Il terzetto di S.Diego non sbaglia un colpo: era difficile ripetersi dopo
le vette raggiunte negli ultimi due lavori, anche alla luce delle lusinghiere
sirene della critica, che ha sempre elogiato i Black Heart Procession
per aver riportato un'atmosfera di mistero e malinconia nella canzone
rock americana. Ha visto bene chi ha descritto Amore del Tropico,
il primo disco a non seguire la classica numerazione progressiva (gli
altri lavori erano semplicemente intitolati I, II e III), come una breccia
nel loro cuore nero. Non si devono preoccupare i vecchi fans: Pall
Jenkins e compagni restano affascinati dai misteri e dalle sofferenze
dell'amore; è però innegabile che siano presenti arrangiamenti
più complessi, una strumentazione più curata e ritmiche
più movimentate, ad incominciare dalla splendida Amore del Tropico:
arriva dopo un breve flash di introduzione strumentale ed è un
mezzo capolavoro, una marcetta funebre per piano e violino dal taglio
cinematografico, un film noir, naturalmente. Il groppo alla gola continua
con Broken World, ma già Why I Stay sposta il baricentro
verso il deserto (potrebbero interpretarla anche i Calexico). The Invitation
è drammatica all'inverosimile, ma subito viene spezzata dai ritmi
accesi di Did You Wonder: l'alternanza delle due anime della band
si mostrerà evidente fino alla fine, con la new-wave e le tastiere
minacciose di Sympathy Crime o la straziante A Cry for Love
(se siete stati appena lasciati, passate oltre...) in opposizione al corposo
suono rock di Only The Way (bravo Tobias Nathaniel alle
chitarre), prima di toccare il cielo con la chiusura country-gospel di
The One Who has Disappeared. Rinnovati eppure sempre uguali a se
stessi.
(Fabio Cerbone)
www.blackheartprocession.com
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