Prezioso
lavoro di recupero dei primi lavori solisti di Alejandro Escovedo
da parte della texana Lone Star, che propone una versione ampliata sia
di Gravity che di Thirteen Years, con un intero cd inedito in aggiunta.
Nel caso di Gravity si tratta dell'esordio di Escovedo dopo
le lunghe vicessitudini degli anni ottanta: alle spalle la rabbia punk
dei Nuns e le scosse roots di Rank & File e True Believers, molte
lodi ed incoraggiamenti, troppe incomprensioni ed insuccessi. Finalmente
libero di esprimere un talento infinito, Alejandro mostra già tutta
la sua romantica poetica di "loser" per eccellenza: solitario
rocker di confine, malinconico cantore della disperazione, miscela i sapori
del border messicano con il rock'n'roll più viscerale, il country
texano con i Velvet Underground, scrive ballate da infarto e mostra una
capacità unica nel ritagliarsi uno stile personale. L'autorevole
David Fricke di Rolling Stone dirà che Escovedo è riuscito
musicalmente a crearsi un proprio genere, mentre la rivista No Depression
lo eleggerà "Artista del decennio" per i '90, tributando
il giusto riconoscimento ad uno dei songwriters più atipici e sinceri
che si siano visti in questi anni. Prodotto dall'amico Stephen Bruton
(chitarra solista nel disco), Gravity mantiene ancora oggi un fascino
irresistibile: saranno certe umide ballate notturne (She Doesn't Live
Here Anymore), sarà l'epicità che avvolge il suo folk-rock
di confine (Broken Bottle, By Eleven), saranno le crude
digressioni di un rock'n'roll dal taglio Stones (One More Time,
Oxford) e debitore della stagione punk (la strepitosa Pyramid
of Tears), ma sul cospicuo slancio fornito alla canzone d'autore da
questo ragazzo non si discute affatto. Il secondo cd comprende uno show
acustico, accompagnato da violino, cello e chitarre, registrato nel febbraio
del '93 a Santa Monica, California. Un'occasione da non farsi sfuggire
per chi non avesse familiarità con il personaggio.
(Fabio Cerbone)
www.alejandroescovedo.com
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