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Dal Canada: The Guthries

The Guthries - The Guthries Haysale 2002

L'omonimo secondo episodio dei Guthries prova a scrollarsi di dosso i facili accostamenti con le icone del suono alternative-country: come intelligentemente suggeriscono le stesse note biografiche della band, le suggestioni richiamate dalla loro musica sono assai più variopinte. The Guthries si avventura in una commistione di radici country&western ed arrangiamenti solari, divagazioni pop, echi beatlesiani, con l'aggiunta di un'intera sezione d'archi in appoggio e qualche fiato a spingere in direzioni nuove. Li hanno tacciati come cloni dei primi Jayhawks, e l'influenza è palese nell'apertura di Terrible Thing, ma scorre ben altro nella testa di Dale Murray e Ruth Minnikin, principali autori del quintetto. Il primo cala le vere carte vincenti, mostrando il volto più fantasioso della formazione, che si palesa in deliziose ballate in bilico tra tradizione roots e sapori pop (The Ballad of Buck Steel, We Know What We're Doing, The Melodies You Bring). Chitarre cristalline, richiami sixties ed arrangaimenti eleganti si impastano in un sound scintillante e leggero (Lost You in The Fog). Per contro la pigra vocalità della Minnikin si adatta a ballate sornione quali Careful Love e la roots oriented I Will Forget, con una menzione speciale per la splendida Leave Me in Montgomery, che sposta il baricentro verso sonorità vicine alle intuizioni della Band, altro punto di riferimento imprescindibile. La dipartita del membro originario Matt Mays ha sciolto non poco gli influssi tipicamente alt-country, ora ripresi per mano dall'entrata come autore del fratello di Ruth, Gabriel Minnikin, voce baritonale e influssi honky-tonk in Missing Hatt e Willin' and Able. Si tratta di simpatici siparietti tradizionali e nulla più, in realtà assolutamente fuori luogo nel nuovo corso della band. L'anima dei Guthries sembra esprimersi al meglio quando si allontana dai vecchi schemi di genere: li invitiamo a proseguire nel cammino per non perdersi nel mucchio
(Fabio Cerbone)


The Guthries - Off Windmill Haysale records 2000 1/2
 

Il debutto di questa giovane band canadese, originaria della Nova Scotia, ha il gusto delle piccole cose preziose e non stupisce più di tanto che si sia fatto notare da gran parte della critica: le lodi tributate in particolar modo dalla stampa inglese (le prestigiose Mojo, Uncut, Q tra le tante) hanno contribuito a rendere il nome dei Guthries una sorta di culto tra gli irriducibili estimatori della purezza alternative-country. Quella che si respira in Off Windmill è a tutti gli effetti un'atmosfera di recupero delle origini: gli accostamenti nobili ai primi Jayhwaks e Wilco sono senz'altro giustificati, nonostante il disco contenga una gamma di ispirazioni persino più antiche, rintracciabili nell'era pioneristica del country-rock (Flying Burrito Bros e Gram Parsons in primo luogo) e in quel 'magico impasto roots che caratterizzava la Band. Paragoni nobili e pesanti, da prendere evidentemente come sintomo di un'appartenenza comune. Off Windmill è un disco di una freschezza incredibile, nonostante non aggiunga nulla di nuovo al genere: strumentazione elettro-acustica, chitarre incrociate a mandolini, banjo e pedal steel, ottimi impasti vocali, melodia in primo piano. Sei gli elementi originari del gruppo, con due coppie di fratelli (Murray e Minnikin) tra cui si distinguono tre autori: da un parte Ruth Minnikin, voce femminile impegnata sul versante di flebili ballate folk come Deep Blue, dall'altra Dale Murray e Matt Mays, ambasciatori del linguaggio alternative-country (l'elettrica Suited e Left on Pages sulla scia del Neil Young storico). Mays abbandonerà in seguito la band, lasciando tuttavia in eredità autentici gioielli quali Better part of an Hour (praticamente una sorta di outtake di Hollywood Town Hall dei Jayhwaks) e Rhubarb Pie.
(Fabio Cerbone)

www.theguthries.net