La Storia.
..............Come villaggio vero e proprio è da situare nell'alto Medioevo, quando Neapolis (cittadina portuale punica distante in linea d'aria 10km dall'abitato terralbese) cominciava a decadere, sia per le invasioni barbariche, sia per altri motivi non ancora ben certi. Gli abitanti neapolitani emigrando andarono ad ingrossare il già esistente centro abitato di Terralba, più difficilmente raggiungibile dagli incursori saraceni. Siamo oltre l'anno 1000 e Terralba fa parte della curatoria di Bonorzoli e, assieme ai paesi vicini, segue gli avvenimenti del giudicato di Arborea. La storia di Terralba d'ora in avanti sarà oltremodo legata alla vita della sua Diocesi (la nascita della diocesi terralbese è da datare a cavallo dell'anno 1000) e rappresentata quasi esclusivamente dai suoi vescovi. Per circa 4 secoli Terralba ha avuto vescovi autorevoli: Giovanni Orient (1484-1495) è l'ultimo vescovo di cui sia pervenuto il nome. Nel 1503 venne decretata la soppressione della sede terralbese che venne aggregata a quella di Ales. Sul finire del XV secolo i pirati barbareschi battevano in continuazione le rotte occidentali mediterranee attaccando i centri costieri della Sardegna. Nascono perciò per volontà di Filippo II, dalla seconda metà del '500, quelle torri che ancora oggi costituiscono un suggestivo elemento dei litorali isolani. Questo periodo coincise con la decadenza del paese, nel 1527 infatti Terralba e San Nicolò D'Arcidano subirono l'assalto e la razzia dei corsari nord africani e gra parte della popolazione dovette rifugiarsi nella campagna per non cadere schiava dei feroci predoni arabi. Così l'abitato rimase deserto fino al 1604, quando il barone di Uras provvide a farlo ripopolare per impadronirsi dei diritti feudali. Alla fine del '600 Terralba aveva 899 abitanti e molta povertà. Il paese, come scrive il Carosio, storico ottocentesco, fu ripetutamente abbandonato. Nel 1807 il paese fu definitivamente ripopolato ed i suoi abitanti cercarono sempre di dargli un certo decoro, vedi il restauro nelle chiese di S.Maria del Rimedio e di S.Lucifero nel centro abitato, e di quella di S.Ciriaco nelle campagne prossime il paese. Diversa sorte subì l'antica cattedrale dedicata a S.Pietro che dopo la soppressione vescovile per più di un secolo fu lasciata all'incuria e all'abbandono. Dopo varie riparazioni non andate a buon termine, il vescovo di Ales affidò all'impresario di Cagliari Raffaele Cappai, lo studio per il restauro della suddetta. Alla voce "Terralba", l'Angius nel suo Dizionario Storico Geografico del 1850 scriveva: "I terralbesi sono un popolo laborioso, e l'amore del guadagno gli eccita a certa industria quale si può immaginare in un paese dove sono pochi i lumi e i mezzi. I possidenti sono in grandissimo numero, e alcuni hanno grandi proprietà, che frutterebbero meglio se si sapesse profittarene in tutto. Le famiglie indigenti sono pochissime, le povere non sono in gran numero perchè trovano come guadagnare la giornata. La massima parte della popolazione attende alla coltivazione della terra, pochi alla pastorizia, e sono il minor numero di adetti ai mestieri. Fra i quali primeggiano i bottai, la cui opera è di somma necessità in un paese, il cui principale prodotto sono i vini. Questi artigiani non sono meno di 80. In altro tempo attendono altri lavori. Alcuni fanno negozio incettando derrate per venderle poi ai genovesi. Le donne attendono alla filatura e tessitura. Il numero di telai che sono sempre in azione per tessuti di lana e di lino non sono meno di 460. La scuola primaria è pochissimo frequentata, non intervenendovi più di 20 fanciulli. Il numero delle persone che nel paese sanno leggere e scrivere non supera i 30". A proposito dell'agricoltura l'Angius sottolinea la natura del suolo terralbese adatto alla coltivazione dell'olivo, del mandorlo, del gelso, ma a tal proposito in pochissima parte utilizzato. Ma è anche un terreno idoneo alla vite e quì l'autore non risparmia complimenti verso i terralbesi. Tanto è che della produzione vitivinicola una volta soddisfatti i bisogni della popolazione resta così tanto da poter alimentare un proficuo commercio con la città di Genova. Alla pastorizia, continua l'Angius, non si dedicano molte persone perchè, benchè vi siano larghi spazi, questi sono per lo più a paludi che ne impediscono il pascolo. Il 1900 pareva a Terralba come un secolo pieno di speranze. Nel 1917 contava 4379 abitanti, ma la situazione economica era decisamente preoccupante: le entrate finanziarie ammontavano a £10.000 annue, e i terreni coltivati erano meno del 15%. Gli amministratori decisero allora di adoperarsi affinchè qualcosa cambiasse. Nel 1919 il comune cedette alla Società Bonifiche Sarde 3348 ettari dei suoi terreni per la durata di 30 anni. In questa zona venne poi costruita nel 1945 Arborea. Dal 1919 al 1932 ebbe luogo la bonifica di 10.000 ha di territorio. Dai terralbesi il periodo fu vissuto come una benedizione: non solo scomparve la disoccupazione, ma chi "affagonada" guadagnava 10£ al giorno, il doppio di un bracciante agricolo. Inoltre da tutta la Sardegna arrivarono forestieri e stavano a pensione nelle case, e qualcosa in più entrava nelle famiglie. A Terralba l'acquedotto è arrivato nel 1913, da allora l'acqua, che prima si tirava su dai pozzi, si attinse dai rubinetti dislocati strategicamente nel paese. Contemporaneamente ai rubinetti, furono costruiti gli abbeveratori anche questi dislocati in vari punti dell'abitato. Nell'odierna Piazza Libertà si trovava il lavatoio comunale ove le donne portavano i panni da lavare. Il mercato si trovava nell'odierna Piazza Marconi e i negozi, molto pochi, in via Roma, la strada più trafficata del paese in quanto portava al municipio e alle scuole.