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Woven Hand - Woven Hand Glitterhouse 2002 1/2

 Inattesa ricomparsa sulle scene del principe del country gotico David Eugene Edwards, leader dei funerei Sixteen Horsepower, in una momentanea pausa di riflessione dalla sua principale attività (il nuovo disco della band è previsto per i prossimi mesi). Woven Hand nasce come estemporaneo progetto parallelo ad una carriera sempre più densa di riconoscimenti, ma forse troppo stretta per il vulcanico talento di Edwards, una delle voci più ispirate e tenebrose del rock americano di matrice roots. Sorta di lavoro solista sotto mentite spoglie, prodotto e suonato nella quasi totalità dallo stesso Edwards, il disco si avvale tuttavia della preziosa collaborazione di Stephen Taylor alla chitarra elettrica e molto sporadicamente di Daniel McMahon al piano ed organo, unici compagni di un viaggio che, come d'obbligo, si contorce tra melodie oscure ed ombre funeste, intriso di una cupezza affascinante fin dalle prime battute di The good hand. Non siamo in fondo molto distanti da quanto abbiamo imparato ad amare in questi anni con la sua creatura Sixteen Horsepower: atmosfere dark-folk ed allucinazioni in chiave sudista sono sempre la musa ispiratrice, e sorprende favorevolmente quanto David riesca a non apparire ripetitivo e maniacale nelle sue scelte stilistiche. L'immaginario dunque non cambia, ma la musica diventa effetivamente più sontuosa e rarefatta (Wooden brother, Arrowhead), quasi religiosa (Blue pair fever), in gran parte acustica, sulla scia del maestro Nick Cave. Si perdono per strada gli accenti smaccatamente roots e l'impressione generale è di fronteggiare un folk-rock che si è imbevuto nella new-wave più tetra (eccezionale l'accoppiata My Russia-Your Russia e la cover stravolta di Ain't no sunshine), uscendone con uno stile del tutto riconoscibile.
(Fabio Cerbone)


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