Risparmio energetico in
un’unità abitativa. Elementi di progettazione integrata.
Dalla casa passiva
alla casa attiva.
Tutti noi abbiamo sentito parlare di
“casa passiva”.
Il termine si riferisce ad un particolare
standard costruttivo basato sull’integrazione di tecniche e materiali
appropriati che assicurano all’edificio un’elevata qualità
abitativa ed una sensibile riduzione dei consumi energetici.
Questi edifici caratterizzati da un involucro
fortemente coibentato e privo di ponti termici, con ampie vetrate a Sud, dotati
di un sistema di ventilazione controllata con recupero di calore, sono in grado
di sfruttare passivamente gli apporti solari e le sorgenti di calore interne
(persone, apparecchiature, elettrodomestici, illuminazione artificiale), senza
la necessità di un impianto di riscaldamento tradizionale.
Per raggiungere questo scopo nelle zone
climatiche E ed F dove sono diffuse le case passive, si deve conseguire un
elevato isolamento dei muri perimetrali (ma anche del pavimento, del tetto e
del sottotetto) ed installare finestre con telai termoisolanti e vetri doppi
con intercapedine riempita di gas inerte.
Per fare un esempio in zona E una parete
multistrato, per poter rientrare nei limiti di trasmittanza termica previsti
dalla finanziaria 2007, può essere composta da una parete in Poroton da 12 cm.,
una parete interna in forati da 8 cm. ed una lastra isolante in Celenit da 50
mm.; in zona D la lastra dovrebbe essere da 40 mm., mentre in zona C basterebbe
da 25 mm.
Un discorso analogo
si può fare per le strutture opache orizzontali (pavimenti e copertura) e per
le finestre comprensive di infissi, in parole povere quello che va bene nelle
zone E ed F, può non andar bene per le zone A, B e C con la zona D che fa da
elemento intermedio.
Per non parlare poi dell’accumulo
termico che in inverno al Sud può consentire di ammortizzare picchi di freddo,
normalizzando la temperatura ambiente, ma in estate un elevato accumulo diurno
renderebbe insopportabile la casa di notte, senza poter beneficiare della
temperatura più fresca serale se in aggiunta abbiamo un forte isolamento
termico.
In particolare nelle regioni meridionali sono
molto importanti gli aggetti, ovvero quelle sporgenze (loggiati, balconi,
bovindi), che impediscono al sole in estate di investire direttamente gli
infissi.
Talvolta è sufficiente un aggetto di un metro
in modo che d’inverno, quando il sole è più basso all’orizzonte, le
superfici vetrate possano trarre beneficio dal calore del sole.
Per definire meglio il limite oltre il quale
dobbiamo adattare i concetti che stanno alla base della costruzione di case
passive, alle varie zone climatiche in cui è divisa l’Italia, conviene
considerare la temperatura di progetto invernale.
Nell’ Allegato
1 sono riportate le temperature dell’aria di progetto nei capoluoghi
di provincia italiani e sono evidenziati in rosso le località con una Te uguale
o maggiore di 0°C.
Ora 0° è una temperatura considerata al limite
per le pompe di calore aria-acqua che, a mio parere rappresentano una delle
soluzioni più economiche per la produzione di energia termica, vedi confronto
nella Tabella allegata.
Per le pompe di calore aria-acqua i dati del
COP (Coefficient Of Performance) in tabella, si riferiscono alla temperatura di
7°C. al bulbo secco a cui vengono collaudate le apparecchiature.
E’ chiaro che se noi riusciamo ad
elevare la temperatura dell’aria in ingresso otteniamo dei valori di COP
più elevati.
Una delle tecnologie più semplici da
realizzare sfrutta il principio dello scambio termico fra una massa
d’aria e il terreno, io la definisco “aria geotermica”.
Anche in pieno inverno gli strati profondi del
terreno mantengono una temperatura ben superiore a quella che è la temperatura
superficiale.
Ora se io faccio passare l’aria ambiente
in un condotto o in un setto orizzontale abbastanza lungo oppure in un pozzo
verticale sufficientemente profondo, l’aria ambiente viene riscaldata ed
alla pompa di calore posso far arrivare aria a temperatura relativamente
elevata; viceversa in estate.
Questo discorso vale se l’aria ambiente
ha una temperatura di progetto sufficientemente elevata, diciamo superiore a
0°, meglio 2-3°, perché un conto è elevare la temperatura dell’aria da 2°
a 12°, ben altra difficoltà si incontrerebbe per portare l’aria da - 5°,
valore comune a moltissime città del Nord, a 12°.
