Centri abitati

 

 

La Brigue è il centro abitato più importante del territorio. Gli altri sono piccoli paesi di montagna: Morignolo, Realdo, Verdeggia, Piaggia, Upega, Carnino e Viozene, oltre ad un certo numero di piccole borgate sparse soprattutto lungo la direttice che collega la Bassa di Collardente a Realdo: il Pin, Borniga, Carmeli. Quello di Briga è stato uno dei tanti esempi di comuni con area estesa ad alto numero di frazioni. Il fenomeno della loro comparsa è da mettere in relazione al fatto che da un certo periodo in poi fu abbandonato il sistema difensivo delle cinte murarie optando per altre opere militari e quindi non aveva più un particolare significato stare nel centro abitato principale ed è anche dovuto all’esigenza di installarsi dove erano presenti sul territorio risorse meno limitate. Così capitò che alcuni villaggi dove la gente abitava temporaneamente divennero centri abitati permanenti, abbastanza autonomi, con edifici religiosi che furono poi trasformati in chiese parrocchiali. Gli abitanti di questi villaggi satelliti avevano però dei piccoli alloggi che servivano loro per soggiornare occasionalmente nel capoluogo in occasione di feste religiose, di giorni di mercato e nei periodi di freddo più intenso in inverno. Realdo e Morignolo si svilupparono proprio in questo modo. I più antichi di questi piccoli centri abitati potrebbero essere Borniga (posto sopra Realdo, lungo la strada che porta alla bassa di Collardente e a Briga) e Morignolo (situato in territorio francese ad Est di Briga); essi potrebbero risalire al Medioevo. Altri villaggi sembra che risalgano al massimo alla fine del Cinquecento o all’inizio del Seicento. La presenza di questi villaggi satelliti si rivelò molto utile per gli scambi che potevano essere effettuati tra villaggi diversi del territorio brigasco. Agli abitanti di Briga, per esempio, Realdo situato vicino a Triora in Valle Argentina, dove c’erano ulivi e mulini, permetteva di rifornirsi d’olio. Da Briga, invece, proveniva la farina. Le persone che effettuavano questi trasporti tra andata e ritorno impiegavano un giorno.

 

 

La Brigue (in brigasco Ra Briga)

 

Figura 11. La Brigue così come appare provenendo da Saint Dalmas de Tende.

 

La Brigue è il centro abitato principale del Paese Brigasco; era il capoluogo del comune di Briga Marittima, quando questo apparteneva alla Provincia di Cuneo e quindi al Piemonte. Nel 1947, con il Trattato di Parigi dopo la seconda guerra mondiale, una parte del territorio di questo comune, comprendente il capoluogo ed il villaggio di Morignolo è passata alla Francia; all’Italia sono rimasti Realdo, che fu attribuito al comune di Triora, in provincia di Imperia, ed i villaggi di Piaggia, Carnino ed Upega, che costituirono il comune di Briga Alta e rimasero in provincia di Cuneo. Verdeggia e Viozene, che non avevano mai fatto parte del comune di Briga, rimasero appartenenti rispettivamente al comune di Triora ed a quello cuneese di Ormea. Fino al 1947, per quanto riguarda il toponimo del capoluogo, furono in uso le forme italianizzate di Briga di Nizza o di Briga Marittima, successivamente trasformato nel francese La Brigue. Sono in uso anche il nome brigasco Ra Briga e quello occitano Briga de Nissa. Il toponimo deriva da una parola celtica, bric, che significa altezza, quota ed è da mettere in relazione all’idea di fortezza naturale.

 

Figura 12. La regione brigasca secondo un murales su una casa all’entrata di La Brigue. Si noti come il territorio rappresentato si limita alla parte del  Paese Brigasco  compresa in Francia.

 

L’abitato è situato a mezza montagna a 750 metri s. l. m. su un pianoro, alla sinistra orografica del rio Levenza. Sebbene il paese non sia molto elevato, è vicino a montagne che superano i 2000 metri; basta ricordare il monte Saccarello, che con i sui 2200 metri di altezza è il monte più alto della Liguria, il Monte Bertrand, di 2482 metri ed il Marguareis, di 2651 metri, per citarne solo alcuni. Il territorio dell’attuale comune di La Brigue si estende fino ai confini con i comuni di Tenda, Fontan e Saorge e fino al confine con l’Italia.

La ristrutturazione della linea ferroviaria Ventimiglia-Cuneo avvenuta all’inizio del decennio 1980-1990, l’apertura della Via dell’Amicizia, che collega La Brigue con Triora in Valle Argentina, in Italia, e la via d’accesso dalla Valle Roia ne fanno un centro ben collegato e facilmente raggiungibile.

Nonostante la sua altitudine non sia elevata, la sua posizione conferisce al clima del luogo caratteristiche montane, con nevicate abbondanti tra dicembre e marzo e forti temporali in agosto. Se in inverno il paese è poco frequentato, durante il periodo di bella stagione è un luogo di villeggiatura piuttosto animato; meta come è di “brigaschi stranieri” che per un certo periodo di tempo tornano alla terra delle loro origini e soggiornano nei luoghi delle loro radici.

Ma ci sono anche altri frequentatori, per i quali il luogo rappresenta un punto di partenza per passeggiate, escursioni, arrampicate ed attività speleologiche.

L’economia del territorio è ancora oggi basata sulle attività pastorali; i pastori della Provenza  e del Piemonte  per la transumanza si stabiliscono alle Alpi delle Navette e di Malabergue; quelli provenienti dalla provincia di Imperia nel Vallone di Cima Marta. Un tempo la pastorizia era un’attività molto praticata; all’inizio del XIX secolo vi si dedicava il 45 % della popolazione; gli altri erano dediti all’agricoltura e all’artigianato. Al giorno d’oggi solo la Piana di Cianessa è utilizzata per l’agricoltura, ma secondo tecniche superate. Le vigne, un tempo diffuse sul territorio, sono state abbandonate.

Il patrimonio forestale è ancora sfruttato anche se lo era di più un tempo, quando il legname proveniente dal territorio di Briga veniva utilizzato nei cantieri navali liguri.

A La Brigue ci sono alberghi e ristoranti e questo fa del villaggio una località caratterizzata da una buona capacità di ricezione turistica.

 

 

Morignole (in brigasco Morignoo)

 

Figura 13. Il villaggio di Morignolo

 

Si tratta di un piccolo paese situato in Val Roia a 1000 metri d’altitudine. Sorge in corrispondenza della confluenza dei valloni d’Amarina e di Touana.

E’  una borgata ancora abitata costituita da un agglomerato di case in buon stato di conservazione. 

