Il terreno è sempre quello dell'Alt-Country, ma con una marcia in più.
I Lucero, rivelazione di questo finale d'anno, non hanno stravolto
i canoni di un filone sull'orlo del precipizio, ma hanno saputo dare,
con semplicità, tenacia e capacità compositiva, una ventata vibrante al
genere, fondamentale per scongiurare una débacle. Tennessee,
secondo album per la Madjack Records dopo un lavoro totalmente autoprodotto
e distribuito, è il disco che non ti aspetti: nato dalla mente e dalle
parole di Ben Nichols (chitarra e voce), si sviluppa attorno a
chitarre loud, grinta e arrangiamenti curati e penetranti. Cody Dickinson
(membro dei North Mississippi All Stars, amico da sempre della band e
da sempre loro produttore) contribuisce con pianoforte ed esperienza a
dare forma ad un suono già solido di suo, facendo correre liberamente
l'indisponente ed aggressiva vocalità di un Nichols ispiratissimo. Ed
è proprio lui, con un'impostazione punk (derivante dall'esperienza con
i Red 40, una bar band dalla notorietà pressoché nulla), a dare spessore
e significante sfacciataggine a brani come Sweet Little Thing e
Starlight Diner, dall'intro moderato o acustico, sviluppati nota
dopo nota lungo binari chitarristici "stop and go" e sincopati. Il rock
diretto di Chain Link Fence ed il sound desertico di Slow Dancing
fanno a pugni per regalare una visione ampia delle intenzioni dei Lucero,
raggruppate poi in ballate come Nights Like These, I'll Just
Fall (con una chitarra elettrica graffiante sovrapposta ad archi d'atmosfera)
e la pianistica Fistfull Of Tears. Banjo ed organo, presenti sì
ma non eccessivamente, sono strumenti fondamentali per mantenere un'integrità
old style e per tracciare direttive semplici sulle quali poggiare liriche
da autentici storytellers. Tennessee è un album che non deluderà.
(Carlo Lancini)
www.lucerofamily.net
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