flagfra.gif (953 byte)           La Critica di Paolo Levi              

IL RITORNO DI ALICE

La vicenda artistica di Charlotte Ritzow ha data recente, ma desidero raccomandare di non cedere alla tentazione di leggere questi suoi lavori in un’ottica semplicistica. Quella legata al fatto che la pittrice sia di giovane età e, quindi, un’apprendista.
Il suo esprimersi poetico, al contrario, affonda le radici in un mondo sperimentale appreso nel proprio paese, la Germania, dove ha studiato ed approfondito appieno l’arte della tavolozza.
Lavorando in Italia e mutando, così, le condizioni ambientali, ci si accorge che nei suoi lavori c’è un intrecciarsi di momenti colti - quelli che seguono, in modo dotto, i canoni del ‘mestiere’ rivolto alla bella pittura - e di momenti dalla dimensione magico-espressiva.
Charlotte Ritzow è pittrice libera, europea. A livello di narrazione figurale non ha nostalgie nordiche, espressioniste. Tutt’al più sono lavori, i suoi, che presentano una felice consistenza dalla solarità del tutto mediterranea.
La realizzazione di “Spiaggia”, porta alla ribalta il lavoro di una pittrice sapiente che sa coniugare il proprio pensiero narrativo con la gioiosità della materia. E’ un lavoro luminoso: la vela bianca all’orizzonte è segno-segnale di luce, che inonda la tela astrattamente, composta di variabili blu ed azzurre.
Per naturale temperamento contemplativo, questa giovane signora della tavolozza è incline, soprattutto, a un’arte di visione, figurativo-informale, con un senso intimo volto a ricordi, a sensazioni inconsce che tendono a decantarsi.
C’è da immaginare che il primo ambiente formativo - quello a contatto con le aule scolastiche di pittura nel suo paese nativo -   non abbia mutato affatto la sua tendenza a rispettare le proprie visioni oniriche ed essenziali, ad abbandonarsi ad esse tramite la bellezza della scrittura pittorica.
Charlotte Ritzow ha il dono di ottenere da ogni dipinto la massima chiarezza in una formulazione di significati che confermano una forte personalità creativa.
E’ questo il caso del suggestivo dipinto “Tramonto”, dalla bellezza compositiva imperiosa. La nostra pittrice avverte gli analoghi temi eseguiti da Nicolas De Stael, esposti in permanenza al Castello di Antibes, e, certamente, sa porgere eguale sensibilità nel colore steso tramite lente campiture, con variabili nere, gialle, arancioni, in orizzontale.
L’accento intimista risolve ed esalta questo suo senso di favola e di mito di un mondo costantemente trasfigurato. Ella dimostra sempre un lucido stato danimo valendosi di colori allusivi, giocando di semplificazione. Le sue marine, dal vibrante cromatismo, sono singolari e, nel contempo, esprimono un animo interiormente contemplativo.
Confermano una ferma esigenza di esaltare al meglio la propria personalità immaginativa, come in “Solitudine”, dove   una vela dal candido biancore – solitaria, appunto - pare monologare indifesa, tra onde gigantesche che solcano un mare blu, con toni luminescenti. Il largo seqno pittorico si. muove, felicemente, attraverso richiami di spazi che evocano una controllata carica emotiva.
La giovane pittrice crede profondamente nella propria professione di narratrice di sentimenti astratti, volti a un invisibile che sulla tela si fa visibile.
La sua attuale fortuna di artista - e sono certo anche per il futuro - vive tramite una totale autonomia, rispetto alle correnti artistiche contemporanee della cosi chiamata ‘arte giovane’. Evita, infatti, l’arte mediale, l’art brut, il concettualismo. Preferisce, invece, approdare, con fare garbato, verso un mondo assorto e lunare o semiastratto, in un’allusività liricamente figurativa. E’ questo il caso di “Luna galleggiante”, a mio avviso, una composizione tra le sue più significative, dove viene in luce la sapienza del colore come espressività linguistica : è un continuo giocare di toni e di controtoni, del giallo riflesso della luna che si sposa con variabili di blu turchino e di un nero e grigio antracite. Il cielo stellato è una lirica tavolozza di puntini bianchi che annunciano il silenzio della notte. Dinnanzi a questo lavoro, avvertiamo con quanti e quali travestimenti   Si può presentare un proprio sogno. La Ritzow utilizza quelli dell’infanzia, bizzarri, stravaganti, che portano sempre con sé nodi di magiche attese e lunghi veli di malinconica felicità, come nel caso de “1I faro di Hiddensee”, in cui un’ampia atonale striscia, rosso naphtol carminata, sovrasta in basso un paesaggio di tinta verde scuro di Hooker.
