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Brian Jay Cline - The Big Issue BJC 2002
 

Fosse uscito nel 1980, The Big Issue avrebbe avuto le sue discrete credenziali da giocarsi, in un periodo in cui scrivere pop song intelligenti e sbarazzine non era un delitto, ma il segno di una nuova generazione di musicisti stanchi della rabbia nichilista punk. Per Brian Jay Cline l'orologio si è fermato da quelle parti e non sembra curarsi troppo degli inevitabili paragoni, francamente pesanti da reggere. Il suo terzo lavoro, che segue peraltro di pochissimi mesi l'uscita del precedente Fast Train to Brooklin' conferma la sua completa maturazione in chiave pop, abbandonando anche gli ultimi orpelli di matrice roots-rock riscontrabili agli esordi discografici. Assai più centrato ed omogeneo, The Big Issue abraccia definitivamente il verbo di un limpido pop-rock, grazie anche all'apporto delle tastiere di Chris Nichols, pescando a piene mani nella new-wave inglese di fine settanta (Nick Lowe e Squeeze i primi nomi che saltano all'occhio) e in tutti quegli artigiani della canzone pop che hanno saputo unire chitarre e melodia (Marshall Crenshaw resta un esempio da citare all'infinito). C'è più personalità in campo e le canzoni stanno in piedi da sole, senza scomodare troppi confronti: in particolar modo il tris iniziale resta la sorpresa più piacevole. Merry Go Round è puro power-pop, One more Broken heart è leggera come una piuma, mentre Much Ado About Nothing sembra uscire dalle frequenze di una college radio di metà anni ottanta. Lungo il percorso Brian inciampa in qualche riempitivo anonimo, specie se tenta di indagare altri territori musicali (Roamin' Holiday, Touch and Go), ma quando torna sui passi sicuri del suo stile è impossibile non riconoscere un talento genuino (Upside Down/Inside Out, All Roads Lead to You), anche se leggermente ripetitivo negli schemi compositivi.
(Fabio Cerbone)


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