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Il quaternario e le ere glaciali

 

Il Mesozoico ha formato le rocce, il Cenozoico le ha sollevate, il Quaternario ha dato i tocchi definitivi, smussando qua e là, spianando, uniformando, ridistribuendo i detriti ecc. con tutti i mezzi disponibili, ma soprattutto con i suoi grandi ghiacciai, detti appunto quaternari. Come è noto, infatti l’Era Quaternaria, estesa nel tempo per circa un milione di anni o poco più, è caratterizzata da forti oscillazioni climatiche che hanno provocato una successione di periodi molto freddi e di periodi più caldi (simili a quelli che stiamo vivendo) o ancora più caldi di essi.

Durante i periodi freddi, le Alpi venivano ricoperte da una potente coltre di ghiacci (3500-4000 metri s.l.m.), che tendevano naturalmente a scivolare verso la pianura, invadendo le valli che ad essa conducevano.

La nostra regione, rientrando nel bacino dell’Adda, era interessata dalla colata abduana, che convogliava a valle quasi tutto il ghiaccio accumulatosi nei bacini dell’Adda e del Mera. Dico quasi tutto perché una piccola parte se ne andava verso Porlezza, attraverso la soglia di Menaggio. Il grosso della colata scendeva invece verso la pianura, inizialmente ancora sommersa dal mare, lungo il ramo comasco, che rappresenta la vera linea di frattura in cui sì è insediato il Lario.

Originariamente il ramo lecchese non esisteva ed era sostituito da una valle secondaria, la cui testata all’altezza di Bellano era piuttosto bassa, dato che lì passava la linea Orobica di cui si è detto. Siccome nei momenti di maggior espansione dei ghiacci il livello della colata raggiungeva a Bellano l’altezza di 1500 metri s.l.m., una grossa parte di essa transfluiva verso la valle di Lecco e la modellava. Col passare del tempo, la testata della valle è stata progressivamente erosa ed abbassata fino a trovarsi al di sotto del livello delle acque quando, ritiratisi i ghiacciai, si formò il lago. In che epoca questo fenomeno si sia realizzato non è ancora noto con esattezza.

Per lo stesso motivo, una volta invasa la valle di Lecco, il ghiacciaio ne risaliva le valli laterali, lasciandovi i suoi depositi morenici e producendo così un fenomeno assai curioso:

i cerchi morenici risultano disposti con la concavità rivolta verso valle e non invece verso monte, come avviene normalmente. La Valsassina, poi, data la bassa quota della soglia di Balisio, non solo è stata totalmente invasa dai ghiacci, ma questa effluenza durante le glaciazioni Mindel e Riss è proseguita verso sud attraverso la valle del Grigna e del Caldone, fino a riconfluire nella colata madre all’altezza di Lecco.

Dal punto di vista litologico le conseguenze di questi fenomeni sono state la immissione in quest’area di grosse quantità di materiale morenico valtellino, estraneo cioè alle caratteristiche locali. Ne sono restate esenti solo le parti più elevate del gruppo delle Grigne e il Resegone. I depositi morenici sono, in generale, di struttura fine o media (limi, sabbie e ghiaie) e la loro coerenza scarsa e comunque proporzionale all’età. Durante i periodi interglaciali, quindi, vennero facilmente incisi dai torrenti che avevano buon gioco a rimuoverne le componenti e depositarle più a valle o nel lago stesso, originando così quelle grosse conoidi che si protendono nello specchio d’acqua e su cui si sono sviluppati molti insediamenti costieri: Bellano, Mandello, Lecco, Olginate, Calolziocorte ecc. Nelle valli, i depositi morenici rimasti sono dunque solo i residui di quelli lasciati durante le fasi di recrudescenza climatica, con l’eccezione dei più recenti, quelli lasciati 10-20 mila anni fa dall’ultima avanzata glaciale würmiana, la cui asportazione è tuttora in corso.

Per avere un’idea dell’intensità del fenomeno erosivo occorre pensare che durante le fasi interglaciali la conca del lago di Como venne quasi totalmente colmata, per essere di nuovo svuotata dalla colata successiva.

Per quanto riguarda la successione dei depositi morenici si hanno depositi del Gùnz (900 mila anni fa circa), dell’interglaciale Gùnz­Mindel (750 mila), del Mindel (600 mila), dell’interglaciale Mindel-Riss (350 mila), del Riss (180 mila) dell’interglaciale Riss-Wùrm (80 mila) e del Wùrm (40 mila). Non sempre, però, la successione delle stratificazioni è così rigorosa; infatti, può essere che taluni strati manchino.

I trovanti o massi erratici sono un’altra delle contaminazioni tipiche prodotte dalle grandi colate glaciali quaternarie. Si tratta di grossi blocchi, a volta enormi, di materiale proveniente dai versanti alpini del bacino adbuano e depositati dai ghiacciai molto più a sud. Nella nostra zona non sono numerosi come nei Triangolo lariano e raramente raggiungono grosse dimensioni. La loro estraneità all’ambiente circostante apparve chiara fin dall’antichità, tanto che spesso vennero fatti oggetto di culto. Per secoli sono stati invece utilizzati come materiale edilizio per ricavarne soglie, davanzali e, un tempo, avelli funebri o grandi vasche nelle quali venivano messi i sarcofagi veri e propri. Talora la loro presenza è appunto confermata dal ritrovamento di questi avelli, che vennero in seguito utilizzati come vasche e abbeveratoi. Si parla in questi casi di massi ave/Io. Nella nostra zona sono rappresentati in prevalenza da conglomerati rossi del Permiano provenienti dal complesso delle Orobiche; tuttavia sono conosciuti anche quelli provenienti dalla val Màsino e dalla Valmalenco (Ésino, Cremeno ecc.) in serizzo ghiandone o serpentino. Questa stranezza di comportamento di questi grossi massi, staccatisi dai versanti di destra e finiti su quelli di sinistra, è ancora oggetto di studio, ma non mancano ragionevoli ipotesi esplicative. Data la loro origine, non li troviamo ovviamente alle quote non raggiunte dai ghiacciai.

 

 

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