Per le località con Te uguale o inferiore a
0°, si dovrebbe valutare di volta in volta, quale tecnica adottare per
innalzare la temperatura all’ingresso della pompa di calore.
Si potrebbe adoperare uno scambiatore
fumi-aria, installando una piccola stufa; un piccolo GE da 1kW a bioetanolo o
da 2 kW ad olio vegetale puro in cogenerazione, che mi fornirebbero appunto 1-
2 kW per l’alimentazione elettrica della PDC e 2 - 4 kW di potenza
termica (aria di raffreddamento + gas di scarico) che verrebbe interamente
sfruttata dalla PDC aria-acqua; ed altre soluzioni.
Si è introdotto il discorso della pompa di
calore perché nelle abitazioni del sud Italia si avverte sempre più
l’esigenza del raffrescamento estivo, a cui purtroppo, visto
l’innalzamento reale delle temperature estive, si deve dare più
importanza rispetto al riscaldamento invernale.
Ora l’impianto più diffuso per
raffreddare l’aria è il condizionatore, impianto però che molto spesso
viene aggiunto in modo posticcio all’edificio, perché magari installato dopo diversi anni.
Una prima regola che si dovrebbe applicare per
le case in cui è prioritario il raffrescamento estivo è che l‘impianto di
condizionamento dell’aria deve essere progettato accuratamente in fase di
costruzione del fabbricato non dopo.
In sintesi: nelle case passive si da la
massima importanza all’involucro, elemento passivo della casa, nelle case
attive, pur non trascurando l‘isolamento, si dovrebbe dare la massima
importanza agli impianti, intesi proprio come componenti attivi della casa.
Questo senza dimenticare che il risparmio
energetico quando raggiunge quote elevate ha due aspetti significativi: riduce
l’inquinamento e il consumo, e per questo va considerato come una vera e
propria fonte energetica.
La “casa attiva” non deve essere
più un peso energetico, ma può diventare un fattore di produzione, grazie
all’utilizzo di fonti rinnovabili quali il solare, l’eolico, le
biomasse e il geotermico.
Fra queste fonti ritengo molto interessante il
pannello solare fotovoltaico, quando usato “in fase” con gli altri
impianti.
Un semplice esempio di sistema in fase è
costituito da un estrattore d’aria calda a 12 V. c.c., alimentato da un
pannello solare fotovoltaico: è evidente che maggiore è l’insolazione,
più alta è la produzione di energia elettrica del pannello e superiore è la
richiesta di estrazione di aria calda .
Stesso ragionamento si può applicare alla PDC
in funzionamento estivo, (il termine è improprio, ma verrà definito meglio
oltre), maggiore è l’insolazione, più alta è la produzione di energia
elettrica del pannello e superiore è la richiesta di produzione di aria fresca
dalla PDC in funzionamento estivo.
Il pannello solare termico per esempio è un
sistema in controfase, tanto che in estate molti impianti devono essere
parzialmente coperti, specie gli ultimi in tecnologia sottovuoto, per impedire
che si raggiungano temperature troppo
elevate o addirittura pericolose.
Un’altra difficoltà intrinseca nel
realizzare una “casa attiva” è che il progettista deve spesso
adattare gli impianti alla casa e non viceversa.
Mi spiego meglio con un esempio:
se io voglio adottare una soluzione che
utilizza i pannelli radianti a pavimento, devo prevedere in fase di progetto 2
– 3 centimetri per l’isolamento sotto il massetto del pavimento,
quindi devo modificare tutte le quote in altezza; analogamente devo prevedere
di far passare i cavi elettrici nel perimetro delle stanze e non posso
attraversare le stanze in diagonale, sempre per un problema di quote in
altezza.
In definitiva occorre una progettazione
integrata in cui la struttura collabora con gli impianti e viceversa, per
raggiungere lo scopo finale di ottenere la soluzione ottimale dal punto di
vista del risparmio energetico, sempre nell’ottica del miglior rapporto
costo-efficacia.
Le soluzioni descritte successivamente
sono state applicate ad una tipica casa unifamiliare su più livelli, ma sono
state adattate con le dovute modifiche ad edifici multipiano e singoli
appartamenti.
Tutte le unità abitative erano di nuova
costruzione in quanto una delle caratteristiche su cui si basa la possibilità
di risparmiare energia prevede l’uso di pannelli radianti a pavimento, soluzione
difficilmente applicabile in abitazioni già finite, anche se non impossibile.