Secondo la tradizione del luogo il villaggio sarebbe stato fondato nel secolo X dai  saraceni, provenienti dalla loro base nella penisola di St Tropez. Giunti dove attualmente c’è Morigolo, avrebbero fondato anche qui un loro centro.

Secondo altre informazioni, invece, gli abitanti di Briga, per sfuggire ai saraceni, si sarebbero rifugiati in questo luogo.

Il villaggio era abitato prevalentemente da pastori e la gente vi abitava in maniera permanente anche se in inverno i pastori con le loro greggi andavano altrove, alle bandite. Nel villaggio restavano solamente bambini ed anziani.

Il villaggio inizia subito dopo un ponte dietro il quale c’è una piccola piazza da cui una strada in salita porta dapprima ad una chiesa e poi conduce verso la parte più alta del paese.

 

 

Realdo (in brigasco Reaud)

 

Figura 14. Il villaggio di Realdo, situato in posizione spettacolare sopra una falesia in alta Valle Argentina.

 

Questo villaggio è tra quelli brigaschi quello che sorge in posizione più spettacolare; è situato sopra una falesia di trecento metri, in posizione dominante sull’alta valle Argentina. Arrivando da Triora, oltrepassato il villaggio di Creppo, si perviene all’Arma Pisciusa, una caratteristica cavità rocciosa in cui la strada carrozzabile descrive una curva piuttosto accentuata a sinistra. L’Arma Pisciusa è considerata un limite naturale del Paese Brigasco, che, dal punto di vista etnico, lo separa dal territorio ligure. Oltrepassata questa sorta di “confine etnico” il paese di Realdo appare arroccato sopra la bastionata rocciosa su cui sono state costruite le case, in un ambiente costellato da massi erratici, cavità naturali e strapiombi. Il paese, in lontananza, è sovrastato dalla mole imponente del massiccio roccioso ed erboso del Monte Saccarello, che chiude a nord la Valle Argentina.

L’appartenenza di questo centro abitato all’area culturale brigasca è ricordato da un insegna con scritto: “Reaud , tèra brigasca”, collocata sul muro di una casa proprio all’inizio del paese.

Il villaggio non è molto antico; risale ai primi anni del Settecento, allorché alcuni pastori sarebbero fuggiti da Briga Marittima a causa di una pestilenza e si sarebbero insediati qui. Secondo un’altra fonte il paese sarebbe invece stato edificato dallo stato sabaudo per contrastare Verdeggia, che apparteneva alla podesteria genovese di Triora e che era quindi nemica. Una conferma di questa ipotesi sarebbe fornita dall’antico nome di questo luogo: Ca’ da Roca.

Nei dintorni ci sono delle morghe, che sono piccoli insediamenti: Carmeli (anche chiamato Pastorelli), Borniga, Pin, l’Abenin e Cravitti, dove sopravvivono antiche usanze.

Realdo appartiene oggi al comune ligure di Triora, in provincia di Imperia, ma gli abitanti di questo piccolo centro abitato sono sempre stati diversi dai trioraschi, che sono dei liguri. Le differenze riguardano la parlata dei realdesi, il brigasco, che, come già detto, è un idioma occitano, con apporti piemontesi, liguri, francesi, italiani e consistono anche in certe loro usanze e tradizioni di cui sono sempre stati orgogliosi e fieri.

 

 

Verdeggia (in brigasco Verdegia)

 

Figura 15. Il villaggio di Verdeggia, adagiato sulle falde del Monte Saccarello.

 

L’origine di questo centro si deve ad un gruppo di brigaschi che presero a mezzadria i terreni dei nobili trioresi Borelli. Il villaggio così come si presenta oggi è il risultato di una ricostruzione che è stata fatta  in posizione più sicura di quella di un tempo, a seguito di una spaventosa valanga.

E’ situato a più di 1000 metri di altitudine ai piedi del massiccio del Monte Saccarello ed è, assieme a Realdo e Carmeli, uno dei villaggi alpini più alti in Liguria. E’ collocato in un fertile vallone ricco d’acqua, adatto per le attività economiche della zona, anche se la posizione, per l’importanza che ciò poteva avere in passato, era scarsamente difendibile. Le terre coltivate ed i pascoli sono stati essenziali per i brigaschi della zona. Tra le colture di questo luogo c’erano legumi, cereali, ortaggi e patate. Queste coltivazioni si estendevano fino a 1600 – 1800 metri di quota e venivano praticate col terreno sistemato a terrazze per renderne possibile lo sfruttamento. Un’altra risorsa del territorio di Verdeggia è stata fin dal Medio Evo l’ardesia ricavata in cave situate vicino al paese. Con questa pietra venivano realizzati portali, architravi per finestre, montanti per porte, pietre tombali e materiale per la pavimentazione stradale; quest’ultimo impiegato anche in altri centri della Valle Argentina. 

 

 

Piaggia (in brigasco A Ciagia)

 

Figura 16. Il villaggio di Piaggia (per gentile concessione di Edo Pastorelli)

 

E’ oggi, dopo il riassetto territoriale ed amministrativo avvenuto nel 1947 il capoluogo del Comune di Briga Alta, costituito anche dalle altre due frazioni di Upega e Carnino.

Il territorio di Briga Alta, appartenente alla Provincia di Cuneo, è incuneato tra la Francia e la Provincia di Imperia, situato in alta valle Tanaro. E’ montuoso e circondato da ampi boschi e pascoli.

Per la conformazione del suo territorio, Briga Alta si presta, agli sport di montagna, per esempio all’escursionismo ed allo sci. Quest’ultimo può essere praticato a Monesi, attrezzata stazione sciistica dotata di impianti di risalita situati sui pendii esposti a Nord del Monte Saccarello. Monesi dista solo due chilometri da Piaggia.

Piaggia sorge su un pendio soleggiato, in Val Tanaro, in corrispondenza della via che collega La Brigue a Mondovì passando per il Passo del Tanarello (m. 2042); questo era l’antico collegamento tra il Piemonte e la Contea di Nizza e questa situazione perdurò fino all’epoca del passaggio del Colle di Tenda ai Savoia, allorché, per la sua altitudine più modesta, quest’ultimo fu considerato un’alternativa migliore.

Il paese è caratterizzato dalla presenza di case costruite con l’impiego di terra argillosa e pietra, dotate di piccoli terrazzi.

La via principale del paese è dedicata all’abate Spinelli, religioso brigasco localmente piuttosto famoso; nella sua parte superiore si può osservare un forno simile a quello di Via Vittorio Emanuele III.

Al centro del paese è visibile la risorgenza della Foce, che forma una pittoresca cascata che eroga un’abbondante quantità di acqua.

