Non inganni la copertina da songwriter intimista, Martin Zellar
continua a preferire le highways impolverate del Midwest americano, sporcandosi
le mani con un rock'n'roll dall'animo operaio e dal cuore tenero. Fin
dagli esordi classificato tra i nuovi springsteeniani di provincia, ha
pagato a duro prezzo il fatto di proporsi con un blue-collar rock derivativo
e spudoratamente influenzato non solo dal Boss, ma dal piglio barricadero
del primo Mellencamp e di gente come i Del Lords, senza badare al fatto
che il suo nome era già una leggenda dalle parti di Minneapolis,
prima leader dei Gear Daddies, poi solista. Tra poche impennate d'orgoglio
e molte delusioni, Scattered è un ritorno alla purezza
ed ingenuità degli esordi: lo slancio dei fedeli Hardways alle
spalle, chitarre brucianti che incrociano il tocco romantico di un piano
ed una voce che non è proprio un miracolo d'espressione, ma riesce
a tenere la rotta. La musica di Zellar ricorda molto da vicino altri talentuosi
eroi minori di Minneapolis quali Scott Laurent e GB Leighton: rock periferico
e stradaiolo, buono per una scorribanda notturna ed una bevuta tra amici.
Dan Neale assicura un prezioso fuoco di elettricità in Here's
To Everyone, Scattered e nel country-rock ringhioso di Barfly
Blues; Zellar da par suo aggiunge un pizzico di malinconia e senso
di epicità in ballate al neon quali What It Is I Feel e
Low Road, virando al folk nella cover di Neil Diamond, And the
Grass Won't Pay No Mind. Scattered non cambierà il volto della
carriera di Martin Zellar ne sconvolgerà la vostra personale discoteca,
ma ha parecchi modi per farsi apprezzare per almeno una buona stagione.
(Fabio Cerbone)
www.martinzellar.com
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