Riuscire
a seguire tutte le frenetiche proposte della Blue Rose è
diventata impresa quasi insostenibile: inevitabile che nel marasma di
proposte messe sul tavolo, non tutto ciò che i "terribili
ragazzi" di Abstatt propongono possiede le caratteristiche per essere
considerato un piccolo capolavoro del roots-rock contemporaneo. Fred
Haring è quello che si definisce un onesto gregario del rock'n'roll
provinciale americano, uno dei numerosi operai delle radici che va a rimpinguare
il catalogo dell'etichetta. Il fatto che venga prodotto da Dan Baird,
un anima da sempre al servizio del rock'n'roll, può segnare qualche
punto a suo favore, ma quello che in definitiva interessa sono le canzoni.
Fred Haring sembra averne un buon bagaglio, mostrando un songwriting da
classico outsider, dividendo le sue radici musicali tra il battito crudo
del rocker di provincia e il classico taglio del folk singer. L'apertrura
affidata alla stessa This grand parade ci mostra i risvolti stradaioli
dell'autore, una roots-rock ballad ben impostata, ma anche un poco risaputa,
dove chitarre (Andy Harrison e lo stesso Fred Haring) e piano viaggiano
in sintonia e la parte corale arrichisce il brano di umori blue-collar.
Impressione confermata dalla seguente Work in progress, sound robusto,
chitarre suglii scudi (è della partita anche Dan Baird) e una vicinanza
d'intenti con l'opera di John Mellencamp. Un nome che si riaffaccia
spesso nelle pieghe del disco, visto, per esempio, ballate folk-rock come
Apathy o There's a song in my head, in cui il violino di
Teresa Fyffe richiama alla memoria i tempi di The lonesome
jubillee. Tremont, Illinois Christmas staziona ancora dalle
parti di un piacevole folk-rock, con qualche influsso irish, arricchendosi
di sapori rootsy grazie al banjo e all'onnipresente violino. Bones
into dust sfoggia un suono acustico attendista che esplode solo nel
finale, mentre Last man standing tira fuori lo spirito rock'n'roll
di Fred Haring, con chitarre spudoratamente sudiste come piacevano tanto
alla vecchia band di Baird, i dimenticati Gergia Satellites. Gli episodi
più cantautorali della raccolta, in parte i più deboli,
restano invece la pianistica A prayer for Evan Dando, le acustiche
Habits of the heart e Forgive me e l'evocativa chiusura
di Changing stations, che in realtà lascia spazio ad una
divertente ghost track in clima country-rock. Due stelle e mezza vanno
all'onestà ed alle capacità di scrittura, per una migliore
resa d'insieme lasciamo aperto il giudizio in attesa delle prove future.
WWW.FREDHARING.COM
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