All’estremità Sud del paese c’è la chiesa di san Rocco, nel cui abside c’è una tela del XIX secolo dedicata al Santo.

Alcuni edifici hanno tetti con lose, lastre di pietra grigia, e balconi di legno realizzati secondo un’usanza tipicamente alpina.

Nel paese sorge la parrocchiale di S. Giacomo Maggiore, edificata tra il 1840 ed il 1845. Si tratta di un edificio di forma allungata con un abside semicircolare. La chiesa ha un campanile con la sommità a bulbo, ricoperta di tegole a forma di scaglie grigie. All’interno ci sono una piccola tela del XVII raffigurante La Crocifissione e del mobilio che risale ad un periodo che và dalla metà del XIX secolo al XX.

La festa patronale ricorre il 25 luglio.

 

 

Upega (in brigasco Upga)

 

Figura 17. Una pittoresca stradina che passa nel centro abitato di Upega, villaggio caratterizzato da un’architettura tipicamente alpina.

 

E’ un’altra delle frazioni che costituiscono il comune di Briga Alta.

Il villaggio si trova in corrispondenza della confluenza di alcuni valloni: di Sliges, Upega e Corvo, ai piedi di alcuni colli che attraverso il Vallone di Refrei consentono il collegamento diretto con Tenda.

E’ apprezzata per le particolarità del territorio, che annovera numerose grotte, le vene del Rio Negrone e l’orrido delle Fascette.

Il rio Negrone è un affluente del Tanarello. Dalla confluenza dei due corsi d’acqua trae origine il Tanaro, affluente del Po, che a Cherasco riceve le acque della Stura e poi bagna Alba, Asti, Alessandria, gettandosi infine nel Po al limite Sud della Lomellina. Il rio Negrone passa nella Gola delle Fascette, sopra Carnino e sparisce poi in una cavità chiamata “Garbu du Butau”. Nel sottosuolo riceve la acque del sistema di Piaggia Bella. Dopo mezzo chilometro riappare con una spettacolare cascata, che sgorga da una cavità della roccia.

Da segnalare anche la pesca che, si svolge nelle acque incontaminate dei torrenti della zona.

Il villaggio è grande e costituito da case adagiate su un versante scosceso. Si possono notare case costruite in pietra grezza e dotate di ballatoi di legno, secondo canoni costruttivi tipicamente alpini.

La via principale è dedicata ad Antonio Lanteri, caduto sul fronte russo nel 1943, che passa lungo la parte bassa del paese, fiancheggiata da case con balconi di legno, fino ad arrivare al termine del villaggio ad una volta dove c’è un vecchio forno per il pane. A sinistra, prima di arrivare alla volta, inizia via Sant’Anna, che, seguendo un percorso tortuoso, sale raggiungendo, in alto, la via Soprana; questa scende in corrispondenza della chiesa passando sotto alcuni passaggi sovrastati da volte.

Il villaggio possiede una chiesa parrocchiale dedicata a S. Anna, la cui festa è il 26 luglio. L’edificio è stato costruito poco dopo il 1806 in sostituzione di una cappella ormai divenuta troppo piccola e che è completamente sparita. E’ stata consacrata nel 1871. E’ una costruzione a navata unica con volta a botte. Nell’abside c’è una tela di Sant’Anna del XVIII secolo.

A monte del villaggio, situata su un piccolo poggio, c’è la Cappella di Nostra Signora delle Nevi. Al suo interno, nell’abside, c’è una tela anonima della seconda metà del secolo XVII, che raffigura la Vergine che tende il Babino a Sant Antonio da Padova e San Bernardo di Chiaravalle che tiene un diavolo rosso incatenato. Le altre tele sono Il Rosario e San Rocco e la Vergine, entrambe del XIX secolo. Le pitture della volta sono della metà del XIX secolo. Ci sono anche due altari laterali ornati di drappi dipinti in trompe-l’oeil. Il resto, statue, mobilio e quadri sono della fine del XIX e del XX secolo.

Vicino a questa chiesa si possono osservare dei granai (o fienili) interrati, simili a dei ponticelli coperti da un tappeto erboso.

Dalla Cappella di Nostra Signora delle Nevi si sviluppa un percorso escursionistico che porta fino alla cresta lungo la quale passa la frontiera (Colle del Vescovo, 2161 m e delle Vecchie Celle, 1099 m) con ritorno passando dalle Capanne di Nivorina e sul versante opposto del Vallone d’Upega.

Nella parte bassa del paese c’è un vecchio mulino, che è stato restaurato; nelle immediate vicinanze c’è una carta geografica del Paese Brigasco con i nomi nella toponomastica locale.

 

 

Carnino (in brigasco Carnin)

 

E’ un centro situato in una conca, circondato e protetto da alte montagne. E’ diviso in Carnino Superiore, Carnino di mezzo e Carnino Inferiore. In pratica i nuclei principali sono due: Carnino Superiore e Carnino Inferiore; il resto è costituito da cascine e fienili nei dintorni, di cui i Tetti delle Donzelle sono i più importanti.

L’abitato è attualmente utilizzato dai pastori impegnati nella transumanza. Vi si possono scorgere ancora alcune case con i tetti di paglia di segale, che ha la caratteristica di essere  molto resistente.

Carnino Inferiore (in brigasco Carnin Sutan) è un piccolo villaggio situato a 1385 metri d’altitudine, con tre o quattro gruppi di costruzioni. Nella parte centrale c’è un  grosso fienile ricoperto con un tetto di paglia realizzato nel 1987 ed una casa in pietra con balconi di legno.

Lungo il parcheggio, nella parte bassa del paese, ci sono altre case con i balconi di legno.

La chiesa è dedicata a San Rocco. Si tratta di un edificio piuttosto semplice,che è stato restaurato nel 1883, dotato di un campanile. E’ a navata unica e con volta a botte. Nel suo abside, in una nicchia di legno e vetro,  c’è la statua di San Rocco, che è del XIX secolo. All’interno sono visibili due croci e quattro lanterne processionali. In una nicchia sulla sinistra ci sono delle piccole fonti battesimali. La festa del Santo è il 16 agosto.

Carnino Superiore (in brigasco Carnin Suran) è situato a 1430 metri d’altitudine. All’inizio del villaggio, vicino al parcheggio, c’è un grande oratorio dedicato alla Vergine.

