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Greyhound Soul - Alma de Galgo 808 records 2001

Tucson continua ad essere un luogo speciale sulla mappa del rock perferico americano: come in altri piccoli santuari del roots-rock, l'incredibile forza comunicativa del paesaggio circostante si riversa in un sound perfettamente distinguibile. Credo che citare esempi quali Giant Sand e Calexico possa rendere bene il concetto racchiuso in questa introduzione. Joe Peña e i suoi Greyhound Soul (a proposito, un nome splendido) non fanno eccezione: il suono del deserto ce l'hanno nel sangue e lo rigurgitano in un bluesy-rock crudo e arido, a tratti nervosamente elettrico, altre volte magnificamente soulful e d'atmosfera (la bellissima Roll on). Il merito va assegnato principalmente alle timbriche rauche della voce di Peña, alternativamente accostata a Tom Waits e Bob Dylan, ma in realtà del tutto personale e forse più affine ad un altro grande ed ignorato cantore del deserto quale Guy Kyser dei Thin White Rope. La band ha esperienza da vendere, e la ruvida produzione è una garanzia assoluta nelle mani di Craig Schumacher: il risultato è Alma de Galgo, affascinate viaggio desert-rock di quasi settanta minuti, secondo lavoro per i Greyhound Soul dopo l'esordio del '96 con Freaks. Non c'è che dire, Joe Peña e soci si prendono tutto il tempo necessario, ma poi sfoderano dieci canzoni di elevatura mediamente superiore, con pochi inevitabili riempitivi, vista anche la lunghezza del cd: dalle stilettate elettriche in apertuira con Love don't rain, rock'n'roll ringhioso, alle atmosfere rootsy di una ballata come Nothin', dal roboante folk-rock dyalniano di Alligator Face e Hold my heart alle lunghe conclusive cavalcate di Whole e I'll never know (sopra i sette minuti) è un continuo inseguirsi di ombre dalla classica iconografia del western-rock, all'incrocio tra la Band, il Dylan più scontroso ed il deserto younghiano di Zuma.
(Fabio Cerbone)

www.greyhoundsoul.com