Introduce
una voce profonda e sensuale, un banjo ricama sullo sfondo ed una malinconica
dolcezza assale l'ascoltatore: in fondo basta poco per creare poesia e
siamo già dentro l'ennesimo gioiello di questo immenso folk singer
dell'Iowa. Lull It By è solo l'inizio di un'altro affascinante
viaggio nel linguaggio musicale asciutto ed ispido di Greg Brown.
Costantemente ispirato, sempre uguale a se stesso eppure continuamente
in gioco, non perde il vizio di scrivere grandi e semplici canzoni, intrise
di tutti i sapori roots della sua terra. Un folk-blues oscuro e tagliente,
che sembra uscire dalla penna di un Tom Waits disperso sui monti Appalachi
(la strepitosa Let me be your gigolo) serpeggia nella maggior parte
di questi brani, in cui una tensione palpabile viene allentata da ballate
a cuore aperto, che pochi oggi si possono permettere (basterebbe la stessa
Milk of the moon o il finale con Oh You). Si potrà
tranquillamente affermare che Milk of The Moon non aggiunge
nulla di nuovo a quanto già pienamente apprezzato in passato, alle
vette artistiche raggiunte negli ultimi anni con Slant Six Mind
o l'ultimo, bellissimo Covenant, ma la realtà è che
siamo stati abituati troppo bene e questa nuova avventura apparirà
come "routine". Non lo è affatto, perchè Greg
Brown ha la stoffa dei grandi, che invecchiano bene come il buon vino,
collocandosi sulla linea di gente come Dave Alvin o Steve Earle; insomma
con lui si sbaglia di rado il bersaglio. Ha perso per strada il fedele
compagno di produzione Bo Ramsey, essenziale cesellatore di incastri chitarristici
in tutti i suoi precedenti lavori, ma la mancanza non è insopportabile:
grazie a Dio è tutto come prima, un sound spartano, ridotto all'osso,
che oscilla tra sulfurei blues notturni (la waitsiana Mud, la slide
minacciosa di The moon is nearly full), folk-rock di fattura pregiata
(Telling Stories) e qualche imprevista impennata country-rock (A
little excited). Bertornato Greg.
(Fabio Cerbone)
www.gregbrown.org
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