Il
disco pių piratato e chiacchierato del 2001, con intere schiere di fans
a scambiarsi le registrazioni sulla rete, vede finalmente lo sbocco di
una pubblicazione ufficiale. Dietro tutto c'č una lunga storia di disaccordi
con la vecchia casa discografica (Warner Bros.), che mette alle corde
la band chiedendo, a disco finito, un remixaggio dell'intero lavoro ed
un paio di singoli più appetibili. Risultato: Jeff Tweedy
e compagni sbattono la porta e se ne vanno per la strada senza contratto.
Le ferite si fanno sentire, il gruppo perde un paio di elementi (soprattutto
il tastierista Jay Bennet, molto importante nell'economia del suono
Wilco), ma ritrova forza con l'interessamento della NoneSuch, tra l'altro
distribuita dalla stessa Warner (hanno pagato due volte per lo stesso
disco!!! Proprio dei maghi del marketing). Intanto Jeff Tweedy, questa
volta con la collaborazione di Jim O'Rourke, continua a cercare
la pop song perfetta, allontanandosi ancora di pių da quel ristretto mondo
alternative-country in cui qualcuno lo aveva incastrato senza chiedergli
il permesso. La svolta intrapresa con il precedente Summerteeth
si radicalizza nell'uso intelligente dell'eletronica e nello stesso tempo
si arricchisce di nuove sfumature nel songwriting. Meno gioviale e spensierato
del predecessore, Yankee Hotel Foxtrot ha un incedere pigro,
crepuscolare ed assonnato come la stessa voce di Tweedy: un folk-pop stralunato,
a tratti scontroso, altre volte decisamente radiofonico (Heavy metal
drummer), che rende moderna la lezione della Band e mischia i Beach
Boys con i Buffalo Springfield. Gli Wilco sono proprio un'altra
band rispetto agli esordi, ed una volta messe in soffitta recriminazioni
da vecchi fans, si schiuderanno ballate impastate di psichedelia e folk
depresso (Radio Cure, Ashes of American Flags) saltellanti
episodi di pop-rock disturbato (Kamera, War on War), in
una totale baraonda di suoni e richiami di cui Brian Wilson andrebbe certamente
fiero
(Fabio Cerbone)
www.wilcoworld.net
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