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Demolition String Band - Pulling Up Atlantis Okra-Tone 2001

Il nome mette già di buon umore; la foto di copertina rivela una certa eccentricità di fondo, oltre a mostrare gusti tendenti al kitch; la produzione è rimessa nelle mani esperte di Eric Roscoe Ambel (il guru del roots-rock più arcigno, una garanzia) e Garden of love parte con il piede giusto: riff dichiaratamente Stones e tanta energia rock'n'roll mischiata ad inflessioni honky-tonk. La Demolition String Band è tutta racchiusa in queste brevi note introduttive: il proseguio di Pulling Up Atlantis, secondo disco per il gruppo, operante sulla vivace scena alternative-country newyorkese, non prevede scossoni particolari o inaspettate deviazioni di percorso, presentadosi all'appuntamento fresco e convincente fino in fondo. Una bella sorpresa dunque, anche se perfettamente inquadrata nei dettami del genere: la voce ben impostata (ma non eccezionale) e l'impatto visivo di Elena Skye fa coppia con le ottime chitarre di Boo Reiners, uno che salta volentieri dai lidi del più classico twangy sound texano, al rock'n'roll di Keith Richards, infilando di tanto in tanto sonorità jingle jangle (Dress of roses, Give it to the needy). In aggiunta lo stuolo di amici-musicisti chiamati a raccolta da Ambel fornisce nell'occasione le giuste soluzioni per far compiere il salto di qualità all'intero disco, una delle uscite roots-rock più spigliate degli ultimi mesi. Sono tradizionali quanto basta (l'honky-tonk sfrenato di Gone so long e She want outta town), ma sanno anche essere irriverenti quel tanto da catturare un'immediata simpatia: sentire ad esempio l'azzeccata cover in chiave bluegrass di Like a prayer (Madonna) o l'elettrica coda finale in One shot.
(Davide Albini)

www.demolitionstringband.com