La storia musicale di John Doe va accostata con il massimo rispetto:
figura cardine della scena rock alternativa negli anni ottanta, in coppia
con Excene Cervenka negli indimenticati X (a proposito, cercatevi
le recenti ristampe in versione economica), non ha certo intrapreso la
strada più facile per il successo. La sua altalenante carriera,
divisa a metà con l'attività di attore, dopo lo scioglimento
della vecchia band ha prodotto quattro miseri dischi in dodici lunghi
anni, allontanandolo definitivamente dai riflettori. Una scelta personale,
oltre che un inevitabile esaurimento della spinta punk-rock degli esordi,
tanto è vero che dopo le sbornie roots e country dei Knitters (con
Dave Alvin) e dell'esordio solista Meet John Doe, Dim Stars, Bright
Sky è il suo definitivo salto nei territori della canzone
d'autore, aiutato nel compito da numerosi ed illustri amici (tra gli altri
Jakob Dylan e Aimee Mann). Per l'occasione debitamente ammodernate, grazie
alla co-produzione di Joe Henry e Dave Way, questi brani restano
pur sempre figli di un linguaggio folk-rock classico, più da songwriter
nostalgico e raffinato che da energico rocker. Descritto come il suo personale
disco acustico, Dim Stars, Bright Sky offre in realtà qualcosa
in più di un semplice unplugged: è un soffice incrocio con
una pacata strumentazione elettrica, tastiere e piccoli campionamenti
volti a creare un'atmosfera generalmente sommessa e gentile (7 Holes
e Faraway). Di rado si tenta uno scatto: Forever for You
e This Far alzano di pochissimo i ritmi, mentre Magic sfoggia
persino un andamento pop, ma è nel clima autunnale di Employee
of The Month (triste come solo Mark Eitzel sa esserlo) che va ricercata
l'anima dell'artista. Tutto molto elegante, nonostante si corra troppo
spesso il rischio di impantanarsi in melodie tediose. Per spiriti malinconici
(Fabio Cerbone)
www.thejohndoe.com
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