiungono  1700 metri e si perdono in un orizzonte di arbusti (rododendri, mirtilli, ginepri ecc.) e di pascoli. In alcune aree la raccolta di funghi rappresenta un’attrattiva turistica degna di menzione.

 

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