Risparmio energetico – Sistema di estrazione dell’aria
calda
Siete mai saliti su una scala in casa per fare qualche lavoretto in estate? Se
prima avvertivate caldo, una volta su sentirete caldissimo. Se misurate le
temperature a livello del pavimento e del soffitto potete arrivare a delle
differenze di temperature fino a 5°C, specie in assenza di ricambi
d’aria.
Ora noi solitamente, soprattutto per non
averla in mezzo ai piedi, facciamo installare l’unità interna del
condizionatore split in alto, chiudiamo bene le porte e le finestre, e facciamo
digerire al nostro condizionatore un bel po’ di aria surriscaldata;
sempre quella naturalmente!
Se poi non siamo così fortunati da avere
un condizionatore, ci dobbiamo accontentare di un ventilatore che non fa altro
che rimestare l’aria interna, portando a livello di pavimento la nostra
aria riscaldata.
I ventilatori a lampadario, posti in
prossimità del soffitto, catturano tutta l’aria calda e la rimandano
verso il basso, e l’unico effetto gradevole è dovuto alla velocità
dell’aria.
Se invece noi installiamo un sistema di
estrazione dell’aria calda, adattandolo nei modi più diversi possibili
alla configurazione della casa o meglio progettiamo un sistema ad hoc, nel caso
di edifici di nuova costruzione, dobbiamo ora trovare un accorgimento tecnico
che ci permetta di immettere in ambiente dell’aria relativamente fresca
per risolvere il problema.
Perché i locali non vadano in depressione,
(e non solo loro!), tanta aria esce e tanta aria deve entrare.
In questo modo però assicuriamo un certo
numero di ricambi d’aria, mantenendo gli ambienti più salubri.
Risparmio
energetico – Boiler a termopompa
Tutti noi abbiamo uno scaldabagno elettrico della potenza di circa 1,2 kW, una
lavatrice la cui resistenza elettrica è di pari potenza e una lavastoviglie,
che impiega una resistenza elettrica di circa 1,5 kW per riscaldare
l’acqua più rapidamente ed a temperature solitamente elevate.
Per raffrescare la casa abbiamo installato
uno o più condizionatori, che hanno una potenza elettrica di circa 1 kW
ciascuno nei modelli tradizionali.
Il compressore esterno che è accoppiato
alla nostra unità interna di raffreddamento è una meravigliosa fonte di calore:
l’aria ambiente esterna relativamente calda viene utilizzata per
raffreddare il gas refrigerante che raggiunge temperature prossime ai 70°-80°,
con uno scambiatore liquido refrigerante – aria normalmente alettato.
Ora immaginiamo di usare uno scambiatore
di calore liquido refrigerante – acqua, abbiamo fatto la scoperta
dell’acqua calda ovvero stiamo usando un condizionatore solo freddo
raffreddato ad acqua o meglio un boiler a termopompa.
Se poi questa acqua calda la facciamo
circolare in una serpentina in rame interna ad uno scaldabagno da 80-100 litri
con resistenza elettrica, del costo di circa € 200, possiamo
tranquillamente staccare la spina del boiler ed avere una riserva d’acqua
calda a 50°C. sempre disponibile.
Se poi abbiamo predisposto
l’impianto idrico per inviare questa acqua calda alla lavastoviglie ed
alla lavatrice (utilizzando una lavatrice Rex Sunny Intuition una delle poche
che disponga di attacco acqua fredda e calda separati venduta in Italia),
risparmiamo un bel po’ di energia elettrica e di soldi e facciamo
funzionare il condizionatore solo freddo raffreddato ad acqua più a lungo.
E sì perché se non siamo in casa e non
usiamo acqua calda, il condizionatore una volta che nello scaldabagno si
raggiungono 52°C. si spegne.
Si arriva all’estremo che più acqua
calda si usa e più ci si raffresca.
Risparmio energetico – Pannelli radianti a pavimento
E’ un binomio indissolubile, io vieterei ogni altra tipologia di
impianto.
Sono da sfatare alcune bufale che girano
anche fra gli addetti ai lavori:
1.- sono poco affidabili, perché le
tubazioni possono perdere: certamente tutti gli impianti realizzati negli
anni ‘60-’70 con tubazioni in ferro sono destinati a rompersi.
