L'avventura solista di Neil Halstead non compie un salto nel buio
rispetto a quanto è stato già debitamente apprezzato in
passato con la sua affascinante creatura dei Mojave 3, band di
punta di quell'intricato universo neo-folk nato in Inghilterra nella seconda
metà degli anni novanta. A dispetto di un prevedibile cambio di
rotta rispetto al passato, le flebili e sussurrate nenie folk-rock di
Halstead mantengono indelebile il loro marchio di fabbrica, risultando
probabilmente ancora più fragili. Le coordinate, i rimandi e le
influenze restano tuttavia chiarissimi, direi inconfindibili: si scomoderanno
ancora i fantasmi di Nick Drake e del Neil Young più elegiaco,
tenendo un occhio di riguardo ai Beatles più bucolici (Martha's
Mantra, visto anche il titolo, non avrebbe sfigurato sul doppio bianco).
Sono ballate sopsese tra un tappeto di suoni acustici e calibrati interventi
di tastiere e piano a donare cadenze pop mai eccessivamente stucchevoli.
Nella title-track spunta persino un banjo e si alimentano le connessioni,
rilevate anche in occasione dei dischi con i Mojave 3, con la tradizione
country-rock di Gram Parsons, seppure in una dimensione molto meno roots
rispetto ai cugini americani. La voce è costantemente "repressa",
un sottile bisbiglio (Dreamed I saw soldiers, High hopes)
su una distesa di arpeggi acustici (significativa Hi-Lo and inbetween,
uno dei punti di forza del disco) e qualche timida incursione di elettricità,
che mostra i suoi frutti migliori nell'iniziale Seasons, folk-rock
dai colori vivaci, così come nel finale psichedelico e onirico
di See you on rooftops.
(Fabio Cerbone)
www.mojave3.co.uk
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