Prima o poi doveva succedere: anni di dura
e fedele gavetta alle spalle, chilometri macinati in lungo ed in largo
per la penisola a diffondere il verbo di una credibile via italiana al
blues (sempre rigorosamente cantato in inglese), una lunga serie di prove
solistiche di tutto rispetto ed ora lattesa quadratura del cerchio,
con un disco maturo, completo e decisamente superiore alla media di tante
produzioni americane. Non fatevi condizionare dai luoghi comuni: gli americani
lo sanno suonare alla grande il rocknroll, non cè dubbio,
ma qualche stella brilla anche alle nostre latitudini. Paolo Bonfanti
sa dosare le sue radici blues e la sua chitarra incendiaria, volgendo
lo sguardo verso altri lidi della musica tradizionale americana, non facendo
mistero di apprezzare un certo roots-rock di matrice classica, che si
nutre direttamente alla fonte di nomi storici quali Los
Lobos e Blasters. Del resto basta ascoltare
la carica rock'n'roll di Sometimes (cantata in coppia
con Jono Manson) per annotare i gusti
ruspanti e goderecci del disco. Non scherza nemmeno la title track, rock-blues
di quelli tirati al punto giusto, con tanti omaggi all'indimendicato Steve
Ray Vaughan, che può fare buona compagnia con il gran gracchiare
di Homebreaker blues, tra chitarre che grondano di sudore
ed una voce filtrata che fa sempre il suo effetto. Beetween me
and you alza la media, perchè viaggia sulle stesse geniali coordinate
del progetto Houndog di David Hidalgo,
blues a bassa fedeltà, ossessivo ed insinuante da morire. Move
slow ci accompagna nelle paludi del Mississippi, tra i ricordi
dello swamp-rock alla Creedence, mentre la ripresa hillibilly
di Northwestern hopeless blues mostra la faccia bianca
del sud, con tanto di mandolino e banjo (Silvio Ferretti
dei Red Wine) ed un ritmo che ti prende al primo ascolto.
Dimostrazione di versatilità sono inoltre la presenza di una limpida ballata
stradaiola (Another song), molto Dave
Alvin periodo pre-folk, ed una Times ain't changed
at all adagiata sui toni acustici del classico songwriter di
provincia. Tutto il resto non è contorno, bensì il solito sostanzioso
piatto a base di blues (la già citata Northwestern hopeless blues, Crazier
than you e il gran sferragliare di slide nello strumentale Ferrari's
walk), che non può lasciarvi ancora indifferenti di fronte a
questo paladino italiano della roots music
WWW.CLUBDEMUSIQUE.COM
|