Riaffiorano
vecchi amori mai sopiti tra le note di Redemption, secondo
episodio solista di Scott McClatchy, outsider per vocazione e piccolo
rocker di razza originario di Phiiladelfia, ma da qualche anno in pianta
stabile a New York. Fattosi le ossa con una band locale, The Stand, ha
cercato fortuna nella grande mela agli inzi degli anni '90, entrando a
far parte di quel circuito rock di songwriters dalla chitarra facile,
che proprio in questo Redemption offrono il loro caloroso supporto. Scoviamo
infatti tra il cast di supporto i nomi di Scott Kempner, indimenticabile,
almeno per il sottoscritto, leader dei Del Lords, mirabile rock'n'roll
band newyorkese di una quindicina d'anni fa, oltre a Willie Nile
e addirittura un'icona come Dion, i quali danno spessore ad una
riuscittima (e non era affatto facile) cover dell'immortale The Weight
(Robbie Robertson della Band, e chi se no). Aldilà di queste
illustri presenze, comunque illuminanti sul background musicale del personaggio,
Scott è un chiaro esempio di blue-collar hero in un epoca in cui
chitarre e songwriting sembrano una rarità assoluta. Gli accordi
saranno sempre gli stessi, ma la spinta elettrica di Radio o l'impasto
di chitarre ed organo in I'll Follow You possiedono un'innocenza
che mette di buon umore. Per nulla inpantanato in uno schema risaputo,
McClatchy asseconda le diverse facce della sua scrittura, vestendo spesso
i panni del folk singer, con risultati lusinghieri in Come sunrise
e The Legend. La title-track sfodera uno scintillante jingle jangle
di byrdsiana memoria; Late night rodeo e Original sin non
sono nient'altro che rock'n'roll puro e crudo, che si colora nel secondo
caso di tinte sudiste con l'aggiunta della slide. Chiude una cover rivelatrice
dei citati Del Lords: Heaven è uno vivace inno blue-collar
che ci eravamo dimenticati.
(Fabio Cerbone)
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