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James McMurtry - St. Mary of The Woods Sugar Hill 2002

Cominciava ad essere preoccupante il silenzio artistico di James McMurtry. Sono passati quattro lunghi anni da Walk Between the Raindrops e per uno abituato a sfornare piccoli capolavori di rock rurale ogni due anni era un pericoloso segnale di affanno, o peggio ancora una profonda delusione per la reiterata indifferenza intorno alla sua musica. Saint Mary of The Woods lo riporta tra noi con quelle tonalità aspre e romantiche al tempo stesso, che lo hanno trasformato in uno dei songwriters più affascinanti e credibili della desolata frontiera americana. Nel nuovo lavoro manca il marchio produttivo dell'amico Lloyd Maines, ma la differenza non si nota: questa volta James ha fatto tutto da solo e il piatto gli è riuscito anche meglio che in passato. Si è portato dietro i soliti amici (Ronnie Johnson al basso e Lisa Mednick all'accordion), qualcuno lo ha ritrovato lungo la strada (David Grissom alla chitarra solista) altri nomi eccellenti si sono aggiunti per l'occasione (Ian McLagan all'organo). Ciò che veramente conta è la presenza di dieci canzoni che suonano esattamente come vi aspettereste da lui: James Mcmurtry recita la sua parte, il suo rock desertico e cosparso di radici, le sue canzoni che si aggrovigliano intorno ai soliti accordi, e quella voce monotona, manco fosse un Lou Reed perso tra Austin e Lubbock. E' il suo pregio ed il suo difetto, prendere o lasciare: in St. Mary of The Woods non troverete novità all'ultima moda, ma un autore che ha fatto della poesia del confine un'arte sopraffina. Storie ai margini, popolate dai fantasmi dell'altra America, divise tra trepidanti rasoiate rock'n'roll (la cruda Lobo Town, Red Dress), country-rock da bettola texana (Valley Road), roots-rock da capogiro (il rifacimento di Dry River, a firma Dave Alvin) e ballate che oggi sono soliti definire Americana ed un tempo amavano chiamare heartland rock (Broken Bed, Gulf Road). E' il cuore dell'America di periferia che ispira quest'uomo e lo ritrovate tutto, in forma strepitosa, nel convulso finale boogie-rock di Choctaw Bingo, splendido racconto on the road che si candida a testo dell'anno. Quando si dice "un artista vero" e per giunta di una specie in via d'estinzione.
(Fabio Cerbone)

www.sugarhillrecords.com