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L'ARTE DI DIRE E LA SCIENZA DEL COMUNICARE
PRESENTAZIONE DELLA RIVISTA NOVA
Azienda Soggiorno e Turismo di Capo d'Orlando Sabato 30 giugno 2001 ore 18.00


L'arte di dire


Dire d'arte con arte per un'identità concettuale inerente alle aspettative, un dipinto di parole immerse nel colore.
Una
esse, ad esempio, affoga nella spirale del rosso, una striscia scarlatta, forse una i, si tende estrema tensione, poi vibra e asseconda uno sforzo tardivo, si spezza sfumando il contorno e il crepuscolo, arso dallo scirocco, s'infiamma fragore primario, assordante, oltrepassa l'intento.
Sanguina, allora, il limite, ferito dall'ardire, dall'eroico volo dell'umano che esalta il divino disegno creando un nuovo universo.
La trama, articolata dal dire monocromatico e monocorde, s'intreccia e s'avviluppa a chi ascolta per trasformarlo in senso… sentire univoco. L'idea fluisce, dunque, dal generatore al fruitore, senza fraintendimenti, ben delineata nel concetto espresso, in un variare di sfumature monotematiche.
Dall'idea lo scrivente si astrae in un connubio fantastico  e si racconta sinceramente, si vanta del coraggio.
L'arte del dire è il suono sincopato d'un singulto ancestrale, lo screzio vocale d'uno stridere verace, il graffio d'una voce che grida un canto estremo, l'urlo dell'impossibile, l'inestinguibile eco dell'abisso.
Cedo, ora, una pausa a chi ascolta quest'inferno orgiastico in cui il piacere di scrivere langue, mi soffermo e rifletto…

PAUSA RIFLESSIVA
Proiezione d'immagini


Immaginate, cioè, che io a questo punto proietti delle immagini. Se la vostra attenzione resta in tensione, il processo di apprendimento aumenta considerevolmente. Qual è la spiegazione? Semplice. La vista è il senso più utilizzato e di gran lunga il referente più considerato. Se a questo punto si aggiunge anche il fatto che pochi sono oramai coloro che hanno la pazienza di ascoltare ne risulta che l'arte di dire non è altro che una trasmissione consapevole di visioni e il linguaggio più idoneo allo scopo è quello figurativo.
L'interpretazione del tutto deve essere immediata perché la ritenzione riflessiva distoglie dalla valutazione complessiva lasciando solo il piacere del dettaglio: il particolare dell'aspetto più vicino alla pausa o il resoconto più prossimo all'atteso.
L'arte del dire, nella rivista "Nova" diviene, in sostanza, vedere oltre l'immagine il senso della visione, scoprire lo sguardo in agguato e sentire il silenzio strisciare tra le parole. Arte del dire come essenziale suono iniziale, motivo che domina e inquieta, caos da cui avrà origine l'ordine. Un discorso esponenziale in situazioni esaltanti, azioni che trascendano il contesto per un pretesto, talvolta, aberrante, affinchè lo scrivente inchiostri l'abbaglio del bianco eccessivo e racconti crepuscolo e ombre, il necessario inatteso in cui l'orribile maschera ogni volto d'ignoto.
Nell'assunto si svela, infine, l'inconscio e trasfonde l'angoscia in cui vive la notte, incubo eterno d'un sogno infinito.
Quel che cerco di dire è l'arte del vero, la verità che si può sostenere, l'ordito d'una trama-matrice, struttura in divenire di un'opera teatrale, l'io che appare, improvviso, sputato sulla scena da altri attori, da uomini con esperienze intontite dal vizio che ha la virtù d'essere proba.
Interpretare la parte, oracolare per esperire l'assurdo, reinterpretare il tentativo inverosimile della parvenza: mimare il volto del paradosso.
Dall'io all'io attraverso gli altri, una corsa per giungere all'eco che ci raggiunge… raggiungersi nello specchio per guardarsi parola, quest'assioma irrinunciabile, verbo in cui ognuno confida per spiegare… spiegarsi… quel bisogno di dirsi necessario all'io identificabile.
L'arte di dire preserva il silenzio in ascolto, riflessione acustica, lessico atono d'un vuoto elastico che si distende nella materia, anima il nucleo. L'arte di dire, la gioIa di piacersi, dimenticarsi, là dove l'introvabile resuscita assenza.
L'arte di dire si avvera quando l'assunto fossilizza, potenziale alienato, prodotto inerente al disegno voluto… uno schizzo che traccia i contorni del Tutto in quell'attimo… in quest'attimo, il cristallo che riflette ogni eterno azione dell'eterno in atto; una forma di simbiosi tra presenza in pausa d'identità e assenza in divenire.
A me, come moto destinato a finire, piace definire gli estremi per poi connetterli al potenziale divino, cioè, morire in evoluzione dissolvendo luminosa metafora, meteora d'una vetta che rotola a valle, carne trafitta dalle asperità dell' opera, dalle cuspidi virulente che la natura genera per caso come causa d'effetto materiale. In sintonia, dunque, con i vasti deserti dell'ignoto e con il fenomeno in atto, essere flusso che oltrepassa il possibile per giungere al mare come fiume… ardire all'infinito e finire. (
segue)