Questa parte di Carnino è quella caratterizzata dal più elevato numero di case, che sono disposte in Via Pastorelli, Via Casa Canonica e Via Cuneo. Quest’ultima è la via principale ed attraversa il paese da un estremità all’altra. Al n. 29 c’è, ormai distrutto, il forno comune. Superato il centro principale, la strada continua costeggiando degli ovili e fienili caratterizzati da tetti asimmetrici, di cui uno ancora in paglia, e dal piano terreno con arcate. Le case, quasi tutte dotate di un oratorio sulla facciata, sono tozze; alcune hanno il tetto realizzato con lose. Il limite superiore del villaggio è costituito dall’oratorio di Sant’Antonio da Padova; dietro a questo una mulattiera si addentra in un vallone, transita sotto una bella cascata e successivamente, dopo dieci minuti raggiunge un poggio sul quale è collocato un calvario. Da questo poggio si ha una visione panoramica sui due nuclei principali che costituiscono Carnino e sulle vicinanze.

Nel villaggio c’è la chiesa parrocchiale in cui si onora la Madonna della Neve. Risale al XVIII secolo. Poco dopo la seconda guerra mondiale al lato sinistro della facciata è stato aggiunto un campanile costruito secondo lo stile alpino tradizionale. Si festeggia il 5 agosto.

 

 

Viozene (in brigasco Viuzena)

 

Figura 18. Uno scorcio dell’abitato di Viozene, con dietro alcune imponenti montagne delle Alpi Liguri.

 

Appartiene al comune di Ormea ed è situata in Valle Negrone, sotto il Monte Mongioie. E’ un rinomato paese turistico.

In passato, fino almeno al XVIII secolo, i pascoli intorno a questo borgo furono contesi tra Ormea ed il paese ligure di Pieve di Teco con liti che durarono secoli. Vi furono anche contese tanto feroci da sfociare in gravi fatti di sangue.

Da Viozene, percorrendo un sentiero che inizia dalla chiesa, si può raggiungere il Rifugio Mongioie in circa mezz’ora di cammino. Esso può ospitare circa cinquanta persone ed è aperto da maggio a settembre. Dal rifugio iniziano i sentieri che portano agli attacchi di alcune vie di interesse alpinistico.

 

 

 

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Patrimonio artistico

 

 

Gli architravi d’ardesia

 

Nel paese di La Brigue c’è un’ampia raccolta di architravi di ardesia, costruiti da abili artisti. Ce ne sono moltissimi, sopra le entrate delle abitazioni, che sono stati realizzati in un periodo di tempo molto ampio: dal XV secolo ai nostri giorni.

 

 

La chiesa di San Martino

 

Si tratta di un edificio in stile romano-gotico molto ricco dal punto di vista artistico se paragonato con altre chiese di montagna. Questa chiesa sembra essere stata edificata al posto di un’altra precedente, che sarebbe stata  terminata nel 1234. L’architrave del portale laterale, datato 1234, proverrebbe dalla precedente costruzione. La chiesa, così come è adesso, è il risultato della totale ricostruzione che è stata fatta tra il 1484 ed il 1509. La sue forme sono tipiche dell’architettura ligure del tardo Medioevo.

Sopra il portale principale c’è un architrave, datato 1 agosto 1501, con la scritta IHS e le armi dei Savoia; esso indica l’apertura della chiesa al culto, che avvenne prima che i lavori si concludessero.

Tra il 1575 ed il 1578 la chiesa fu modificata ed abbellita grazie alle liberalità del giurista Domenico Pastorelli. Le aperture del lato Nord furono chiuse ed il portale fu dotato di un’incorniciatura secondo i canoni dell’architettura delle facciate delle chiese del Rinascimento: teste di putti disimmetriche, capitelli con foglie, pilastri sovrapposti.

La chiesa ha un campanile costruito nello stile tipico delle Alpi del periodo tra il XV secolo e l’inizio del XVI con guglia esagonale e quattro piccoli campanili agli angoli della sommità della torre.

L’interno è caratterizzato da tre lunghe navate; quella centrale si prolunga con un abside poligonale.

Il coro ha una pianta poligonale sovrastata da una volta barocca di forma ellittica ornata con una gloria del Santo Sacramento, sui cui pendenti che la tengono su ci sono i quattro evangelisti. Su un’iscrizione c’è scritto che le volte sono state decorate nel 1886, l’anno in cui le pitture murali della chiesa furono rifatte in stile neogotico, corrente che fu molto in voga alla fine del XIX secolo, nell’ambito del romanticismo.

Le opere pittoriche conservate in questa chiesa sono di grande pregio artistico e meritano l’attenzione che può essere riservata con una visita accurata.

All’altare della famiglia Lanteri c’è una Crocefissione, con Maria Maddalena che stringe la croce, La Vergine ed una santa donna, San Martino vescovo e San Giovanni Evangelista. Dietro al Cristo è visibile una città fortificata. L’opera è del 1510. Sembra sia stata realizzata da un artista ligure influenzato dai modi della pittura dell’Italia del Nord e dalla pittura fiamminga, che aveva in Lombardia e a Genova due centri di diffusione.

Sopra l’altare di un altro ramo della famiglia Lanteri, fa spicco il trittico di Santa Marta. La Santa vi appare circondata dalla sorella e dal fratello. In secondo piano è raffigurato un paesaggio. Sopra c’è l’immagine di un Padre Eterno sotto un arco. Nella stessa immagine sono rappresentati l’arcangelo Gabriele e la Vergine dell’Annunciazione. La predella raffigura tre diverse scene, tra cui quella di Santa Marta che esorcizza la chimera davanti a Beucaire e Tarascona. Il trittico risale al 1530.

Posto sull’altare della famiglia Spinelli c’è un pannello dedicato al martirio di Sant’Erasmo vescovo di Gaeta e di Antiochia. L’immagine è impressionante: gli intestini del Santo sono arrotolati su un verricello. Nella predella sono raffigurate  scene riguardanti il martirio del santo. In base ai costumi dei personaggi l’opera può essere fatta risalire al 1515.

C’è, poi, la Cappella della corporazione dei pastori. Questa era molto potente e  raggruppava coloro che a La Brigue esercitavano l’attività economicamente più importante. E’ dedicata a San Michele Arcangelo protettore dei pastori. Il Santo, per una comunità pastorale come quella brigasca era considerato così importante, che i principali eventi venivano fatti coincidere con la festa dedicata ad esso: la partenza dall’alpeggio e l’elezione dei sindaci, per esempio e anche certe fiere.

La tela raffigura san Michele che sbaraglia il dragone, tra Sant’Agata, San Bernardino di Siena, Santa Lucia e Caterina di Alessandria.

Sotto c’è una piccola tela dedicata a Sant’Elmo, o Sant’Erasmo, raffigurato come protettore delle greggi contro i temporali ed i fulmini. Per l’importanza del culto di questo santo, particolarmente sentito presso una comunità di pastori come quella brigasca, di questa tela esistono riproduzioni in tutte le chiese dei villaggi brigaschi.