Avete mai provato a tagliare un tubo che abbia più di venti anni? Non ci passa
un cappello! Nelle saldature il materiale di riporto non esiste più! Da dove
volete che sfoghi l’acqua in pressione?
Ora si usano tubazioni in rame, senza
raccordi e saldature, in un sol pezzo fino a m. 100, e tubo in polibutilene
fino a m. 333 (anche se io consiglio di non superare mai i 100 metri per
problemi di equilibrio e di perdita di carico), che anche se non sono garantiti
a vita hanno una durata molto lunga.
Ogni stanza ha la sua valvola di mandata e
di ritorno, e anche più di una, se si superano i cento metri.
Provate a cercare le valvole di
ripartizione in un impianto vecchio di una ventina d’anni.
Se c’è una perdita in una stanza
dovete bloccare il sistema di riscaldamento dell’intera palazzina.
2.- fa troppo caldo, non si può
regolare: certamente nella maggior parte dei vecchi impianti si immetteva
nel pavimento direttamente l’acqua calda prodotta dalla caldaia con
temperature prossime se non superiori ai 60°.
La temperatura al pavimento era vicina ai
50°, tanto che spesso nei piani più bassi si dovevano tenere le finestre aperte
in pieno inverno.
3.- costa troppo, è di difficile
realizzazione: la tubazione ha dei costi ormai relativamente bassi,
qualunque idraulico che possieda una piegatubi per il rame lo può installare
facilmente, se usate il polibutilene, non serve neanche la piegatubi.
Quello che costa è il pannello isolante
preformato specifico per le tubazioni per pannelli radianti, se trovate un
altro materiale isolante avete risolto il problema.
Tenete conto inoltre che se
l’impianto è destinato ad una casa unifamiliare su più livelli non è
necessario isolare accuratamente sotto il massetto, in quanto può essere
tollerato che parte del calore si propaghi verso il basso.
Vantaggi
dell’utilizzo dei pannelli radianti a pavimento.
Nessun vincolo architettonico
L’ingombro causato
dall’installazione di corpi scaldanti tradizionali implica, soprattutto
in locali di piccole dimensioni, una limitazione nella disposizione degli
arredi.
Viceversa l’impianto a pannelli
radianti scompare completamente nel pavimento e non pone alcun vincolo, potendo
sfruttare al meglio lo spazio disponibile.
Nessuna alterazione della qualità
dell’aria
Un impianto a pannelli radianti riscalda
l’ambiente sfruttando il principio dell’irraggiamento, praticamente
tutta la superficie percorsa dai tubi si comporta come piastra radiante, senza
alcun movimento dell’aria, per cui le pareti e le tende non si sporcano
più così in fretta.
Migliore igiene
Il riscaldamento a pavimento sottrae ai
batteri, in particolare agli acari della polvere, il loro elemento vitale:
l’umidità. L’essiccamento della superficie del pavimento protratto
per tutta la stagione invernale è sufficiente a bloccare la diffusione degli
acari della polvere domestica nei pavimenti.
Diminuzione dei rumori di calpestio
L’impianto a pannelli radianti va
completato con la tecnica del “pavimento galleggiante”, in pratica
il massetto in cui sono annegate le tubazioni deve risultare isolato dal resto
dell’edificio (pareti e soletta), assicurando un ottimo isolamento
acustico fra i piani dell’edificio.
Nessuna limitazione nella durata
giornaliera di attivazione
Pochi sono a conoscenza che il comma 2
art.9 della legge 412/93 prevede delle rigide limitazioni nella durata
giornaliera di attivazione degli impianti di riscaldamento nei periodi di
accensione consentiti.
Ebbene gli “impianti termici che
utilizzano sistemi di riscaldamento di tipo a pannelli radianti incassati
nell'opera muraria”, sono esclusi dall’osservanza di tale
regolamentazione, permettendo la massima libertà nei tempi di esercizio ed
installazioni di potenza e quindi costi inferiori.
Distribuzione ottimale della
temperatura ambiente
Il riscaldamento a pavimento offre la
migliore distribuzione verticale della temperatura ambiente.
In un impianto a pannelli radianti già con
una temperatura media a pavimento di soli 20-22° C, che decresce debolmente con
l’aumentare dell’altezza, potremmo avere una piacevole sensazione
di benessere.
Sistema a bassa temperatura
L’impianto a pannelli è
l’unico sistema che opera con temperature dell’acqua di mandata
comprese fra 30 e 35° C, contro i 60-70°C degli impianti tradizionali.
