Nativo di Houston ma trasferitosi in tempi non sospetti ad Austin, Beaver
Nelson è uno dei più quotati songwriters texani. Amico del desaparecido
Will T. Massey, meteora apparsa agli inizi dei novanta (il suo unico disco,
datato 1991, vedeva la presenza di Mike Campbell, Jim Keltner e Roy Bittan,
tutto per la produzione di Thom Panunzio. Un nuovo Springsteen? Sembrava
proprio di si), Beaver si è fatto largo sgomitando per serate in locali
e con demo casalinghi ad alto contenuto cantautorale. Ed è proprio la
componente lirica, forgiata sui modelli di Dylan, Guthrie e Van Zandt,
che ha permesso a The Last Hurrah, disco d'esordio del 1998,
di ricavare all'autore un ruolo di rilievo all'interno del panorama musicale
texano e non solo. Legends Of The Super Heroes, quarto disco
in cinque anni, rimarca quanto detto ed avvicina sempre più la musica
a standards acustici dalle sfaccettature pop: non che Beaver sia da considerare
un apostata della Roots Music o dell'Americana, anche perché la presenza
del fido Scrubby Jud Newcomb (ex Loose Diamonds) garantisce sempre
moderna tradizione. Nel complesso l'album si sviluppa su motivi scanzonati
(Digging A Well, brano con un feedback elettrico ad accompagnare
il cinguettio d'usignoli, e Chameleon Brain, traccia pianistica,
sofferta ma ritmata), farciti di mandolino (Clean It Up, Government-Sanctione
Hayride), di ottoni semplici ed allegri, come per Baloney Bay,
e di chitarre acustiche a go-go. Che il bridge di Anything Easy Left
assomigli all'Elvis Costello d'annata non sminuisce un lavoro basato su
simboli espliciti, solo chitarra e mainstream, del calibro di Sleep
(No Rest), Mile Markers e Some Day Just Like Today.
Le percussioni sembrano passare in secondo piano, com'è giusto che sia
per un album dall'altissimo contenuto cantautorale. "Every time I Feel
bad, I Think Of Something Good In The World And It Makes Me Feel Good
In Time", dice Beaver.
(Carlo Lancini)
www.beavernelson.com
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