All’altare dell’Annunciazione è stata collocata un’opera raffigurante una Natività, che raffigura la Vergine, San Giuseppe ed un angelo che annuncia l’avvenimento ai pastori. L’opera è attribuita a Luigi Brea (nato verso il 1450 e morto nel 1523); certi particolari come la delicata raffigurazione di Maria, la tunica rossa dell’angelo, la profondità spaziale conferita alla composizione da delle aperture e la luminosità sono caratteristiche ricorrenti di questo artista e così anche certe influenze fiamminghe come i drappeggi dell’angelo Gabriele.

Nella cappella della Vergine del Rosario c’è un pannello dell’Asssunzione risalente al XVI secolo. Si tratta di un’opera arcaica. E’ stata attribuita, senza però alcuna certezza, a Francesco Brea.

All’abside di una delle navate laterali c’è una pala barocca, scolpita in legno, che circonda la nicchia della Vergine del Rosario. Attorno ad essa ci sono quindici medaglioni sui misteri. Queste opere risalgono al XVII secolo o all’inizio del XVIII.

L’altar maggiore risale al XIX secolo. La confraternita del Corpus Domini era incaricata della sua manutenzione.

Dalle parti dell’altare si trovano due opere scultoree di legno policromo: quella del Sacro Cuore e quella di San Giuseppe.

Vicino all’altare si trova una lastra tombale con lo stemma dei Lascaris-Ventimiglia.

Nell’abside sono esposte alcune composizioni pittoriche: L’Ultima Cena e La discesa dalla Croce a destra, San Martino, che divide il suo mantello con i poveri, al centro e La Crocifissione a sinistra. Si tratta di opere del periodo compreso tra il XVII secolo e il XVIII.

All’altare dell’Immacolata Concezione si trova una tela della seconda metà del secolo XVII, che raffigura l’Immacolata  tra i santi Carlo Borromeo e Rocco a destra ed i santi Sebastiano e Giuseppe a sinistra.

L’altare di Nostra Signora della Neve fu fatto costruire da Gian Antonio Lascaris. Suo fratello Pietrino lo fece poi abbellire per la sua liberazione, intervenuta  dopo che era stato arrestato perché ritenuto l’istigatore dell’assassinio del conte Onorato di Tenda nel 1474. Dopo l’omicidio infatti fu perseguitato dal desiderio di vendetta di Margherita del Carretto, vedova dell’assassinato, fino alla cattura ed anche dopo. Pietrino vi fece installare anche il trittico di Nostra Signora della Neve. L’opera, del 1507, porta la firma di Sebastiano Fuseri, artista di Fossano, che fu attivo nel Monregalese.

Quello di Nostra Signora della Neve è un culto molto diffuso sul territorio delle Alpi Meridionali; basta pensare al gran numero di edifici religiosi che vi sono stati consacrati. In particolare nel Paese Brigasco c’è una chiesa dedicata a questo culto nel villaggio di Carnino Superiore.

La devozione a Nostra Signora della Neve ha tratto origine dal fatto che un papa, di nome Libero, sognò che gli veniva chiesto di edificare una chiesa dedicata alla Vergine sul colle di Roma che al suo risveglio avrebbe trovato innevato. Così, sul colle Esquilino fece edificare Santa Maria Maggiore.

Il trittico del 1507 è stato inserito in una pala rococò del 1774 sulla cui sommità c’è lo stemma dei Lascaris-Ventimiglia.

Nella cappella del battistero c’è una vasca battesimale che è un opera del Rinascimento. Porta la data del 1 dicembre 1575 e fu donata dalla Confraternita del Corpus Domini, che era incaricata di occuparsi della gestione dell’altar maggiore e di altri oggetti sacri.

L’organo che è stato realizzato nella collegiale è un Lingiardi e risale all’Ottocento. Questo strumento è stato classificato “Monument Historique” e fa parte di una ventina di strumenti, detti organi all’italiana, che furono costruiti nel territorio dell’attuale dipartimento Alpes Maritimes tra il 1807 ed il 1875. Sette di questi strumenti sono in Val Roia.

L’organo all’italiana è stato uno strumento utilizzato per l’opera e per il teatro, poiché la sua versatilità consente variazioni illimitate ad un’aria da opera.

 

 

Le cappelle dei penitenti

 

I Penitenti sono le confraternite, ossia associazioni di fedeli laici che esercitano opere di carità e di pietà: l’assistenza agli ammalati, la sepoltura dei morti, l’aiuto ai pellegrini o ai viaggiatori. In queste associazioni  non ci sono distinzioni di classe tra gli appartenenti.

I penitenti vestono un saio con un cappuccio, utilizzato per non farsi riconoscere ed un cordone attorno alla vita.

La loro origine risale al XIV secolo in alcuni centri italiani.

Le confraternite di La Brigue erano due. Erano miste, cioè comprendenti fratelli e sorelle, ed associate al culto di Maria: erano quella dell’Annunciata e quella dell’Assunzione, entrambe caratterizzate da abiti bianchi. In rapporto alla posizione rispetto alla collegiale quella dell’Anunciata era detta dei Bianchi di Sopra e quella dell’Assunzione dei Bianchi di Sotto. La confraternita dei penitenti Bianchi dell’Assunta stando alla data della sua fondazione, il 1395, è tra le due la più antica ed anzi è una delle più antiche della Contea di Nizza. La confraternita dei Penitenti bianchi dell’Annunciata fu fondata più tardi, probabilmente non prima della fine del XVI secolo; la data del 1611 sulla tavola del coro potrebbe essere quella della sua fondazione.

La cappella dell’Annunciata, dei Penitenti Bianchi di Sopra, risale alla prima metà del XVIII secolo. L’edificio è stato realizzato con uno stile che risente delle influenze del barocco provenienti dalla Liguria e dal Piemonte. All’interno, sulle pareti laterali ci sono dei medaglioni dipinti, dedicati ai miracoli di Cristo.

L’altare maggiore, con stucchi e retablo barocco con angioletti e frontone rococò è provvisto di una tela raffigurante l’Annunciazione, del 1611.

Le volte sopra l’altare raffigurano la Vergine che intercede per le anime del Purgatorio.

La cappella dell’Assunta, dei Penitenti Bianchi di Sotto è stata costruita nel XVII secolo e nel 1852 ha subito un rifacimento all’interno ed all’esterno. E’ caratterizzata da una facciata monumentale a due stadi sormontati da un frontone grandioso. Nelle nicchie inferiori ci sono statue di Sant’Anna, a destra, Ste Martyre e San Giuseppe.