Pertanto può usufruire di qualsiasi
sorgente di calore a bassa temperatura, nel nostro caso un condizionatore solo
freddo ad energia elettrica.
Possibilità di raffrescamento estivo
Se in estate fate circolare
dell’acqua fredda nelle tubazioni ottenete un certo raffrescamento degli
ambienti. Se poi predisponete l’impianto idrico per far transitare tutta
l’acqua fredda che adoperate in casa nel pavimento prima che arrivi
all’utilizzazione, tollerando un piccolo aumento di temperatura, il
raffreddamento lo ottenete a costo zero.
Progettazione integrata
Finora solo belle parole! Passiamo ai fatti e torniamo al problema iniziale:
come risparmiamo energia ed i nostri soldi?
Sono state indicate tre possibili
soluzioni tecniche, però singolarmente non bastano o a volte non servono:
dobbiamo praticamente farle convivere per l’appunto con una progettazione
integrata.
Nel momento in cui si elabora il progetto
architettonico, vanno pensati tutti, dico tutti gli impianti
dell’edificio; non è assolutamente accettabile che si proceda con
modifiche in corso d’opera o adattamenti posticci.
Iniziamo.
Il
circuito dell’aria geotermica
Un accorgimento tecnico che permette una possibilità di risparmio energetico
prevede di utilizzare un’intercapedine d’aria ricavata nelle
fondamenta con la tecnologia del “vespaio aerato”.
La tecnica del vespaio aerato con casseri
a perdere in plastica risulta essere una delle soluzioni più efficaci riguardo
i problemi di risalita per capillarità dell'acqua nei solai controterra ed
offre in più il vantaggio, non trascurabile, di costituire un vano da cui
prelevare aria a temperatura relativamente bassa, quando viene messa in
comunicazione tramite appositi condotti con l’ambiente esterno.
Sul magrone traspirante (foto 1) una volta posati i
ferri di armatura delle travi a rovescio, si posizionano i casseri con i
pannelli fermagetto (foto 2)
e successivamente si effettua il getto di calcestruzzo, con additivo idrofugo,
in unica soluzione, rendendo la platea monolitica (foto 3).
A seguito di misure effettuate durante due
estati e tre inverni, ho accertato che la temperatura dell’aria in
ingresso ai condotti varia di circa mezzo grado, per ogni metro di distanza fra
il punto in cui entra nel vespaio aerato e quello da cui esce.
La cosa non deve sorprendere perché credo
sia capitato a tutti di notare che negli scantinati la temperatura è più fresca
che negli altri piani; se poi andiamo ad aspirare l’aria al di sotto del
pavimento dello scantinato è ovvio che la temperatura in estate sia ancora più
bassa e il contrario in inverno.
Se possibile, i condotti di prelievo
devono essere realizzati nei lati sud e nord dell’edificio, in modo da
avere la possibilità di prelevare aria da zone a temperature leggermente
differenti.
Le tubazioni dell’aria si prolungano
ai piani superiori sfruttando un setto portante centrale (vedi foto 4), a cui verrà
incastrata la scala, e terminano in bocchette a livello di battiscopa.
Nelle pareti delle stanze del piano
intermedio si posizionano quanto più possibile vicino al soffitto gli aeratori
per l’estrazione dell’aria.
Nell’ultimo piano invece si
predispongono dei fori nel solaio del sottotetto, nel cui colmo si installano
tre estrattori d’aria.
Tutti gli aspiratori devono avere una
rumorosità molto bassa, inferiore a 40 dB a 3 metri, in particolare quelli del
sottotetto, in quanto si presuppone che i locali sottostanti siano utilizzati
come zona notte. Sono ottimi quelli della Vecam (http://www.vecam.it/2005/prodotti/categoria1.asp)
con foro da 100 mm art. 20161 a 220 V. e art. 20160 a 12V (descrizione qua aspiratore_220.pdf),
quest’ultimo può essere servito da un mini pannello fotovoltaico, che
potete trovare qua: (http://www.spazioambiente.com/solar_pfv.htm).
In definitiva lo schema del circuito
dell’aria in estate è quello indicato nello schema 1, in cui sono stati inseriti un condizionatore solo
freddo condensato ad acqua ed un boiler di cui si parlerà più avanti.
Con il condizionatore fermo, la serranda
automatica è in posizione aperta, consentendo la ripresa dell’aria, che
si raffresca passando sotto il pavimento dello scantinato per poi essere
convogliata ai piani superiori dove gli aspiratori la espellono
all’esterno dell’abitazione.
