Diciassette
anni sono una vita intera, specialmente all'interno di un music buisness
dove se non ti fai vedere in giro non esisti, ma il mondo attorno a Linda
Thompson non sembra aver cambiato volto. Il tempo si è fermato
in Fashionably Late, agognato ritorno solista dal lontanissimo
One Clear Moment (era il 1985), o forse no, visto che segna un
recupero profondo delle sue radici folk in antitesi proprio al precedente
episodio, confuso debutto all'indomani della sofferta dipartita dal compagno
Richard. Come se si dovesse riappacificare idealmente con tutto il suo
passato e con il dolore subito, Linda ha chiamato a raccolta proprio Richard
Thompson (alla chitarra elettrica) nella splendida apertura di Dear
Mary, ballata country a metà strada tra la terra d'Albione
e l'America. La comparsa di quest'ultimo resta però sfuggente,
mentre il vero compagno d'avventura è il figlio Teddy, co-autore
di molti brani e presenza costante alla chitarra acustica. La parata famigliare
è completata dalla figlia Kamila, a cui si aggiungono gli
amici di sempre, ovvero la crema del folk-rock inglese rappresentata da
Dave Matthaks a Danny Thompson (lui non ha nessuna parentela),
più il bravissimo John Doyle alle chitarre e la fisarmonica
di Van Dyke Parks. Molti nomi, ma una sola voce a fare la differenza:
è Linda Thompson la vera regina di un disco per niente accomodante
o peggio ancora scontato. Certo, è quello che vi sareste aspettati
da una autentica icona del folk-rock come lei, ma avreste immaginato il
mantenimento di una tale forza interpretativa? La dolce malinconia di
Miss Murray e No Telling, il clima autunnale di All I
See, la palpabile tensione di Nine Stone Rig, la fierezza delle
sue radici folk in Weary Life sono qui a dimostrarlo. Bentornata,
sperando in un seguito meno sofferto
(Fabio Cerbone)
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