Bluastro,
elegante e timidamente elettrificato, Soul Surfing prosegue
con convinziione l'ultimo percorso artistico inaugurato da Elliott con
lo spettacolare Beauregard del '98, davvero uno dei dischi
più affascinanti ed aggiungo, purtroppo, snobbati degli ultimi
anni in materia di rock d'autore. La differenza nella "carriera"
ai margini di Elliott Murphy sembra averla fatta proprio quel lavoro,
sul quale continuano in qualche modo a modellarsi i suoi recenti, ripetuti
sforzi solistici. Il rischio è innnazi tutto una certa inflazione:
nel giro di un paio d'anni abbiamo avuto l'ottimo live acustico April,
l'altrettanto dignitoso Rainy Season ed una collaborazione
di spessore con Ian Matthews ne La Terre Commune.
Scontato attendersi dal nuovo Soul Surfing lo stesso impasto elettro-acustico
(nell'occasione molto più acustico invero) che sposa cantautorato
folk-rock di scuola americana con inevitabili suggestioni da chansonnier
europeo (Eiffel tower blue, Strangers on a train), vista
la stabile permanenza del nostro in quel di Parigi. Canzoni dal passo
vellutato, la chitarra che conduce la melodia, quella del fido e bravissimo
Olivier Durand a ricamare di fino, l'aggiunta di calibrati interventi
alla tastiere ed alla fisarmonica da parte del bravo Kenny Margolis
(Willy de Ville e Cracker tra i tanti) ed il gioco è fatto. Un
disco di una serena maturità, scorrevole quanto si vuole, ma onestamente
lontano dall'ispirazione del citato Beauregard, a volte eccessivamente
di maniera. Murphy appare in generale arenato su certe intuizioni e a
poco valgono motivazioni di budget ridotti: a volte si ha la netta sensazione
che un lavoro più articolato in fase di arrangiamento avrebbe giovato
ad innalzare l'impatto medio di queste canzoni. Ciò non toglie
che brani quali Irish Eyes, la classica Come on Louann o
la rilettura di Hold on di Tom Waits conservino un fascino indiscutibile,
soprattutto per le capacità interpretative di Murphy.
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