Ricca testimonianza dei primi dieci anni di carriera solista per Juliana
Hatfield, Gold Stars 1992-2002 non è propriamente una
galassia costellata d'oro, se è vero che la fragile rocker di Boston,
da riconosciuta eroina dell'alternative-rock agli inizi degli anni novanta,
ha visto ridimensionarsi di continuo il ruolo di prima attrice del rock
al femminile. Esponente di punta di quel guitar-pop melodico ed irruente
al tempo stesso, che tanto conquistò la programmazione delle college-radio
verso la fine degli anni ottanta, leader delle Black Babies ed amica di
Evan Dando dei Lemonheads, la Hatfield non ha mai cercato di assecondare
del tutto le pressioni dei media, preferendo un percorso un po' defilato
alla facile banalizzazione della sua musica. La raccolta ripercorre dettagliatamente
(all'interno del cd le note e i commenti della stessa autrice) dieci anni
di alterne fortune, privilegiando tuttavia l'ultima e meno chiacchierata
parte della sua vita artistica. In questo senso non può essere considerato
un compendio molto esaustivo sulla sua produzione, viste le numerose lacune
di materiale dai primi lavori, specie il piccolo hit di Hey Babe
del '92, qui rappresentato dalla sola Everybody Loves Me But You.
Sono comunque presenti alcuni cavalli di battaglia come Spin the Bottle
e My Sister (da Become What You Are, 1993), testimonianze
dei giorni più felici, accanto ai quali non sfigurano affatto Somebody
Is Waiting For Me e Cry In The Dark, ballate elettriche dall'appeal
radiofonico mai scontato, o le tirate hard di Houseboy e My
Protegeè, dal suo disco più controverso, Juliana's Pony: Total
System Failure. Inoltre, la presenza di ben sette inediti sui venti
brani complessivi potrebbe far gola a molti fans della prima ora: nel
mucchio segnaliamo una languida Mountains of Love risalente al
'96 e la cover di un classico di Neil Young come Only Love Can Break
Your Heart registrata nel '98.
(Fabio Cerbone)
www.julianasite.com
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