La voce di Mike Ireland arriva come una fitta al cuore per i puristi
di certa country music, talmente fuori moda che a Nashville non si accorgono
nemmeno del suo enorme potenziale. Complici gli arrangiamenti limpidissimi
ricreati con i fedeli Holler, Try Again è
un tuffo nel passato di un linguaggio musicale che, quando riesce a cogliere
quel senso di malinconica e languida poesia che lo contraddistingue, compie
piccoli miracoli. Pensare che Mike, come molti suoi coetanei del Missouri,
non ci pensava nemmeno ad abbracciare con questa perizia un genere che
giudicava fin troppo sorpassato. Poi la folgorazione, e noi ringraziamo:
il debutto è avvenuto, stranamente, sotto l'egida della Sub Pop
(Learning How To Live nel '98), la critica è andata
in estasi, ma lui è rimasto a piedi. Le delusioni e le sofferenze
patite (un divorzio, la morte del padre) sembrano aver accresciuto il
senso di vulnerabilità e appassionata nostalgia delle sue melodie
(apre la raccolta una scintillante dichirazione d'intenti, Welcome
Back). Country-rock con il marchio dei classici (nel disco ci suona
una leggenda come Buddy Cage), Buck Owens e Merle Haggard nelle
vene (The Other Way è un tributo dichiarato), ma anche la
vena soul di Charlie Rich, qualche rara impennata honky-tonk (Sweet
Sweetheart, dove si avvicina ad un altro discepolo come Dwight Yoakam)
ma soprattutto una valanga di emozioni su un tappeto di struggenti ballate
(Tonight, Right Back Where I Started, Mr. Rain) dominate
da chitarre acustiche, piano e violini. Qualcuno troverà il suo
stile fin troppo svenevole, si astengano perciò amanti di un suono
roots più crudo e rock'n'roll. Agli altri dirò invece che
Try Again è uno dei dischi country più puri, intrasigenti
e belli di questo 2002, la Nashville che nessuno, nemmeno in casa propria,
ha voglia più di ascoltare.
(Fabio Cerbone)
www.mikeireland.com
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