Vi
aspettereste qualcosa di sconvolgente da Delbert McCliton? Certo
che no: non è forse il suo segreto da tret'anni a questa parte?
Dunque non sorprende più di tanto ritrovarlo tra noi con il suo
irrinunciabile bagaglio di blues, country e rock'n'roll al seguito, miscelati
a dovere ed esposti con quel tanto di mestiere acquisito, tanto da diventare
un'autentica icona della Texas music. Se aggiungete il fatto che il precedente
Nothing Personal ha rappresentato inaspettatamente una seconda giovinezza,
trascinandosi dietro il plauso della critica e la conquista di un Grammy
Award, capite bene che il nostro eroe è al settimo cielo. Room
to Breathe suggerisce proprio queste sensazioni di euforia, nonostante
ripetere il recente exploit fosse assai improbabile. Il nuovo lavoro si
rivela difatti meno brillante e variegato, eppure suona come una festa
in gran spolvero del McClinton style. Prendetelo come una sorta
di greatest hits sotto mentite spoglie: l'effetto di serena felicità
trova la sua esaltazione in Lone Star Blues, corposo honky-tonk
sostenuto da una parata di stelle della canzone texana (Guy Clark, Steve
Earle, Joe Ely, Rodney Crowell, Emmylou Harris e l'elenco continua), pronte
ad omaggiare un fratello maggiore. In ogni caso è tutto il disco
a comunicare gioia e puro godimento, complice la ruspante produzione di
Gary Nicholson, senza cercare particolari spunti di novità:
Same Kind of Crazy, Blues About You Baby, Money Honey
sono la solita godereccia sarabanda rock'n'roll, la voce sporca e
bluesy di Delbert al centro con contorno di ruvide chitarre e piani boogie
a spingere sull'acceleratore. Jungle Room e The Rub aggiungono
una calda sezione fiati e virano in territori funky-rhythm'n'blues. Un
tocco di shuffle in New York City, il primo amore blues in Ain't Lost
Nothing, persino un paio di ballatone un poco kitsch (Everything
I Know About the Blues sembra fare il verso a Randy Newman) completano
il felice quadretto. Just for fun
(Fabio Cerbone)
www.delbert.com
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