Disposto lateralmente, dalla parte della Levenza, c’è un campanile all’italiana.

L’interno è ricoperto da un soffitto con tre arcate ed è completamente affrescato con decorazioni del 1725.

Nell’abside c’è una pala in stile barocco; al centro una tela di autore ignoto del XIX secolo raffigurante l’Assunzione.

Un organo portatile del XVIII secolo è piazzato alla tribuna; durante le processioni veniva portato da sei uomini, mentre altri due facevano funzionare i soffietti e l’organista suonava. E’ l’unico esemplare di questo tipo di strumento nella regione.

 

 

Il santuario di Notre Dame des Fontaines

 

E’ una cappella situata in una valle, a circa 4 km da La Brigue, in direzione est, lungo un antico percorso che collega questo villaggio con Taggia e San Remo e vicino alla via che da tempi antichi collega La Brigue alla parte meridionale del Piemonte.

Il nome deriva dalla posizione della chiesa, che fu costruita sopra un ruscello, vicino a delle sorgenti intermittenti cui si attribuivano poteri miracolosi. Era un luogo di pellegrinaggio.

Si può affermare che sull’origine di questo santuario non vi sono molte certezze, ma solo un alone di mistero. Una delle poche cose accertate della storia più antica di Notre Dame des Fontaines è che la chiesa è citata in un atto notarile del 1375.

Il luogo dove sorge il santuario oggi fa l’impressione di un posto piuttosto isolato, quale veramente esso è, ma nel secolo XV vicino a questo luogo di culto transitava la strada mulattiera che collegava Briga alla Liguria attraverso il Passo di Collardente. Era, questa, un’importante via di comunicazione e la cappella non era certo isolata come lo è al giorno d’oggi. Si trattava, anzi di un luogo molto famoso tra i pellegrini, che vi giungevano dalla Liguria, dal Piemonte e dalla Provenza.

L’edificio sorge su un terrapieno; la navata  è lunga 13 metri e larga 7.2 metri. Dal lato ad est sorge l’abside. La volta attuale è stata realizzata nel XVII secolo, mentre il tetto attuale è di recente costruzione.

L’interno della cappella è completamente decorato con pitture; ci sono quelle delle pareti e del coro, realizzate nel XV secolo, e quelle della volta, realizzate nel XVIII secolo.

A proposito degli affreschi del XV secolo ci sono da fare alcune distinzioni:

-      affreschi del coro, che rappresentano delle scene della vita della vergine, i quattro evangelisti ed i dottori della chiesa; essi sono stati attribuiti a Balleison da Demonte;

-      affreschi dell’arco trionfale che raffigurano delle scene della vita della Vergine e dell’infanzia di Cristo; sono opera del pittore Giovanni Canavesio e ricoprono pitture precedenti;

-      ciclo della passione; raffigurato sulle pareti nord e sud dell’edificio;

-      giudizio finale; realizzato sulla parete dell’entrata della chiesa.

Gli ultimi due, come è riportato in una iscrizione su una delle pareti della chiesa, sono stati ultimati il 12 ottobre 1492, per una strana casualità nello stesso giorno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo.

Questa cappella fa parte di quegli edifici sacri che furono realizzati tra il XIV secolo e la prima metà del secolo XVI, allorché furono costruite molte piccole chiese in campagna ed in montagna. Nonostante la loro architettura piuttosto semplice, esse erano e ancora sono caratterizzate da decorazioni pittoriche che ne fanno degli interessanti e pregevoli monumenti artistici. Per le pitture che le caratterizzano, sono chiamate “cappelle dipinte”. Dal punto di vista iconografico si rifacevano ad una tradizione di  espressioni artistiche capaci di coinvolgere l’attenzione dei fedeli. Esse sono state realizzate in un gran numero di luoghi, lungo i percorsi dei pellegrini o lungo importanti vie utilizzate per la transumanza. Gli argomenti sui quali erano basate le loro opere pittoriche erano quelli della fede: la Passione di Cristo, la vita della Vergine, la storia dei santi più venerati (Sant’Antonio, San Sebastiano), i vizi, le virtù, il giudizio universale. Non si trattava di temi scelti dai pittori, ma di soggetti commissionati da confraternite oppure da comunità, secondo dei canoni codificati dalla Chiesa.

Lo stile delle composizioni di Baleison da Demonte è caratterizzato da equilibrio, assenza di agitazione, senso di quiete, assenza di esagerazione. Si tratta di composizioni alquanto differenti da quelle di Canavesio presenti nella stessa chiesa.

L’opera di Canavesio in Notre Dame des Fontaines è, per lo schema degli argomenti, simile ad altri cicli pittorici alpini, ma ci sono in essa anche alcuni importanti elementi di originalità.

Per esempio le immagini sono costruite con una figura centrale, che è nella maggior parte dei casi quella del Cristo.

La disposizione dei personaggi fa ricorso a rappresentazioni oblique e dà l’idea di scene che si svolgono su diversi piani.

Una caratteristica dei dipinti realizzati da Canavesio per Notre dame des Fontaines è la rappresentazione di paesaggi naturali, visualizzati in certe scene, per esempio nell’affresco raffigurante “La Fuga in Egitto” e in “Il Cristo al giardino di Gethzemani”

C’è poi l’originalità della rappresentazione degli individui malvagi; questi sono raffigurati con l’accentuazione di certi atteggiamenti che denotano violenza o nervosismo e che forniscono all’opera tratti di drammaticità.

Quello che Canavesio voleva esprimere con la sua opera era un monito nei confronti delle persone che avrebbero osservato i suoi dipinti, affinché avessero ben chiara la consapevolezza dei peccati commessi dall’umanità a causa  dei quali il Cristo fu giustiziato. Al fine di rendere evidente questo messaggio nelle composizioni la caratterizzazione dei personaggi malvagi è stata accentuata. I tratti li rappresentano caricaturali con facce brutte, imperfezioni, espressioni esagerate. Certi eccessi nel modo di rappresentare i personaggi ricordano un famoso esponente del gotico internazionale: Giacomo Jaquerio.

L’arte di Canavesio ricorda la pittura nordica, conosciuta a quel tempo attraverso disegni, incisioni e miniature e attraverso l’arte fiamminga, che nella seconda metà del XV secolo si diffuse nell’area mediterranea.

Ci sono nella sua opera degli elementi di collegamento con la pittura pizzarda (Louis Brèa, Jaques Durandi) in particolare per l’attenzione prestata alla luce, per l’ambientazione paesaggistica e spaziale, ma anche collegamenti con la pittura provenzale e con quella piemontese del Quattrocento. In particolare gli spunti espressionistici presenti nella sua opera rappresentano un retaggio della pittura post-jaqueriana.

