Tra
le promesse più sprecate ed ignorate dell'ultima generazione di
rockers americani, Kevin Salem copre finalmente un silenzio infinito
e disastroso in termini di mercato, che durava dal lontano 1996, anno
di pubblicazione del suo secondo, splendido lavoro Glimmer
(per non parlare del fulminante debutto Soma City di un
paio d'anni prima). Anni passati a fare il produttore conto terzi, a suonare
come ricercato chitarrista nei dischi di amici e conoscenti, costruendo
pazientemente il suo atteso ritorno. Ecstatic è il
frutto dunque di una gestazione sofferta, dopo i disguidi con la vecchia
etichetta e le "distrazioni" poc'anzi ricordate. Noi che lo
abbiamo amato alla follia, accogliamo con stupore il suo comeback, visto
che i risultati restano contradditori ed enigmatici sul suo futuro. Ecstatic
non azzera la sensibilità rock di Kevin, ma compie un coraggioso
salto nel suo lato più sperimentale e pop. Perchè di questo
tratta principalmente il disco: un elegante, in alcuni momenti davvero
intenso, pop-rock notturno, bluastro, che spinge meno l'acceleratore sulla
forza delle chitarre e chiama a raccolta arrangiamenti più elaborati.
Insomma meno cavalcate younghiane e rock dal taglio urbano, più
ballate al neon ed un clima raccolto. Altalenanti i risultati, ma le tre
stelle arrivano comunque, non solo per la stima: basta sentirsi una canzone
splendida quale 1.000 Smiles, tra le cose migliori incise da Salem,
o le dolci melodie di Kindness e End of the addiction. Più
indigesto il pasticcio di It's only life (con tanto di divagazione
hip-hop) e gli esperimenti di elettronica in Jump e Party song.
I vecchi fans troveranno rifugio nel vibrante guitar-rock di Magnetic,
ma se avranno un po' di coraggio apprezzeranno anche il contorto blues
di Deepdarklove, oscuro alla maniera dei Morphine.
www.kevinsalem.com
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