Con il condizionatore in servizio la
serranda automatica è in posizione chiusa, e l’aria effettua lo stesso
percorso obbligato di prima.
Il circuito dell’aria appena
descritto è del tipo aperto senza ricircolo e assicura il completo ricambio
dell’aria negli ambienti e possiede la capacità di assicurare un certo
raffrescamento anche durante l’arresto dell’impianto di
raffreddamento.
Il
condizionatore solo freddo condensato ad acqua ovvero il boiler a termopompa
Se noi installiamo un tradizionale
condizionatore in ciclo estivo nel circuito dell’aria precedente,
otteniamo senz’altro un miglioramento nelle prestazioni termiche
dell’intero impianto.
Dobbiamo naturalmente consumare energia
elettrica per produrre aria fredda.
Vediamo però se riusciamo a migliorare il
rendimento globale del nostro condizionatore.
Sinteticamente il condizionatore è
un’apparecchiatura in grado di trasferire calore da una sorgente ad
un’altra, secondo lo schema 2.
In pratica il calore che viene sottratto
all’aria interna calda per farla diventare aria interna refrigerata,
viene ceduto all’aria esterna che diventa aria esterna riscaldata.
In un condizionatore del tipo split
nell’unità interna, un ventilatore aspira l’aria interna da
trattare e la forza a lambire una serpentina normalmente alettata, in cui
circola il fluido refrigerante freddo.
Analogamente nell’unità esterna, un
ventilatore aspira l’aria esterna da utilizzare e la forza a lambire una
serpentina normalmente alettata, in cui circola il fluido refrigerante molto
caldo.
Siete mai passati di fronte ad
un’unità esterna, magari posizionata su un marciapiede?
Alla faccia del buco dell’ozono e
dell’aumento della temperatura della terra, nel nostro piccolo stiamo
contribuendo a questo disastro ambientale.
Se invece faccio circolare il fluido
refrigerante molto caldo, circa 70-80° C, in uno scambiatore liquido
refrigerante – acqua, simile a questo a piastre (vedi foto 5), ottengo acqua calda
senza riversare in ambiente aria riscaldata, ottenendo un condizionatore a
recupero termico.
Se questo scambiatore viene accoppiato ad
un bollitore si realizza un sistema per la produzione di acqua calda (vedi schema 3).
Commercialmente questi apparati sono
meglio conosciuti come “pompe di calore per la produzione di acqua
calda” o “boiler a termopompa” e sono molto diffusi in
Svizzera ed in Germania, dove sostituiscono in estate ed in inverno il
tradizionale scaldabagno elettrico
( http://www.topten.ch/index.php?page=boiler_a_termopompa ).
Sono tuttavia apparati dal costo elevato e
dimensionati per climi freddi e in nessuna installazione ho notato
l’utilizzo dell’aria raffrescata, come invece è possibile fare nei
climi temperati secondo lo schema già visto (schema 1).
In particolare in estate il condizionatore
preleva l’aria dalle bocchette della parete lato Nord, sottrae il calore
a quest’aria e lo cede al primo scambiatore a piastre riscaldando
l’acqua, che passando nel secondo scambiatore in rame interno al
bollitore riscalda l’acqua sanitaria. Ancora più semplice è questo sistema in cui lo scambiatore fluido frigorigeno-acqua è
interno al boiler.
L’aria raffreddata viene inviata nel
vespaio aerato, bloccata dalla serranda automatica ed aspirata nei locali
sovrastanti.
Come si può notare la somma delle portate
degli aspiratori coincide con la capacità del ventilatore del condizionatore,
il circuito è aperto e vengono assicurati un certo numero di ricambi
d’aria per ora.
In inverno il boiler a termopompa preleva
l’aria dal vespaio aerato, nel percorso serranda automatica - vespaio
aerato – termopompa la temperatura aumenta fino a circa 20° C, mai al
disotto di 18°C, sfruttando un pannello solare ad aria e delle frange di calore
(ad es. il calore smaltito dalle serpentine posteriori di un freezer, ecc..).
Poiché in inverno la temperatura del
boiler è tarata a circa 35°C per alimentare i pannelli radianti descritti
successivamente, si riesce ad ottenere COP reali e calcolati superiori a 4.
In estate la temperatura del boiler è
regolata a 50°C; o meglio, nella tubazione di ritorno dell’acqua dal
boiler è posizionata una termocoppia che interrompe l’alimentazione
elettrica al condizionatore, quando la temperatura nella tubazione supera i
50°C (vedi foto 6).