 

 

 

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Attività economiche

 

 

La pastorizia

 

Un tempo quello dei brigaschi era un popolo di pastori; fino a non tanti anni fa migliaia di capi di ovini erano presenti sulle loro terre, sui pascoli d’alta quota. All’inizio del XX secolo i brigaschi erano circa seimila ed avevano tremila bovini, diecimila capre e sassantamila pecore.

La pastorizia era un’attività scandita dai cambiamenti stagionali. I pastori brigaschi con le loro bestie in inverno stavano sulla costa o anche nell’entroterra in località non molto elevate, prevalentemente a Nizza e dintorni ed in Provenza; pochi altri andavano in Liguria. Nel mese di  maggio  le bestie, capre e pecore, prima di partire per gli alpeggi, venivano marcate con vernici verdi o rosse oppure si tagliava loro una piccola parte del lobo dell’orecchio o si asportava un ciuffo di peli dal capo per renderle riconoscibili. Prima di salire verso gli alpeggi le bestie venivano anche lavate e tosate. A fine giugno, con l’arrivo della bella stagione, si spostavano verso i pascoli di alta montagna ed in estate si raggiungeva l’alpeggio (arp). Sui loro pascoli, lungo gli erbosi crinali delle Alpi Liguri, i brigaschi venivano raggiunti da bestiame proveniente specialmente dalle zone di Cuneo, di Saluzzo e dalla Provenza.

Durante la permanenza all’alpeggio i pastori usavano rifornirsi con provviste di lunga durata: pasta, patate, formaggio e olio.

Poi, quando arrivava il freddo, i pastori si spostavano andando alle loro case, dove si attendeva la nascita degli agnelli, per poi ridiscendere sulla costa. Questo era il ciclo dei tempi che ogni anno si ripeteva nello svolgimento delle attività pastorali.

Particolare attenzione va alla pecora (fea) di una razza particolare, detta appunto brigasca, che è stata allevata per secoli dai pastori brigaschi fornendo latte, ricotta, burro e  lana. Il suo latte serviva anche per ricavare il brus, un fomaggio molle e dal gusto decisamente piccante. Si trattava di un animale rustico e longevo ben adattato al difficile ambiente montano. Questa pecora, che era molto apprezzata, fu ottenuta con l’incrocio delle razze piemontesi di Frabosa e delle Langhe, rinomate per la loro produzione di latte. Le pecore dei brigaschi erano molto adatte al difficile ambiente montano ed erano apprezzate anche per la carne. Si dice che oggi, a causa della mescolanza con altre razze, il cosiddetto meticciamento, la pecora brigasca non esista più, con le caratteristiche di un tempo, nemmeno nel Paese Brigasco. La storia dei brigaschi è costellata anche di feroci contese  per il possesso dei pascoli, avvenute a seguito di loro spostamenti verso oriente. In particolare ci furono feroci contrasti con gli ormeaschi (gli abitanti di Ormea), che talvolta sfociarono in fatti di sangue.

Un’attività fiorente a partire dall’inizio del XV secolo fu quella del commercio della lana; veniva acquistata da mercanti provenzali, frequentatori delle fiere. Il commercio di questa risorsa permise l’accumulo di denaro che era amministrato da una banca della lana, che fu istituita nel quartiere di Borgo Rico, a La Brigue. Pare che proprio quì questo commercio abbia favorito la permanenza di una colonia di ebrei; ne sarebbe una testimonianza la rue Ghetto.   

L’isituzione dei nuovi confini amministrativi e politici dopo la seconda guerra mondiale rese difficile gli spostamenti del bestiame, provocando il declino delle attività pastorali dei brigaschi e conseguentemente una vera e propria diaspora di buona parte della popolazione. In particolare si è avuta una diminuzione degli ovini, mentre i bovini sono aumentati.

Al giorno d’oggi, all’inizio del terzo millennio, coloro che si dedicano ancora alla pastorizia sono rimasti in pochi.

 

 

 

Figura 19-20-21. Animali sui pascoli delle Navette (per gentile concessione di Edo Pastorelli).

 

Le fiere

 

In passato ci fu addirittura un decreto reale, quello emesso do Carlo Alberto il 13 settembre 1845, che si occupò di confermare lo svolgimento delle fiere brigasche. Queste avvenivano il primo martedì di giugno e nei giorni 8, 9, 10 settembre. Invece il giorno per il mercato del bestiame era l’8 agosto, il giorno di Sant’Elmo; durante questa occasione arrivavano visitatori dalla Provenza, dal Cuneese e dalla Liguria.

 

 

L’agricoltura

 

Le colture comprendevano i cereali, prevalentemente segale e frumento. La produzione locale di frumento veniva integrata acquistandone un certo quantitativo in Piemonte.

Di fronte a Briga, da circa 800 metri d’altitudine fino a poco più di 1000, si estendeva il pregiato vigneto di Chiappea.

In qualche parte del territorio, come nel comune di Briga Alta, sono diffuse la coltivazione della patata e l’attività della silvicoltura.

Dal 1920 a La Brigue vengono inoltre coltivate mele renette ed a partire dal 1930 anche pere; grosse quantità di produzione di questi frutteti è stata utilizzata per essere spedita a Nizza. Nel 1950 è stata introdotta anche la coltura della pesca.

 

 

La colletta

 

La raccolta delle castagne era già abbondantemente praticata alla fine del Settecento. All’inizio del XIX secolo questa attività veniva integrata con acquisti di castagne provenienti da Triora e da Tenda. Negli anni Cinquanta se ne inviavano circa 40 tonnellate all’anno a Nizza.

Da ricordare anche l’attività del fare il fieno e della raccolta di altri frutti.

 

 

l’ardesia

 

Un’altra risorsa utilizzabile sul versante ligure del territorio brigasco è costituita dall’ardesia. Si tratta di una pietra nera, che viene estratta in alcune cave situate nelle vicinanze dei villaggi di Realdo e Verdeggia. Viene lavorata in modo da realizzare vani per porte e architravi ornati con sculture, bassorilievi ed incisioni. Per la relativa facilità con cui questa pietra poteva essere ricavata in questi luoghi, La Brigue e Triora, ed in misura minore anche altri paesi vicini, conservano una raccolta molto vasta di architravi decorati, alcuni con stemmi. Certi sono molto antichi e risalgono alla fine del XV secolo. 

 

 

 

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Gastronomia

 

 

Anche la cucina come altre componenti della cultura brigasca ha delle peculiarità che la rendono particolare; le sue caratteristiche di originalità la distinguono da quella delle aree limitrofe caratterizzandola fortemente.

