Se, per alcuni addetti ai lavori, la migrazione dei Motorpsycho
dal grunge di Seattle alla psichedelia Californiana, cominciata
due anni fa, è stato un vero e proprio passo falso, per il sottoscritto
e per tutti gli amanti di quello stile è stata un'inaspettata sorpresa.
Con It's A Love Cult, ennesimo album da studio, la band
norvegese non fa altro che ricalpestare il sentiero percorso con Phanerothyme
e Let Them Eat Cake, rievocando quindi un sound retrò che mischia
archi, chitarre folk e jam sessions elettriche ed interminabili. Se l'iniziale
Uberwagner Or A Billion Bubbles In My Mind sorprende per il gonfiore
del proprio suono orchestrale, grintoso e deciso, Circles conduce
dritta in direzione West Coast, regalando un folk sussurrato e stellare.
Con Neverland, evoluzione d'obbligo di Go To California (da Phanerothyme),
il folk si tramuta in uno smagliante suono beat, preludio di Carousel,
sette minuti d'archi in crescendo e d'alchimie vocali alla Crosby, Stills,
Nash & Young; le tastiere brit e il ritmo fine settanta di Burt Bacharach
fanno capolino in What If…, mentre il rock di Demon Box (1993)
risorge grazie a Custer's Last Stand. Di contorno ad un album già
abbastanza lungo (cinquanta minuti), musicalmente curioso, nonché l'ennesimo
a passare attraverso un'universalità sonora, i Motorpsycho pubblicano
Serpentine Ep, mini album di cinque pezzi, quattro dei quali
inediti. La title track, unico brano presente anche su It's A Love Cult,
è un pop in evoluzione, solare e con un buon giro di basso, mentre le
rimanenti tracce svariano dal quiet folk di Shane 2 Am alla jammmata
ed esaltante Fade To Gray, passando per il suono anni settanta
di Little Ricky Massenburg e Snafu. Quale sarà il passo
successivo è difficile prevederlo: intanto godiamoci questi due ottimi
dischetti.
(Carlo Lancini)
www.motorpsycho.fix.no
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