Se non vi è prelievo di acqua calda
pertanto il condizionatore si ferma e non produce più aria fresca.
E’ quindi conveniente collegare il
maggior numero di utilizzatori al circuito dell’acqua calda a 50° C,
secondo lo schema riportato (vedi schema 4).
La lavastoviglie ha dei cicli di lavaggio
che partono da 60°C, pertanto potrebbe essere collegata direttamente al
circuito dell’acqua calda, tuttavia poiché lo stesso impianto servito
dalla pompa di calore deve essere utilizzato in inverno, per il riscaldamento
dell’edificio, è necessario inserire una valvola miscelatrice termostatica
che in estate sarà regolata al massimo, mentre in inverno potrebbe essere
regolata a 20° C.
Anche se nello schema 4 non è riportato il collegamento, conviene servire
anche la lavatrice con l’acqua calda a 50°C proveniente dal boiler.
Gli scaldacqua istantanei da 30 litri
segnati nello schema, d’estate vengono by-passati, in modo che gli
utilizzatori sfruttino direttamente l’acqua a 50°C proveniente dal
boiler.
Riassumendo con il boiler a termopompa io spendo
energia elettrica per riscaldare acqua ed ottengo gratuitamente aria fresca o
consumo energia elettrica per avere aria fresca ed ottengo gratuitamente acqua
calda: questo si chiama risparmio energetico.
I costi: il boiler con scambiatore in rame
costa € 200,00 iva compresa, il condizionatore solo freddo da 400 W costa
€ 600,00 iva compresa (il problema è che ormai è introvabile).
Al momento non ci sono apparati simili,
con unità separata dal blocco, di produzione italiana.
Mentre sono in commercio alcuni apparati
monoblocco, simili ai “boiler a termopompa” citati precedentemente,
costruiti in Italia fra cui questo da 810
Watts e quest’altro 620 Watts,
disponibile anche nella versione con uno o due serpentine di scambio interne al
boiler.
Come già detto lo scambiatore di calore
fluido frigorigeno – acqua è immerso in un serbatoio di accumulo, in cui
opzionalmente si possono inserire una o più serpentine per lo scambio termico
con altre sorgenti: termostufa, termocamino, pannelli solari termici. Questa
soluzione aumenta il rendimento del sistema che risulta essere più compatto.
Un altro impiego interessante dei
condizionatori condensati ad acqua solo freddo potrebbe essere nei centri
storici, dove spesso sono vietate le installazioni dei compressori
all’esterno degli edifici, specie nelle facciate.
Il condizionatore può essere posizionato
nel vano scala, solitamente abbastanza ampio e fresco, immettendo l’aria
raffrescata negli ambienti con un’opportuna canalizzazione e collegando
lo scambiatore liquido refrigerante – acqua al già citato scaldacqua con
serpentina in rame.
Pannelli
radianti
Nello schema 4 precedente si
può notare la presenza di alcune saracinesche che devono essere chiuse in
estate ed aperte in inverno, queste servono per sfruttare una possibilità
offerta dai pannelli radianti in estate.
Infatti noi possiamo far passare tutta l’acqua fredda che utilizziamo in casa nelle tubazioni dei pannelli, la cui caratteristica principale e non molto diffusa è che sono del tipo a circuito aperto.
Anche in inverno si preleva l’acqua calda per le utenze domestiche dal circuito dell’acqua di riscaldamento, questo permette però di sfruttare l’impianto anche in estate come detto sopra.
L’acqua fredda di rete ha una temperatura che oscilla mediamente tra i 15-20°C e normalmente d’estate si ha un consumo più elevato, questo fa si che nei pavimenti serviti dai pannelli si ha una temperatura fino a 10°C inferiore rispetto alla temperatura ambiente, tanto che in qualche circostanza, rara fortunatamente, ho potuto notare la condensa in prossimità del fascio di tubi ravvicinati in partenza dal collettore.
Questo è uno dei motivi per cui è estremamente delicata la regolazione degli impianti a pannelli radianti utilizzati per il raffrescamento con acqua raffreddata da sistemi di condizionamento.
Ma la caratteristica più interessante dei pannelli radianti si osserva in inverno, un semplice confronto fra i diagrammi di temperature dei sistemi tradizionali e dei pannelli radianti fa ben comprendere gli enormi vantaggi dell’utilizzo di tale tecnologia (vedi figura 0).
