La
svolta nella carriera di Chuck Prophet è stata segnata indelebilmente
dalla pubblicazione di The Hurting Business, disco di sperimentazione
ed incroci arditi tra la formazione tradizionalista di un chitarrista
sopraffino e mai troppo lodato (anche e soprattutto quando era il braccio
dei Green on Red) e le spinte moderniste di campionatori e sampling. Coraggioso
se non altro, ma anche parecchio confusionario: il risultato si rivelò
un vero e proprio pasticcio. Per certi versi No Other Love
ne rappresenta la prosecuzione: non è il Prophet fine songwriter
d'impostazione sudista in Balinese Dancer (a tutt'oggi il suo capolavoro),
ne il rocker tenebroso ed eccitante di Homemade Blood, ma un credible
rappresentante di un folk-rock futurista, incontro tra roots classiche
e personaggi quali Beck o Eels, arrangiato finalmente con sobrietà
su una solida base costituita dalle sue chitarre e da una voce forse poco
eclatante, ma che assume tonalità sempre più affascinanti
col passare degli anni. Di contorno tastiere, organi, archi e parti campionate
che questa volta si incastrano alla perfezione. Ne scaturisce un disco
sensuale e ritmico, interamente giocato sui groove e sulle sfumature di
un songwriting che andrebbe seriamente rivalutato: si incrociano ballata
roots (After the rain ed una strepitosa That's how much I need
your love), rock'n'roll febbricitante d'impostazione low-fi (Run
Primo run, Elouise), cadenze bluesy (What can you tell me)
e persino iniezioni di soul (Summertime thing). No Other Love cattura
l'ascoltatore nei piccoli particolari e cresce ascolto dopo ascolto, specie
per chi non si lascia andare a chiusure da "fondamentalista"
del rock'n'roll ed apprezza la capacità di un autore di imboccare
strade secondarie ed impervie.
(Fabio Cerbone)
www.chuckprophet.com
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