Un piatto tipico della cucina brigasca è quello dei  “suggéli cun r bruss”, che sono gnocchi di farina di grano cotti assieme a patate crude, conditi poi con olio e bruzzo (brus), ricotta fermentata tipica del luogo. 

Un’altra specialità tipica del Paese Brigasco è costituita dalle  “brussuse”, che sono ravioloni ripieni serviti generalmente come antipasti.

A Realdo  si fanno anche i menun, grumi di farina e patate, cotti prima separatamente e poi assieme, con olio o latte.

Da ricordare anche l’uso che si fa dei funghi (per esempio i ciucotti).

Sulla tavola brigasca poi non mancano piatti che, pur non essendo esclusivi, sono nel territorio brigasco così  in uso da potersi considerare tipici, quali la torta verde e le bugie.

 

 

 

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Attività sportive praticabili nel territorio brigasco 

 

 

La regione brigasca si presta alla pratica di attività sportive tipiche dell’ambiente montano: sci, sci-alpinismo, escursioni con racchette da neve, escursionismo, alpinismo, percorsi su via ferrata, torrentismo, parapendio, mountain bike, speleologia.

 

Piaggia è vicinissima a Monesi, stazione sciistica a 1400 m di quota appartenente al comune ligure di Triora, attiva soprattutto in passato, molto rinomata fino agli anni ottanta. Attualmente Monesi, dopo alcune vicissitudini, tra cui la scarsità di precipitazioni nevose degli ultimi anni, ha subito un declino che ha comportato la chiusura di tre impianti di risalita tra cui una seggiovia ed ora ha bisogno di un rilancio che ne permetta la valorizzazione e l’utilizzo delle piste che furono tracciate sul pendio esposto a Nord del Monte Saccarello. Attualmente sono ancora utilizzabili due impianti che permettono di sciare su alcune piste ed anche di praticare lo sci fuori pista. Una sciovia porta proprio vicino alla gigantesca statua del redentore, dove nelle belle giornate è possibile ammirare un bellissimo ed ampio panorama. Monesi, assieme a Santo Stefano d’Aveto, Alberola e Colle Melosa è una delle poche località sciistiche della Liguria. La località durante l’inverno non è raggiungibile da Triora, cui amministrativamente appartiene, ma è facilmente raggiungibile da Alberga e da Imperia passando attraverso Pieve di Teco e Mendatica tramite una strada provinciale. Invece uscendo al casello autostradale di Ceva è raggiungibile per mezzo della strada statale 28 fino al Col di Nava, proseguendo poi su una strada provinciale  che conduce a San Bernardo di Mendatica ed infine a Monesi. La ricettività alberghiera della località è costituita da due alberghi a due stelle e da uno a tre.

 

Il territorio brigasco è anche ricco di percorsi adatti alla pratica dello sci-alpinismo: il Monte Saccarello, Cima Missun, il Monte Marguareis, il gruppo del Mongioie  e il vallone tra Carnino Superiore ed il Colle dei Signori. Quest’ultimo itinerario e quello che da Upega porta a Cima Missun sono percorribili anche per mezzo delle racchette da neve.

 

Itinerari escursionistici sono presenti sulla quasi totalità del territorio. Dalla testata della Valle Argentina si sale alla Bassa di Sanson, al Passo di Collardente ed al Monte  Saccarello; numerose altre località delle vicinanze sono raggiungibili dalla Val Roia, tra cui Balcone di Marta, Cima di Marta, lo stesso Monte Maccarello ed il Monte Bertrand. Dalla Val Tanaro si possono raggiungere il Colle dei Signori, il Monte Marguareis e la Cima delle Saline ed il Mongioie. Gli itinerari qui indicati sono solo alcuni tra i tanti possibili, la scelta dei quali è molto ampia.

 

Alcune montagne presenti in questo territorio sono apprezzate anche per le caratteristiche che le rendono adatte allo svolgimento di vere e proprie attività alpinistiche come per esempio il Mongioie.

 

Per gli appassionati di vie ferrate a La Brigue è stato realizzato un tracciato molto ardito, comprendente passaggi spettacolari, piuttosto difficile e molto impegnativo dal punto di vista fisico, che si snoda proprio di fronte all’abitato del villaggio, sulle falesie che lo sovrastano. Il tracciato collega due zone: Les Vignes e Le Gran Duc, mediante una “tyrolienne”, costituita da due cavi d’acciaio di 120 metri di lunghezza, con una carrucola che permette di scorrere sopra il vuoto. Ci sono anche i cosiddetti "ponti delle scimmie", costituiti da una fune per le mani, una per i piedi ed una terza per la sicurezza, che permettono di passare sopra il vuoto.

 

Per gli appassionati di torrentismo c’è la possibilità di dedicarsi a questa attività nel  Rio Infernetto, una località isolata nel comune di Triora raggiungibile risalendo la Valle Argentina.

E’una gola alpina situata nei pressi di Realdo. E’ molto lunga e nella parte centrale è stretta. Nella prima parte è piuttosto secca; l’acqua è nella parte finale. Si tratta di un percorso lungo 3,5 km con un dislivello di 800 metri, caratterizzato da una ventina di calate, di cui la più alta è di 30 metri.

 

In alta Val Tanaro, sopra Viozene, nelle vicinanze del Rifugio Mongioie, si svolgono, nella stagione estiva, attività di parapendio.

Il rifugio, a 1200 m. d’altitudine è raggiungibile a piedi con un percorso di 40 minuti su sentiero, partendo da Viozene. Dal rifugio ai punti di decollo ci si sposta a piedi. Il luogo di atterraggio è davanti al rifugio.

Al rifugio si tengono dei corsi di parapendio della durata di cinque giorni con lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche. Queste constano di piccoli stacchi, voli biposto, stacchi radioassistiti, voli bassi, esercizi.

 

Il territorio, per l’esistenza di lunghi tratti di strada sterrata, ex tracciati militari, si presta ad una grande varietà di percorsi praticabili da parte degli appassionati di mountain bike. Sopra Realdo e Verdeggia, in corrispondenza della località Collardente e lungo la via che collega Monesi con Limone Piemonte è possibile dedicarsi a questo sport in ambienti montani maestosi e di rara bellezza.

 

Di tutto rilievo anche le attività speleologiche che nel territorio brigasco hanno il loro ambiente ideale per la presenza di moltissime cavità sotterranee nei pressi del massiccio del Marguareis, una zona carsica tra le più importanti che esistono, caratterizzata dalla presenza di sistemi ipogei molto complessi, con uno sviluppo sotterraneo vastissimo.

 

 

 

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