Ma soprattutto la temperatura dell’acqua di mandata può essere ridotta a 30-35°C; poiché il circuito dell’acqua calda è del tipo aperto (l’acqua calda sanitaria delle utenze domestiche è collegata alla stessa rete), dobbiamo assicurarci che alle tubazioni arrivi acqua almeno a tale temperatura.
Per questo in pratica in inverno il boiler atermopompa sarà sempre in funzione e quando c’è una forte richiesta d’acqua la resistenza del boiler contribuisce a portare l’acqua in temperatura.
Fin quando la resistenza è in funzione, la pompa di circolazione che provvede a far scorrere l’acqua nelle tubazioni sotto il pavimento è ferma; non appena la resistenza si spegne il relè collegato in parallelo al termostato del boiler regolato a 35°C provvede a far partire il circolatore.
Tutti gli elementi di regolazione,
controllo e misura sono di facile reperibilità ed installazione da parte di un
idraulico con un minimo di esperienza in impianti idrici.
Analogamente per quanto riguarda la posa delle tubazioni dei pannelli radianti,
(vedi foto 7).
In questo caso sono stati usati tubi in polibutilene, ma ultimamente preferisco usare tubi di rame, tenuti in posizione sull’isolante formato da pannelli in fibre di legno mineralizzate da semplici gaffette fissacavo.
Il disegno delle tubazioni è a chiocciola con tubazioni intervallate andata-ritorno, in modo da avere una distribuzione equilibrata delle temperature nei tubi.
Il rame è da preferire in quanto ha una migliore capacità di trasmissione del calore ed una più elevata resistenza allo schiacciamento durante la delicata operazione di getto del massetto.
Sono importanti tre accorgimenti per una corretta
esecuzione:
- l’uso di un additivo specifico per massetti riscaldanti, che favorisca
l’adesione del massetto, che è notoriamente magro, alle tubazioni;
- l’uso di una rete biorientata in materiale plastico per evitare
fenomeni di forte ritiro;
- l’uso di strisce isolanti in materiale plastico per la
desolidarizzazione del massetto dai muri.
Il risultato finale prima della posa del pavimento è il seguente (vedi foto 8).
La manutenzione dell’intero sistema di condizionamento ed il relativo onere è praticamente nullo.
I costi di esercizio per un’abitazione su più livelli, per complessivi 100 metri quadri suddivisi in zona giorno e zona notte sono riportati nell’allegata tabella 1.
Si deve considerare il fatto che la casa è stata realizzata con una particolare attenzione all’isolamento termico dell’edificio e in effetti l’indice energetico ponderato nell’ultimo anno è pari a 24,1 kWh/m²anno, che corrispondono circa a 2,4 litri di gasolio equivalente.
Come si può notare il consumo annuo in tre
anni è diminuito del 40 %, passando da 3535 kWh a 2409 kWh, pur rimanendo molto
stabile il consumo giornaliero, che si attesta intorno ai 26,5 kWh.
La variazione in meno è dovuta
esclusivamente alla riduzione delle giornate di accensione dell’impianto,
in quanto nessuna modifica è stata apportata sull’isolamento
dell’involucro edilizio ed il riscaldamento è stato attivato quando per
due giorni di seguito la temperatura ambiente è scesa al di sotto dei 19° ed è
stato spento quando per due giorni la temperatura notturna si è mantenuta oltre
i 22° C.
La cosa fa riflettere in maniera
preoccupante e attesta un innalzamento reale ed accertato delle temperature esterne.
In definitiva si è passati dalle 145 giornate di accensione previste dalla legge 412/93 per la zona climatica C, ai 90 giorni di esercizio dell’impianto nel 2006.
Comunque una spesa per il consumo di energia elettrica in inverno stimata in € 482,00 è oggettivamente abbastanza ridotta, tenuto conto che è riferito sia alla produzione di acqua calda a 35°C. per il riscaldamento a pavimento, sia al preriscaldamento di tutta l’acqua sanitaria a 35°C, che poi verrà portata alla temperatura voluta dai boiler di piano.
Da notare che la media estiva con il sistema di condizionamento a recupero termico in funzione con il duplice scopo di produzione di acqua calda e raffrescamento dell’aria è del tutto simile alla media primaverile in cui la pompa di calore è spenta e si utilizzano i boiler elettrici.
dott. ing. Carrusci Giancarlo
xxxxxx_c@yahoo.it
al posto di xxxxxx mettete gianca