Pare che le sue indicazioni paesaggistiche, a volte, siano poeticamente vaghe, ammiccanti. Charlotte Ritzow è un po’ come i suoi quadri. Veleggia solitaria attraverso le proprie favole-mito e lo splendore caldo >dei colori, la precisione definitoria della partitura cromatica, che impedisce equivoci e confusioni. Con la rappresentazione panteista della grande quercia, nella forte composizione intitolata “Energy”, l’immagine della natura pare trasfigurarsi inun’ espressività dalla forza fauve e vivere in un cerchio estraneo a quello del ‘vero’, del tangibile. Dobbiamo sottolineare che la Ritzow occupa un posto a parte sul palcoscenico pittorico delle giovani presenze europee. Ella è ugualmente distante dai voli irrazionali delle recenti avanguardie e dalle pigrizie di una figurazione che pare non abbia più voglia di narrare momenti di autentica poesia. Charlotte Ritzow è, al contrario, artista che difende sino all’eccesso il proprio modo di evocare il sogno-sognato, che sempre sa rinnova sulla tela.
Il nostro occhio ha la possibilità di accedere a certe sue geniali libertà di improvvisazione ( v. “Il cigno”) e nel contempo di definizione formale di un incantato candore. Fa piacere che il suo giudizio su questo nostro tempo sia cosìdistaccato. Ogni composizione ne rifiuta gli aspetti drammatici, le ansietà, le angosce, facendo coincidere il mondo della sua fantasia con gli ideali di un sogno avveniristico, dove regnerà, auguriamocelo, un giorno la pace.
Vengono, a volte, incontro miraggi figurali della pittura museale di inizio ‘900 (v. “Il bacio”) che la Ritzow, inevitabilmente, porta con sé nel sangue, come linfa creatrice e rinnovatrice.
Il sogno che trasfigura la natura e la figura umana ( a volte, incubo evocato in leggera chiave ironica, penso a “La vendetta” ) eleva ulteriormente la sua narrazione come gioco squisitamente surreale, dalla mobilità figurale e dalla fissità emblematica. In effetti, le figure di donna rappresentate da Charlotte Ritzow, cosa simboleggiano, se non il vuoto dell’esistenza? Che cosa ne è di loro? Quando sono di scena -  >nei suoi quadri - paiono figure in atteggiamento allarmante, che portano l’osservatore ad una sottile irritazione per le loro parvenze teatrali, grottesche.
In realtà, soprattutto, il mare, con il cielo azzurro, è il vero palcoscenico del suo mondo poetico. Charlotte è, in effetti, una sorta di Alice che veleggia felice nel Paese delle Meraviglie.
Il sogno-sognato anima la sua pagina pittorica che esprime silenzio,nel contempo, suono, sconfinando, ogni volta, sul piano dell’astrazione fiabesca. L’astrazione comunque, viene da lei materializzata, tramite un’allusività figurativa, dalla timbricità atonale, evocatrice di solarità.
Si deve prestare attenzione a queste sue partiture cromatiche nette, dal segno orizzontale, deciso, geometrizzante, marcato. Ogni componimento, non dimentichiamolo, esprime gaiezza di situazioni che furono tipiche nei lavori di Nicholas de Stael e di visioni di lune tonde, di simboli di quella eterna infanzia che ne fu cantore Paul Klee.
La Ritzow - e qui sta la sua maturità- porge più importanza, forse, alla cromìa che al soggetto che, solitamente, le sgorga felice dal cuore. Il suo gesto primario tende soprattutto al colore, come modulazione e spessore che si sparpaglia canoro lungo la superficie del quadro. La cromia atonale aggrega, così, alcuni precisi ed ampi tasselli di un mosaico caldo, suggestivo, di una fiaba magnificamente aperta, dove il nostro occhio spazia incantato, senza labirinti visivi.

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